Nel numero in edicola in un servizio sulla carne coltivata abbiamo intervistato il fisiologo Fabio Babiloni della Sapienza di Roma che studia da tempo come il “marketing della paura” e le fake news sul cibo influenzano le nostre scelte alimentari: “Di fronte alla percezione di un pericolo per la salute, prevale l’istinto alla ragione”
Lo chiamano “marketing della paura”, le strategie messe in atto da una certa co- municazione, informativa ma anche commerciale, per influenzare le scelte alimentari dei consumatori. “Di fronte a un pericolo per la nostra salute, tendiamo a rispondere in modo emotivo, escludendo la razionalità. Nello specifico, in presenza di una fake news che segnala un rischio per il nostro organismo è come se si abbassassero le difese cognitive: si tende a crederci per difendere sé stessi”. Fabio Babiloni è professore ordinario di Fisiologia all’Università Sapienza di Roma, direttore del Laboratorio di Neuroscienze industriali e della startup universitaria BrainSigns. Da anni studia come le false informazioni condizionino il comportamento dei consumatori e quali sono le ragioni psicolo- giche in base alle quali vengo- no accettate e credute le teorie del complotto. Lo abbiamo intervistato in un lungo servizio dedicato alla carne coltivata nel numero in edicola (acquista qui).
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“Dal punto di vista fisiologico – ci spiega – le cosiddette fake news coinvolgono i centri sottocorticali, la parte del nostro cervello che governa emozioni e comportamento e che è molto sensibile a difendere il nostro corpo da eventuali danni. In altre parole, le notizie legate alla sofisticazione alimentare o ai nuovi cibi, come la carne coltivata di cui poco ancora si sa, sono particolarmente sensibili e lì la razionalità fatica ad arrivare. Quindi la risposta che viene messa in atto è di tipo conservativo, l’impulso è quello di difendersi”.
È come se alla ragione prevalesse lo spirito di conservazione e quindi il nostro cervello non perde tempo a pensare se quell’informazione sia corretta: avverte il pericolo e si “chiude” a difesa. Ovviamente non c’è solo la fisiologia del nostro cervello a dettare questi comportamenti. “Incidono anche – prosegue il professor Babiloni – i comportamenti psicologici legati all’evoluzione, alcuni dei quali faticano a dar spazio al ragionamento. Parliamo ad esempio dei principi della persuasione, uno dei quali ci spiega che quando le persone non sanno cosa fare, tendono a basare il proprio comportamento su quello degli altri, ovvero si rifanno a coloro che pensano siano più informati e competenti”. In questo ambiente, le teorie del complotto trovano terreno fertile: “Hanno un largo seguito perché tendono a semplificare la complessità della realtà, specialmente in chi ha meno strumenti culturali per leggere il presente”.
A questo punto chiediamo al professor Babiloni perché, nonostante ci si commuova per l’orsa del Trentino e nelle nostre case ci siano tanti animali d’affezione, i consumatori abbiano “paura” delle farine di grillo o della carne coltivata: non si dovrebbe avere in Italia una certa sensibilità per il benessere animale? “Non viene percepita questa sofferenza perché la mucca, a differenza del gatto, non è vicina a noi, non fa parte della nostra esperienza quotidiana. E così non c’è una consapevolezza diffusa e condivisa. Anche se devo dire che i temi della sostenibilità ambientale si stanno sempre più affermando nel nostro bagaglio culturale”.
Qual è l’antidoto al marketing della paura? “In momenti storici in cui prevale l’incertezza, aumentano le risposte di tipo conservatorio per metterci al riparo da eventuali pericoli. I social network poi in questi anni hanno alimentato il mercato delle fake news. Per questo servono – conclude Babiloni – più informazioni istitu- zionali e autorevoli in certi ambiti, come quello della sicurezza alimentare”.