Pesto Giovanni Rana sequestrato a Genova: esposto alla procura di Assoutenti

PESTO GIOVANNI RANA

Furio Truzzi, presidente dell’associazione dei consumatori: “Ci siamo rivolti alla magistratura perché al di la delle rassicurazioni dell’azienda, non basta del buon basilico per fare il pesto alla genovese. Il prodotto ha fatto troppi giri”

Il presidente di Assoutenti Liguria, Furio Truzzi, ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Genova “contro la multinazionale Giovanni Rana” a seguito del caso delle 7 tonnellate di pesto alla genovese sequestrate presso il porto di Genova.

“Non basta del buon basilico per fare il pesto alla genovese ed è per questo che abbiamo presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Genova perché non ci convincono le dichiarazioni della multinazionale Giovanni Rana” ha dichiarato il presidente Furio Truzzi.

Il pesto sequestrato, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, era prodotto nello stabilimento di Chigago della Giovanni Rana e destinato ad essere confezionato per il colosso discount statunitense Costco a marchio Kirkland, per poi essere venduto nei punti vendita in Francia e Spagna. In etichetta il prodotto riportava il bollino del basilico Dop e la dicitura “italian imported 100%”. L’azienda italiana oltre a ricorre al Tar contro il sequestro in una nota ha dichiarato, tra l’altro, che “produce pesto per il mercato americano utilizzando esclusivamente Basilico coltivato in Liguria con certificazione Dop ottenuta dal Consorzio di Tutela del Basilico Genovese Dop”.

Tuttavia il sequestro, da quanto è emerso, è avvenuto perché le autorità sanitarie – quindi nei controlli prima dello sdoganamento – hanno rinvenuto non meglio specificate “non conformità” relative al Regolamento 625/2017 che disciplina i controlli sull’agroalimentare relativi a contaminanti, pesticidi e ogni altra sostanza sgradita nei cibi.

“Noi – spiega Truzzi al Salvagente – abbiamo presentato l’esposto alla procura per due motivi. Innanzitutto vogliamo capire se l’impiego di un ingrediente Dop era finalizzato solo a nobilitare una salsa. In questo caso ci troveremo di fronte a un caso di Italian sounding operato da una stessa azienda italiana e potrebbe configurare un profilo di ingannevolezza per i consumatori. In seconda analisi, chiediamo che oltre ad usare ingredienti italiani vengano privilegiate le produzioni in Italia: come si fa a acquistare basilico in Italia, spedirlo negli Usa, lavorarlo, per poi rispedirlo in Italia per il confezionamento per poi rispedirlo in Francia e Spagna per venderlo? Vogliamo vederci più chiaro”.

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