Le ultime novità su quota 103 per la pensione

QUOTA 103

Tutte le novità in merito a quota 103, la misura di pensionamento anticipato che potrebbe non andare oltre il 2023. Quali sono i motivi e come cambia il sistema pensionistico italiano. Uno sguardo alla misura, ai requisiti richiesti e alle alternative

Nell’ultima legge di bilancio il governo guidato da Giorgia Meloni ha previsto che nel 2023 i lavoratori in possesso di determinati requisiti possano andare in pensione prima rispetto a quanto avverrebbe se venisse rispettata la pensione di anzianità prevista dalla legge Fornero. Più nel dettaglio è stata introdotta l’opzione quota 103 grazie alla quale i lavoratori con 62 anni d’età e 41 di contributi possono andare in pensione anticipatamente, rinunciando però ai contributi previdenziali a proprio carico. Questo ha ripercussioni sull’assegno pensionistico, ma permette ai lavoratori di concludere prima la propria attività professionale.

Quota 103: le novità

Di quota 103 si è tornati a parlare molto dopo che il governo ha presentato il Def, Documento di economia e finanza che, secondo diverse letture e analisi, lascerebbe intuire una carenza dei fondi necessari a prorogare l’attuale quota 103 oltre la sua naturale scadenza, fissata al 31 dicembre 2023. Il prossimo anno, dunque, come riferito da Qui finanza, l’opzione per la pensione agevolata potrebbe non essere confermata. A sostegno dell’attenzione rivolta alle coperture necessarie, si ricorda che la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, lo scorso marzo ha istituito un osservatorio sulla spesa previdenziale per formulare delle ipotesi di pensione anticipata per il futuro. Appare evidente, infatti, che senza le adeguate risorse l’opzione quota 103 potrebbe non andare troppo oltre il 2023.

Quota 103, come funziona

Quando si parla di quota 103 si fa riferimento ad un meccanismo di pensione anticipata grazie al quale chi ha almeno 62 anni di età e 41 di contributi può smettere di lavorare. Si tratta di una misura sperimentale adottata dal governo di Mario Draghi che è andata a sostituire meccanismi simili precedenti come quota 100 e quota 102. La pensione così maturata potrà essere ottenuta solo dopo che siano trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti previsti e, comunque, non prima dell’1 aprile 2023. Solo nel caso in cui i lavoratori siano dipendenti delle pubbliche amministrazioni, dovranno essere attesi sei mesi dalla maturazione dei requisiti e almeno il 1° agosto 2023. Infine i dipendenti del comparto scuola e Adam, così come previsto dall’art.59, co.9, L. 449/1997, possono sfruttare la maturazione dei requisiti di quota 103 soltanto alla fine dell’anno scolastico e, dunque, dovranno concludere il loro ultimo anno di servizio. In quest’ultimo caso, inoltre, la domanda di cessazione dal servizio doveva essere presentata entro il 28 febbraio 2023, così da consentire il collocamento a riposo a partire da una data compresa tra il 1° settembre e la fine di novembre 2023.

Cosa serve per beneficiarne

I principali requisiti per poter beneficiare di quota 103 sono rappresentati dall’età anagrafica del soggetto richiedente e dagli anni di contributi previdenziali versati. Nel primo caso sarà sufficiente che chi intende andare in pensione dimostri di essere nato entro il 31 dicembre del 1961 (62 anni). Leggermente più complessa, invece, è la dimostrazione dei requisiti contributivi e assicurativi. Anzitutto è necessario che i richiedenti siano iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria, Ago, o, in alternativa, alle forme esclusive e sostitutive della stessa (ad esempio la gestione separata Inps). Per quanto riguarda il periodo di contribuzione, questo deve risultare essere pari a 41 anni e può essere stato ottenuto anche in regime di cumulo. In quest’ultimo caso specifico, però, dovranno essere esclusi quei periodi che sono stati maturati dal lavoratore presso le casse professionali private (d.lgs. 103/1996 o privatizzate di cui al d.lgs. 509/1994). Eccezione a tale ultima affermazione è rappresentata soltanto dall’ex Inpgi 1, ovvero l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, che è confluito nell’Inps dal 1° luglio 2022. Si sottolinea poi che, per coloro che risultano iscritti all’assicurazione generale obbligatoria e ai fondi sostitutivi, la contribuzione utile per poter godere di quota 103 è di almeno di 35 anni di contribuzione da intendersi al netto degli accrediti ottenuti per malattia, infortunio o disoccupazione indennizzata.

Chi ne è escluso

In linea con quanto avveniva già con quota 100 e quota 102, anche in quota 103 è prevista l’esclusione all’accesso al beneficio a delle specifiche categorie di lavoratori. Si tratta di chi fa parte delle forze armate e, dunque:

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  • del personale militare delle forze armate (soggetto alla disciplina del d. lgs. n. 165/1997);
  • del personale delle forze di polizia e di polizia penitenziaria;
  • del personale operativo del corpo nazionale dei vigili del fuoco;
  • del personale della guardia di finanza.

Gli importi previsti

Comprese le finalità, i requisiti e i motivi di esclusione, non resta che comprendere a quanto corrisponda la pensione di chi sceglie di beneficiare di quota 103. L’assunto da cui partire è che, a fronte di un anticipo sui tempi della pensione previsti dalla legge Fornero, il lavoratore perde una parte economica della propria pensione. È inoltre previsto un tetto massimo  che non può mai essere superiore a 5 volte il trattamento minimo previsto dalla legislazione vigente. In soldoni, a chi andrà in pensione sfruttando la formula anticipata prevista da quota 103, potrà essere corrisposto un importo massimo mensile di 2.818,70 euro. Tale cifra è, tuttavia, soltanto temporanea, visto e considerato che il tetto massimo viene applicato soltanto alle mensilità di anticipo del pensionamento: nel momento in cui il pensionato raggiunge i requisiti di accesso al pensionamento di vecchiaia (legge Fornero) vedrà adeguarsi il valore economico della propria pensione all’importo che effettivamente era stato maturato al momento dell’accesso a quota 103.

Chi rinuncia a quota 103

Nel momento in cui un lavoratore entra in possesso dei requisiti previsti da quota 103 ha davanti a sé principalmente tre scelte:

  • sfruttare l’opzione e, dunque, andare in pensione in maniera anticipata ottenendo una riduzione dell’assegno pensionistico;
  • continuare a lavorare e a versare regolarmente all’Inps i contributi previsti;
  • continuare a lavorare e ricevere, proprio in virtù della sua scelta, uno stipendio più alto a fronte della decisione di non versare la quota di contributi a sup carico.

Pensiamo, ad esempio, ad un lavoratore dipendente che ha i requisiti per la quota 103, ma che decide comunque di continuare a lavorare. Se continua a continuare a lavorare può ricevere lo stesso stipendio e a versare i contributi all’Inps (per ottenere in futuro un assegno pensionistico più alto), oppure avere una maggiorazione del suo stipendio attuale dovuta alla rinuncia all’accredito dei contributi previdenziali a proprio carico (ottenendo però in futuro un assegno pensionistico più basso rispetto a quello che avrebbe maturato continuando a versare i contributi previdenziali). La scelta deve essere compiuta nel momento in cui si rinuncia a quota 103, ma potrà essere in seguito modificata. Una volta effettuata la modifica, questa diventerà effettiva dal primo giorno del mese successivo al momento della revoca.

Le alternative

Per andare in pensione nel 2023, quota 103 e la pensione di anzianità non sono le uniche modalità previste. Tra le opzioni pensionistiche agevolate troviamo anche:

  • opzione donna, una misura rivolta alle lavoratrici che possono anticipare il pensionamento se hanno alle loro spalle almeno 35 anni di contributi e 58 anni d’età per le donne con due o più figli, 59 anni con un solo figlio e a 60 anni negli altri casi;
  • l’Ape sociale, indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps che, pur a fronte di una grande riduzione del valore economico della pensione, consente ai beneficiari di andare in pensione fino a 9 anni prima rispetto al previsto. Si tratta di una formula che è riservata ai tutti i lavoratori e le lavoratrici che svolgono delle mansioni molto gravose, o che sono invalidi civili al 74%, ai caregivers e ai dipendenti disoccupati con almeno 63 anni d’età e 30 di contributi non già titolari di pensioni dirette. L’indennità, in questo caso, è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione, se questa è inferiore a 1.500 euro, o è pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore a questa cifra;
  • il pensionamento a 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne, che non tiene conto dell’età anagrafica e senza adeguamenti all’aspettativa di vita (fino al 2026). Tale formula è riservata ai lavoratori precoci, da intendersi come coloro che presentano almeno 12 mesi di contribuzione effettiva prima del diciannovesimo anno d’età.