L’invasione dei medici gettonisti è un rischio: “Non conoscono i pazienti”

gettonisti

La crisi del servizio sanitario pubblico non si evidenzia solo in casi eclatanti come il pronto soccorso a pagamento per saltare le fila in provincia di Bergamo, ma anche nel ricorso sempre più diffuso a medici “gettonisti”, che influenza inevitabilmente la qualità dell’assistenza, come ci spiega Andrea Filippi (Cgil medici)

 

La crisi del servizio sanitario pubblico non si evidenzia solo in casi eclatanti come il pronto soccorso a pagamento per saltare le fila in provincia di Bergamo, ma anche nel ricorso sempre più diffuso a medici “gettonisti”, che influenza inevitabilmente la qualità dell’assistenza. Avevamo, infatti, raccontato come al Policlinico San Marco di Zingonia, in provincia di Bergamo, di proprietà del gruppo San Donato, si può accedere direttamente al pronto soccorso pagando 149 euro.

L’esternalizzazione continua

Purtroppo, però, la riduzione delle risorse e di esternalizzazione del personale che stanno attraversando i presidi medici italiani ha conseguenze sul servizio ai pazienti. A confermarlo al Salvagente, in un servizio dedicato alla situazione di pressione in cui operano gli psichiatri,  è Andrea Filippi, medico psichiatra e segretario della Fp Cgil Medici. “Le problematiche riguardano le carenze strutturali nei servizi di salute mentale, ma complessivamente tutto il servizio sanitario nazionale. Il primo punto sono le scelte politiche assolutamente sbagliate fatte in questi anni, come quella di smantellare progressivamente i servizi di presa in carico e di cura delle persone, particolarmente quelli riferiti all’assistenza territoriale” spiega Filippi, che entra nel merito: “In questi anni abbiamo avuto prima un effetto dannosissimo di blocco del turnover nelle assunzioni del personale che ha avuto ripercussione particolarmente su alcuni servizi molto sofferenti, parliamo dell’emergenza-urgenza, della pediatria, della ginecologia, e anche della salute mentale”.

“I gettonisti non conoscono i pazienti”

A pesare in questo senso è il tetto di spesa per il personale imposto alle Regioni, che costringe le aziende ospedaliere a ricorrere ai cosiddetti “gettonisti”, medici che lavorano per enti privati, spesso cooperative, che prestano servizio a gettone, e arrivano a essere pagati anche più di 100 euro l’ora, 4 o 5 volte i colleghi interni agli ospedali. “Naturalmente – spiega Filippi – il gettonista non garantisce la continuità assistenziale, non conosce i servizi, non conosce l’organizzazione e soprattutto non conosce i pazienti, e quindi può gestire soltanto l’emergenza. Ma il problema è che oggi tutto si sta trasformando in emergenza-urgenza, anche in salute mentale ci troviamo in situazioni con reparti di psichiatria sovraffollati, in cui i posti letto non bastano mai. Perché quello che non si vede sotto la punta dell’iceberg, è che in questi anni hanno depauperato di risorse i servizi sul territorio. Inizialmente riducendo il numero di personale medico e psichiatrico, ma anche e soprattutto – continua il segretario Fp Cgil medici – riducendo tutti quegli operatori assolutamente essenziali per eseguire il lavoro di équipe, dagli psicologi agli educatori, agli assistenti sociali e agli infermieri”.

Schillaci: “Fenomeno inaccettabile”

Lo stesso ministro della Salute, Orazio Schillaci, insediato da pochissimo aveva dichiarato, intervenendo a Uno Mattina: “Dopo 15 giorni che sono diventato ministro mi sono reso conto del fenomeno dei medici gettonisti, che evidentemente esiste già da almeno un anno, forse da più, e che nel tempo è andato sempre ad aumentare. Abbiamo mandato i carabinieri dei Nas a fare un’ispezione e abbiamo trovato tante irregolarità, persone oltre l’età abituale per lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), personale che non erano in possesso dei requisiti necessari per operare in certe aree. Abbiamo voluto dare un segnale molto chiaro, interrompere questo fenomeno inaccettabile. Oltretutto con personale che viene pagato anche 3-4 volte di più di chi opera in maniera corretta all’interno dell’Ssn”.

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Cosa sta facendo il governo?

Ma il governo sta facendo qualcosa per provare a ovviare al problema? I segnali sono contrastanti. Dopo aver approvato, all’interno del Decreto bollette, a maggio, disposizioni che prevedono che i servizi ospedalieri possano chiamare i medici gettonisti nei servizi di emergenza-urgenza. Ma con degli emendamenti successivi, ha aperto all’utilizzo anche in altri reparti. Insomma, ci si trova di fronte a una coperta troppo corta, con da una parte la necessità di tutelare la continuità e la qualità del servizio per i pazienti e il lavoro dei dipendenti pubblici, e dall’altra quella di far funzionare gli ospedali.

Dieci anni di tagli

La vera soluzione sarebbe investire nel servizio sanitario pubblico, ma la storia dice altro: secondo il quarto Rapporto della Fondazione Gimbe sulla Sostenibilità dell’Ssn, alla sanità pubblica sono stati sottratti circa 28 miliardi dal 2010 al 2019,  con cure essenziali non garantite a tutti, sprechi e la progressiva crescita di fondi integrativi per ammortizzare la spesa privata per la salute. Un mix che sta “facendo cadere a pezzi il Servizio Sanitario Nazionale”