Sentenza della Cassazione: vietato il collare antiabbaio per i cani

CASSAZIONE GUINZAGLIO ANTIABBAIO CANE

La terza sezione penale della Cassazione ha decretato il divieto dei collari antiabbaio per i cani perché “non in linea con le caratteristiche etologiche” dell’animale. Pena? Anche tremila euro di multa

I guinzagli antiabbaio per i cani sono vietati. La terza sezione penale del della Corte di Cassazione con la sentenza 35843/2023 pubblicata il 28 agosto 2023 mette fine a una diatriba fra animalisti e case produttrici dei collari, che hanno avuto un enorme successo negli ultimi mesi. Pena? Anche 3mila euro di multa. Per i giudici del Palazzaccio dispositivi di questo genere – ricorda Sportello dei diritti – “non sono assolutamente in linea con le caratteristiche etologiche del cane”.

Questi guinzagli sono dotati di due pioli di metallo a contatto diretto con il collo, ed emettono scosse elettriche a ogni vibrazione delle corde vocali, che creano naturalmente dolore all’animale per indurlo a non abbaiare. L’antiabbaio può essere controllato a distanza attraverso un telecomando che può essere azionato dal padrone del cane. Una pratica davvero cruenta alla quale si sono sempre opposte le associazioni animaliste.

Gli ermellini, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, hanno affermato che nel caso specifico affrontato “Il collare portato dall’animale dell’imputato non apparteneva alla tipologia di quelli suscettibili d’essere comandati a distanza – per i quali soltanto è necessario accertare se gli stessi siano stati o meno azionati al fine di verificare la concreta produzione di gravi sofferenze – bensì a quelli che determinavano in automatico scosse elettriche al latrare del cane”. Per la Cassazione questi dispositivi azionano in maniera incontrollata “impulsi elettrici produttivi di quelle gravi sofferenze che certamente integrano il contestato reato di detenzione dell’animale in condizioni incompatibili con la sua natura”. E per questo il proprietario del cane è stato condannato a una sanzione di 3mila euro.

La decisione, conclude D’Agata, ha messo tutti d’accordo all’interno dei Palazzi di giustizia: il verdetto è stato di colpevolezza dal Tribunale di Treviso alla Corte d’Appello e ora reso definitivo e non più discutibile dalla Cassazione.