Cos’è e come funziona la blockchain

BLOCKCHAIN

Scopriamo il funzionamento e le finalità della blockchain, sempre più usata per favorire sicurezza e trasparenza nella gestione dei dati

Nel corso degli ultimi anni gli evidenti e marcati progressi compiuti dalla tecnologia hanno portato all’introduzione nel lessico comune di espressioni che in precedenza non esistevano. Rientra in questa categoria sicuramente la blockchain, termine di origine anglosassone la cui traduzione letteraria è catena di blocchi. Si tratta di particolari tecnologie che rientrano nella più grande categoria delle distributed ledger, ovvero di quelle che utilizzano un registro distribuito consultabile e modificabile da più nodi di una rete. Volendo provare a rendere più comprensibile la precedente affermazione, possiamo dire che la blockchain si sostanzia in una rete informatica composta da più nodi che è in grado di gestire in maniera sicura ed univoca un registro pubblico che, a sua volta, è composto da una serie di dati ed informazioni. La gestione del registro attraverso blockchain avviene in maniera aperta e distribuita, senza che dunque si renda necessario un controllo centrale. È dunque una tecnologia contraddistinta da una forte natura distribuita, con ogni nodo della rete che ricopre un ruolo nella verifica delle informazioni e trasmette i risultati al successivo nodo. In questo modo le informazioni stesse vengono fissate, fino a creare una catena composta da blocchi condivisi ed immutabili.

Cos’è la blockchain

Per comprendere a pieno di cosa si parli quando si fa riferimento alla blockchain è necessario partire dall’assunto che questa tecnologia opera nel più ampio campo dell’internet of value, cioè l’internet del valore. Si tratta di un insieme di sistemi che consentono lo scambio digitale di valore con modalità semplice e veloce, paragonabile a quella con cui quotidianamente vengono scambiate informazioni. L’internet of value è dunque da intendersi come una vera e propria rete digitale di nodi, punti di incontro, che si trasmettono valore sfruttando sistemi di algoritmi e regole crittografiche che permettono di raggiungere il consenso sulle modifiche da apportare al registro che traccia i trasferimenti di asset digitali univoci, anche in assenza di fiducia. All’interno dell’internet of value sono attive diverse piattaforme che consentono lo sviluppo della blockchain. Tali piattaforme, a seconda della costruzione e della modalità di utilizzo, possono appartenere a due principali macro categorie:

  • blockchain permissionless, che prevedono che chiunque possa diventare un nodo della rete e, dunque, validare le modifiche del registro. Rientrano in questa categoria i Bitcoin ed Ethereum;
  • blockchain permissioned, ovvero tecnologie che permettono l’accesso alla rete solo ad alcuni soggetti autorizzati e in cui la validazione fa capo solo ad alcuni attori. Esempi tipici sono Corda e Hyperledger.

Si sottolinea che oltre le due macro categorie sopra riportate, si sono sviluppate nel corso degli ultimi anni anche delle soluzioni ibride. Un esempio è Ripple, tecnologia che permette a tutti di partecipare liberamente alla rete, ma in cui il processo di validazione è proprio solo di alcuni soggetti.

Blockchain, come funziona

Come in parte già accennato, il funzionamento delle blockchain prevede che vi sia un registro pubblico che possa essere letto e modificato da più nodi della rete. Queste alterazioni del registro, per poter essere attuate, devono ottenere il consenso, il quale può arrivare da qualsiasi altro nodo della rete in quella che viene definita catena di blocchi, blockchain per l’appunto. È dunque un vero e proprio registro pubblico che si aggiorna automaticamente ed in maniera identica su ciascuno dei nodi che partecipano alla rete. Il consenso alle modifiche arriva, come detto, dagli altri nodi attraverso software di crittografia. Quest’ultimi verificano un pacchetto di dati siglati con chiave privata, che viene utilizzato per firmare le transazioni e per poterle controllare in qualsiasi momento. Tale aspetto permette all’intero sistema di garantire l’identità digitale di chi ha autorizzato gli scambi. Il tutto avviene senza che vi sia un ente centrale di controllo, con ogni operazione che viene approvata dall’interazione dei nodi. E ancora, affinché possa essere inserito un nuovo elemento nella blockchain, il meccanismo prevede che questa debba ottenere il consenso da  tutti i nodi della rete (garanzia condivisa).

Dove si usano le blockchain

Malgrado negli ultimi anni si sia parlato di blockchain con univoco riferimento alle criptovalute, queste tecnologie possono avere, ed hanno, molteplici e diverse applicazioni. Il campo di maggiore utilizzo è sicuramente quello finanziario ed il motivo è facilmente intuibile. Le banche, così come la finanza, basano molto del loro operato sullo scambio di sistemi complessi di regolamentazione per garantire l’autenticità delle transazioni. Ecco dunque che le caratteristiche in precedenza viste delle tecnologie blockchain possono rappresentare un grande strumento di semplificazione, sicurezza e abbattimento dei costi. L’utilizzo delle blockchain, tuttavia, si estende anche:

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  • all’identità digitale. L’esempio da citare in tal caso è quanto fatto da Bitnation che mira a riconoscere l’identità e i diritti dei rifugiati a livello transnazionale, fornendo loro atti di proprietà basati sulla tecnologia blockchain,
  • alle transazioni di valori mobiliari e immobiliari e persino di energia attraverso un registro distribuito e più economico perché disintermediato;
  • al leasing e alla compravendita di automobili;
  • alla mobilità e alle ricariche elettriche;
  • al networking e all’IoT (Internet delle cose);
  • alle assicurazioni, che sfruttando questa tecnologia riescono a sottoscrivere delle micro assicurazioni personalizzate su prodotti ad alto valore che vengono scambiati tra individui. In questo modo si elimina la necessità che intervenga un’autorità garante nel contratto di assicurazione. Sempre in campo assicurativo, la blockchain può facilitare la creazione di un registro distribuito dei rischi, andando ad abbattere i costi legati alle singole compagnie con una condivisione del sapere e della sua convalida;
  • alla sanità, con la blockchain che può essere utilizzata per il pagamento diretto dei servizi e la gestione delle cartelle cliniche, la convalida di fornitori e pazienti, la tracciabilità dei farmaci e delle filiere del settore;
  • alla beneficenza e alle Ong, con una maggiore precisione della tracciabilità dei fondi e una più efficiente e trasparente gestione del denaro;
  • al supply chain management;
  • alla legittimazione del voto, con la blockchain che potrebbe offrire vantaggi nel monitoraggio e nel conteggio dei voti riducendo il rischio di frode elettorale, perdita di dati e voti;
  • alla scuola e al mondo accademico, con una maggiore trasparenza nella gestione dei certificati accademici e nella trascrizione di crediti legittimamente guadagnati dagli studenti;
  • alle analisi finanziarie, alle scommesse sportive e alle attività di previsione;
  • agli enti governativi e della pubblica amministrazione, andando a semplificare tutte le procedure di erogazione degli aiuti e a garantire una migliore governance pubblica delle iniziative;
  • all’archiviazione di dati nel cloud.

La blockchain in Italia

Come si sposta la tecnologia blockchain con l’attuale contesto economico italiano? Una domanda alla quale ha provato a dare risposta l’Osservatorio blockchain e distributed ledger del Politecnico di Milano. Stando all’indagine condotta, in Italia il mercato dalla blockchain sarebbe ancora al suo stadio iniziale, ma lascerebbe presagire molto interesse, specie in alcuni settori specifici. Il fatto che ci si trovi ancora in una fase di studio della tecnologia è evidenziato dai dati. Nel 2018 le aziende italiane hanno speso in totale 15 milioni di euro in tecnologie blockchain, ripartite in 150 attività di diverso tipo. Il livello degli investimenti, dunque, è ancora molto limitato, con il loro valore che cresce in presenza di realtà economiche che hanno un elevato grado di conoscenza di queste innovative tecnologie. Ma chi investe in Italia in blockchain? Si tratta, principalmente, di grandi aziende che possono sfruttare la presenza al loro interno di un’area IT fortemente evoluta e competente, mentre le startup sembrano essere al momento escluse da questo fenomeno. Per quel che riguarda, invece, i settori italiani che maggiormente credono ed investono nella tecnologia blockchain, si evidenzia un trend che è concorde con quanto avviene anche all’estero. Ecco dunque che i settori di maggiormente utilizzano le tecnologie in esame sono:

  • il settore bancario;
  • il settore agro-alimentare;
  • le assicurazioni;
  • le utility.

Come si diceva anche in precedenza, il vero problema italiano in relazione alla blockchain è la scarsa conoscenza della tecnologia e del suo funzionamento. Anche realtà economiche interessate e incuriosite, dunque, difficilmente decidono di destinare un budget tale da poter portare dei risultati concreti ed evidenti. In un campione di 61 grandi aziende italiane analizzate dall’Osservatorio è proprio la scarsa conoscenza della blockchain il fattore principale che emerge. Più nel dettaglio:

  • il 31% del campione non conosce le tecnologie blockchain e distributed ledger o le conosce poco;
  • il 43% ritiene di avere una conoscenza sufficiente;
  • solo il 26% pensa di avere una conoscenza elevata della tecnologia.

Indicativo è anche il dato in relazione ai possibili impatti potenziali che questo tipo di tecnologie potrebbero avere sulla produzione aziendale e sui singoli settori di riferimento. Ben il 61% del campione intervistato ritiene che gli impatti saranno limitati al miglioramento di alcuni processi, il 7% ritiene che non ci saranno impatti e il 32% pensa che sarà una tecnologia rivoluzionaria.