Crampi addominali: quando rivolgersi al medico

CRAMPI ADDOMINALI

La fastidiosa condizione dei crampi addominali può protrarsi anche piuttosto a lungo nel corso del tempo: ecco perché a volte può risultare necessario affidarsi alle cure di un medico esperto.

I crampi addominali sono un tipo di dolore localizzato che solitamente si presenta a livello della zona compresa fra l’inguine e il torace. Vediamo insieme quali possono essere le cause e come curare la condizione nel caso in cui si prolungasse troppo a lungo.

La differenza con il dolore muscolare

Il crampo (in generale) è di per sé considerato come una contrazione muscolare improvvisa, involontaria e dolorosa, che può interessare uno o più muscoli allo stesso momento. Questo tipo di dolore si può manifestare in realtà a tutte le età, nonostante circa nel 40% dei casi venga segnalato da persone al di sopra dei 50 anni.

Il discorso invece è ben diverso quando ci si riferisce ai crampi addominali più nel dettaglio, che possono essere causati da molti altri diversi fattori che nulla hanno a che vedere con le articolazioni o il sistema muscolare. In questo senso si può intendere il termine “crampo” con l’accezione di sinonimo di “dolore forte e improvviso” in una specifica area del corpo e in questo caso si può anche utilizzare il termine “spasmi”.

Le cause

La lista di condizioni che possono portare agli spasmi all’addome è davvero molto lunga e può variare anche in base all’età del soggetto interessato. Si pensi ad esempio ai bambini più piccoli, che molto spesso possono soffrire di questo tipo di dolori a causa dell’intolleranza al lattosio (un particolare zucchero contenuto nei latticini), della stipsi (ovvero la difficoltà nell’evacuazione delle feci) e della malattia da reflusso gastroesofageo.

Il discorso varia leggermente per quanto riguarda le persone adulte (pur interessate a loro volta anche dai disturbi qui sopra indicati). Nei casi di pazienti adulti gli spasmi si possono manifestare come sintomo dell’indigestione, particolarmente se associata all’ulcera peptica o a particolari farmaci antinfiammatori non steroidei. Ancora, gli adulti possono vivere questo tipo di dolorosa condizione alla luce di un’irritazione gastrica, causata per esempio dall’uso di aspirina o dal consumo di bevande acide a base di cola o di alimenti particolarmente piccanti (come il peperoncino o la paprika).

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Non è da escludere inoltre lo scenario in cui i dolori all’addome sono cagionati da disturbi al fegato come l’epatite, da disturbi alla cistifellea come la colecisti, infezioni di parassiti come la giardiasi, dal morbo di Chron (una malattia cronica dell’intestino) o dalla sindrome da intestino irritabile.

Nel caso in cui ci si riferisca a persone più anziane, infine, i crampi persistenti vengono molto spesso associati a patologie ben più gravi come alcuni tumori allo stomaco, all’ovaio, al pancreas o al colon.

Le varie manifestazioni e i dubbi degli esperti

Tale disturbo si manifesta in varie forme e a svariati livelli di intensità. Può infatti trattarsi di un dolore lieve, moderato o intenso a seconda della causa principale che si nasconde dietro a esso.

Generalmente, si parla di sindrome da dolore addominale mediato centralmente quando il fastidio si protrae per un periodo piuttosto prolungato, fino a oltre 6 mesi, ma non è correlato ad alcuna condizione particolare e inoltre non altera le normali funzioni intestinali del soggetto.

Se il paziente presenta funzioni intestinali alterate con questo disturbo, al contrario, si potrebbe parlare di sindrome da intestino irritabile (o Sii). In questo secondo caso il dolore è tale da impedire alla persona interessata di svolgere le sue regolari attività quotidiane.

Cosa provochi di preciso questo tipo di dolori, in ogni caso, è ancora oggetto di approfondite indagini da parte degli studiosi. Una delle poche certezze nel merito della questione è che i nervi dell’apparato digerente e l’asse cervello-intestino possono diventare con il passare del tempo ipersensibili a determinate sensazioni (come il semplice movimento del tratto digerente) che in realtà nella maggior parte dei soggetti non provocano alcun fastidio di sorta.

Il dolore, ad ogni modo, può essere causato (e a volte persino intensificato) da una serie di altri fattori da non sottovalutare: non si tratta soltanto di elementi genetici, ma anche di caratteristiche della personalità, stress di tutti i giorni e problemi nelle situazioni sociali e/o disturbi mentali importanti.

Si pensi ad esempio al caso dei bambini piccoli che hanno appena dovuto affrontare l’arrivo di un fratellino o una sorellina in famiglia: in tali situazioni non è da escludere lo scenario in cui il piccolo percepisca dei crampi come naturale strumento per la ricerca di una maggiore attenzione da parte dei genitori. Così, dunque, la condizione assume anche degli aspetti che si potrebbero definire psicosomatici.

Che tipo di peso dare ai dolori?

Può capitare che questo tipo di condizione si manifesti raramente, che sia di breve durata o che si risolva da sola. Se invece il problema dovesse ripresentarsi con una certa frequenza e interessare un soggetto troppo a lungo si può iniziare a valutare la possibilità di affidarsi ad uno specialista.

Il primo step consisterà quindi nel valutare se il dolore addominale possa essere funzionale o, al contrario, causato da altri disturbi sopra citati o dall’utilizzo di qualche farmaco (o ancora dall’ingerimento di tossine).

Ci sono da questo punto di vista degli elementi che dovrebbero portare il paziente a preoccuparsi e a ricercare l’aiuto di un medico in quanto possibili campanelli d’allarme di altre condizioni. Ecco i segnali sui quali bisognerebbe porre maggiore attenzione:

  • La febbre
  • La perdita di appetito e il caso del peso repentino
  • Tracce di sangue nel vomito, nelle feci o nelle urine
  • Gonfiore dell’addome e/o degli arti
  • Difficoltà di deglutizione
  • Un dolore talmente forte da impedire al paziente di dormire la notte
  • Il vomito e la diarrea (soprattutto nel caso di manifestazioni gravi e acute)
  • L’ittero (ovvero la colorazione giallastra della pelle e degli occhi)

Quando rivolgersi al medico?

Se il crampo addominale si risolve da sé, senza particolari strascichi, il paziente può tendenzialmente stare tranquillo e continuare a portare avanti la propria vita normalmente. Diverso invece è il discorso se al crampo addominale dovessero essere associati anche alcuni dei sintomi qui sopra riportati, che potrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere associati a particolari problemi fisici da risolvere con l’aiuto di uno specialista.

In presenza (in particolar modo) di ittero, sangue nelle feci o nel vomito o edema, il medico prescriverà al paziente la cura più adeguata dopo un’approfondita visita. Tali sintomi possono infatti essere indicatori di condizioni più gravi da tenere sotto controllo con tempestività, mentre in assenza di essi attendere di farsi visitare non dovrebbe costituire un particolare pericolo per il paziente stesso.

La visita medica: come si svolge e cosa va a indagare

Il personale medico addetto si occuperà prima di tutto di svolgere sul paziente la classica anamnesi e, con una serie di domande ad hoc, cercherà di capire con maggior precisione quali sono stati i sintomi che il soggetto ha avuto.

Fra le domande che il dottore porrà al paziente ci saranno per esempio quesiti sulle sue abitudini alimentari recenti e sulle caratteristiche notate riguardo alle urine o alle feci. Il medico di norma chiede anche quali tipi di cibi sono stati ingeriti prima della comparsa del disturbo, visto e considerato che una casistica piuttosto comune è quella in cui il soggetto è intollerante al lattosio, magari senza saperlo (succede piuttosto spesso nei pazienti di origine africana, asiatica o latinoamericana).

Lo specialistica interrogherà inoltre il paziente riguardo ad eventuali altri sintomi che ha avuto (come il vomito, la stipsi o la diarrea) e su possibili diete intraprese o interventi chirurgici a cui si potrebbe essere sottoposto.

Sarà ovviamente molto importante capire qual è lo stile alimentare del soggetto che ha richiesto la visita: spesso infatti la dieta condiziona molto il benessere del paziente, particolarmente nel caso in cui abusi di bibite gassate o zuccherate (compresi i succhi di frutta) o di alimenti che tendono a generare molto gas nell’intestino (è il caso del cavolfiore, dal cavolo, ma anche della cipolla o dei fagioli).

Gli esami a cui è necessario sottoporsi

Una volta che si avrà il quadro completo generale sul soggetto si potrà passare all’esame obiettivo, che cercherà di mettere in evidenza le cause più specifiche del disturbo. Di norma viene effettuato un esame rettale e, nelle donne, l’esplorazione pelvica, oltre all’analisi delle feci per verificare la presenza di eventuali tracce di sangue.

Nella maggior parte dei casi il soggetto verrà visitato in due distinte occasioni dal suo medico di fiducia e, fra una visita e l’altra, dovrà fornire aggiornamenti e informazioni rispetto alla sua condizione (per esempio: un cambiamento di abitudini, la persistenza dei dolori eccetera).

Non finisce ovviamente qui. Solitamente vengono richiesti anche altri test specifici come l’esame delle urine, l’emocromo completo e gli esami del sangue, tutti utili per controllare il corretto funzionamento di pancreas, fegato e reni. Particolarmente nel caso dei soggetti sopra ai 50 viene consigliata una colonscopia che possa andare a escludere la possibilità di un cancro al colon (molto utile da questo punto di vista è anche la verifica dell’anamnesi familiare).

A molti dei soggetti sotto ai 50 anni che soffrono di crampi addominali viene richiesto di sottoporsi anche ad una tomografia computerizzata dell’addome (anche chiamata Tc).

Come si cura questo disturbo

Il trattamento applicato è diversificato da paziente a paziente ed è prima di tutto basato sull’origine primaria del dolore. L’obiettivo, chiaramente, è quello di ridurre la sintomatologia e i fastidi in modo tale da permettere ai soggetti di tornare a svolgere regolarmente e tranquillamente le loro attività quotidiane.

Come anticipato, per risolvere il problema potrebbero rivelarsi utile diverse visite, comprese quelle di controllo successive alla risoluzione del disturbo preso in considerazione.

Se si dovesse trattare di un “semplice” dolore funzionale, il medico solitamente tranquillizza il paziente rispetto al fatto che il disturbo, per quanto fastidioso, ha semplicemente cause emotive (può infatti essere legato a stress, depressione o ansia) e non fisiche. La terapia da applicare in questo caso, dunque, potrebbe essere di natura prettamente psicologica. Per evitare le fonti di stress si potrebbe quindi richiedere un periodo di riposo assoluto e, se il problema dovesse persistere, si potrebbero per esempio prescrivere dei farmaci antidepressivi o ansiolitici.

Nel caso in cui invece ci fosse una condizione pregressa le cose cambiano. Il medico prescriverà al paziente i farmaci più adatti per la risoluzione della sua condizione o si limiterà a consigliare un cambiamento delle abitudini che possano contribuire a ridurre i dolori.

In generale, trattandosi solitamente di una condizione di non particolare gravità, basterà astenersi per qualche giorno dall’assunzione di determinati cibi troppo grassi, processati o calorici, prediligendo invece frutta e verdura, le cui fibre contribuiscono inoltre ad una miglior regolarità intestinale. Meglio evitare in queste condizioni anche bevande eccitanti come il tè o il caffè, oltre alle già citate bibite gassate zuccherine.

Se al dolore dovesse essere associata anche la nausea, inoltre, è sconsigliabile consumare cibi solidi e latticini. Può risultare molto utile anche bere molta acqua, meglio se a piccoli sorsi, e praticare un’attività fisica regolare.

Quando rivolgersi al pronto soccorso

Questo tipo di dolori, come abbiamo visto, possono manifestarsi per poche ore o giorni ma anche per diversi mesi, a seconda della patologia ad essi collegati.

Nonostante si sia già detto che il consulto medico di uno specialista possa essere certamente indicato, è fondamentale ricordare che a volte può avere senso recarsi addirittura al Pronto Soccorso. Questo è il caso in cui per esempio:

  • Il dolore si manifesti nel pieno di un trattamento antitumorale
  • Non si riesca a scaricare l’intestino (soprattutto in concomitanza del vomito)
  • Si percepisca allo stesso tempo un forte dolore anche al petto, al collo o alle spalle
  • Il dolore sia “tagliente”
  • Emergano gravi difficoltà respiratorie
  • Ci sia una gravidanza in corso