È il made in Italy che fa business con il pomodoro cinese

POMODORO CINESE

Filiera Italia e Coldiretti chiedono il blocco dell’importazione del concentrato di pomodoro cinese per concorrenza sleale. Sono però i grandi gruppi della conserviera italiana – come Petti – i maggiori importatori della materia prima della Cina

Filiera Italia e Coldiretti chiedono “l’immediato divieto di importazione di concentrato di pomodoro dalla Cina, o quanto meno dalla regione dello Xinjiang, a tutela dei produttori seri italiani di pomodoro, di fronte alla concorrenza sleale dei produttori cinesi”. La richiesta del blocco dell’import cinese – “così come hanno fatto Usa, Inghilterra e Canada (per la violazioni dei diritti della minoranza Uiguri, ndr)” – serve secondo le associazioni per “evitare che anche sui mercati esteri il pomodoro cinese spacciato per italiano tolga spazio al vero made in Italy”.

Tuttavia a vedere i numeri sono proprio le aziende del made in Italy i principali importatori della materia prima della Cina per produrre conserve fondamentalmente per l’esportazione.

Una guerra tutta tra aziende del made in Italy nascosta dietro la “concorrenza sleale” che, a seconda del punto di vista, danneggia alcune aziende italiane e ne favorisce altre.

“Sempre più in Europa le multinazionali e i grandi gruppi di acquisto stanno aumentando l’importazione di pomodoro cinese, ingolositi da un prezzo che alla fonte è quasi la metà di quello italiano – denuncia in una nota Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia -. Di fronte a questo chiaro dumping si chiede che il mondo produttivo del pomodoro italiano si muova compatto a difesa della propria filiera”. Perché ci fa business, verrebbe da rispondere, rispolverando un’inchiesta condotta dal network indipendente di giornalisti IrpiMedia “Il pomodoro dello Xinjiang “confezionato in Italia” conquista il mondo grazie ai colossi delle conserve italiane”.

L’inchiesta condotta nel 2021 in collaborazione con la Cbc Canada metteva in evidenza come il principale importatore di pomodoro in Italia fosse la Cina (circa 60mila tonnellate nel primo semestre 2021) seguito a distanza dagli Usa (42mila tonnellate) e dalla Turchia (poco più di 6mila tonnellate).

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I principali acquirenti italiani di doppio e triplo concentrato di pomodoro cinese sono il gruppo Petti, Giaguaro e Attianese.

Sono dodici i gruppi conservieri che almeno fino a giugno scorso hanno acquistato derivati del pomodoro nello Xinjiang. “Re assoluto della rotta sino-campana – scriveva IrpiMedia – è il gruppo Petti, storico nome dell’industria delle conserve. Nei primi sei mesi del 2021 ha importato circa il 57% di tutto il concentrato di pomodoro cinese sbarcato in Italia”.

Sono dodici i gruppi conservieri che almeno fino a giugno scorso hanno acquistato derivati del pomodoro nello Xinjiang. “Re assoluto della rotta sino-campana – scrive IrpiMedia – è il gruppo Petti, storico nome dell’industria delle conserve. Nei primi sei mesi del 2021 ha importato circa il 57% di tutto il concentrato di pomodoro cinese sbarcato in Italia”.

“Più di 40 mila tonnellate di prodotto di origine cinese sono approdate nello stabilimento della Antonio Petti Fu Pasquale a Nocera Superiore in sei mesi. Lì l’azienda confeziona tubetti di doppio concentrato e passata in brick per il mercato estero delle private label, ovvero merce etichettata con il marchio del distributore (solitamente un supermercato) e non quello di Petti stessa. Tra i clienti ci sono giganti come Tesco e Asda nel Regno Unito e Whole Foods in Nord America” continua l’inchiesta, che ricorda come Whole Foods ha ritirato la merce prodotta da Antonio Petti dai propri negozi, dichiarando inoltre a Cbc di voler tagliare i propri rapporti commerciali con l’azienda italiana. Antonio Petti ha confermato a IrpiMedia di importare concentrato di pomodoro dallo Xinjiang, ma respinge qualsiasi responsabilità di tipo etico: “La società Petti è dotata di un codice etico ai principi del quale si sforza costantemente di adeguare i rapporti commerciali con i partner esteri per il rispetto dei diritti umani”, Petti spiega inoltre che “il concentrato di pomodoro di provenienza Xinjiang viene esclusivamente utilizzato per confezionare prodotti destinati ai mercati africani”.

L’Italia da anni continua a importare concentrato cinese, essendo addirittura il primo mercato al mondo di destinazione: nel 2020 ne sono arrivate più di 97 mila tonnellate, circa l’11% delle esportazioni totali di Pechino. “Gli sbarchi di concentrato cinese in Italia sono più che raddoppiati nel 2021, con navi che approdano nei porti di Salerno e Napoli quasi tutti i giorni. Da sempre gli operatori del settore giurano che la materia prima non viene utilizzata in prodotti destinati al mercato italiano, ma in tubetti di concentrato e altri derivati venduti all’estero. Di preciso, però, non si sa” scriveva IrpiMedia.

Nel frattempo Unicav, la sigla del mondo della trasformazione conserviera aderente a Confindustria, fa sapere che per la campagna 2023 “sulla base dei dati e considerando le rese storiche, è possibile prevedere una produzione di circa 5,6 milioni di tonnellate“. L’Italia, terzo trasformatore mondiale di pomodoro dopo gli Usa e poco distante dalla Cina, resta il primo trasformatore di derivati destinati direttamente al consumo finale. Rappresenta il 14,8% della produzione mondiale (pari a 37,3 milioni di tonnellate) e il 56,5% del trasformato europeo.