Anticipo del Tfr: quando e come ottenerlo

TFR ANTICIPO

L’anticipo del Tfr, il trattamento di fine rapporto, è possibile in determinate condizioni. Come proteggersi dai rischi finanziari nel caso si puntasse a un fondo pensione

Il Tfr (Trattamento di fine rapporto) è una delle maggiori preoccupazioni nella gestione del bilancio pubblico e dei fondi sociali, tra cui le pensioni, a causa dello stato di salute precario dei conti previdenziali italiani.

In questo primoi mesi, il governo ha promesso di rendere più appetibili le forme integrative previdenziali, agendo sulla leva fiscale, verso le quali potrebbe confluire proprio il Tfr, da destinare alla previdenza integrativa. Il ministro del Lavoro Marina Calderone lo ha definito “anno zero del Tfr“, un periodo finestra che favorirebbe la destinazione di queste buone uscite dei lavoratori dipendenti alla cosiddetta “integrativa”, introducendo sconti fiscali sotto forma di adeguamento della soglia di deducibilità dei contributi.

Questa manovra ha l’obiettivo di “svecchiare” il ricambio generazionale nel mondo del lavoro e alleggerire le spese delle aziende e della previdenza italiana.

Ma perché il Tfr è così importante? Soprattutto, come e quando si ottiene un anticipo dello stesso? Facciamo il punto con una guida sintetica, in attesa delle novità che saranno introdotte nei prossimi mesi.

Che cos’è il Tfr

Il trattamento di fine rapporto viene detto anche liquidazione. In Italia consiste in una porzione di retribuzione al lavoratore subordinato, differita alla cessazione del rapporto di lavoro, effettuata da parte del datore di lavoro.

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Con il decreto legislativo del 5 dicembre 2005, numero 252, è stata emanata la nuova riforma della previdenza complementare, regolando la destinazione del Tfr ai fondi pensione complementari, tramite il meccanismo del silenzio-assenso.

La liquidazione ha un peso non indifferente sui bilanci delle aziende e su quelli previdenziali. Infatti, la salute della previdenza dello Stato dipende in parte anche da quella delle aziende. Questo perché, grazie al welfare state e ai diritti maturati negli ultimi anni, il lavoratore non perde il diritto a percepirlo anche in caso di fallimento dell’impresa nella quale svolge la sua attività lavorativa.

Inoltre, mese per mese il datore di lavoro è obbligato a versare un contributo proporzionale alle retribuzioni pagate che varia in funzione della tipologia dei lavoratori. Con la legge finanziaria 2007 le imprese sono state parzialmente esonerate da questo onere. Ma è chiaro che se i conti non quadrano, e le imprese attraversano dei momenti di difficoltà economica, il peso sulle casse dello Stato aumenta.

A chi è rivolto

È rivolto a tutti i lavoratori del settore privato, e lavoratori del settore pubblico, limitatamente alle categorie rientranti nel cosiddetto pubblico impiego contrattualizzato, assunti dopo la data del 31/12/2000.

Possono richiedere l’anticipo finanziario i dipendenti pubblici cessati dal servizio che accedono o che hanno avuto accesso, prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 28 gennaio 2019, numero 4, alla pensione con i requisiti della Quota 100, o in base all’art. 24 della legge 214/2011.

Per le categorie di lavoratori pubblici in regime di rapporto di lavoro contrattualizzato, i criteri per il calcolo della somma sono stabiliti dall’accordo nazionale quadro del 29/07/1999 e il Dpcm del 20/12/1999.

Non possono ottenere il finanziamento, invece, coloro che sono cessati o cesseranno dal servizio senza diritto alla pensione, il personale delle Forze armate, delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.

Nel pubblico impiego i trattamenti di fine servizio, specificamente l’Indennità di buonuscita (Ibu) e l’Indennità premio di servizio (Ips), sono prestazioni corrisposte dall’Istituto ai dipendenti pubblici iscritti alle casse ex Enpas ed ex Inadel, assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 nonché ai dipendenti ancora in regime di diritto pubblico.

Come si fa la domanda e come ottenere l’anticipo

Per ottenere la “buonuscita” i soggetti interessati devono innanzitutto richiedere la certificazione dell’importo cedibile ai fini dell’anticipo finanziario all’Inps, trasmettendo la domanda di quantificazione online.

L’Istituto di previdenza provvede a rilasciare la certificazione entro 90 giorni dalla data della domanda, rendendola disponibile nell’area riservata MyInps, dove è possibile accedere con le proprie credenziali, tra cui lo Spid.

Una volta ottenuta la certificazione, i beneficiari possono richiedere alle banche o agli altri intermediari finanziari che aderiscono all’iniziativa, mediante iscrizione al portale https://www.lavoropubblico.gov.it/anticipo-tfs-tfr , il finanziamento agevolato per un importo massimo di 45mila euro o, comunque, entro la capienza della prestazione dovuta al pensionato, se di importo inferiore.

La banca, una volta accettata la proposta, comunica all’Inps l’accettazione. L’Istituto effettua le necessarie verifiche ed entro 30 giorni comunica alla banca la presa d’atto della conclusione del contratto di anticipo.

Qualora la presa d’atto sia “positiva”, la banca provvede all’accredito della somma anticipata entro 15 giorni dalla data di efficacia del contratto.

Il finanziamento è garantito da un Fondo di garanzia, istituito nel 2019.

L’anticipo del Tfr

I cittadini possono presentare la domanda di quantificazione dell’anticipo finanziario, a seconda che i richiedenti siano in regime di Tfs (Trattamento di fine servizio destinato solo ai dipendenti pubblici) o di Tfr, tramite uno dei due servizi online dedicati e disponibili sulla piattaforma MyInps.

In alternativa, è possibile presentare la domanda tramite i patronati Caf o un proprio commercialista.

In fase di compilazione della domanda, dopo aver selezionato la richiesta di “Anticipo finanziario D.L. n. 4/2019”, bisogna indicare la banca prescelta per l’operazione di finanziamento e dichiarare di avere avuto accesso alla pensione secondo i requisiti richiesti.

L’azienda è obbligata ad accogliere l’anticipo?

Il dipendente ha il diritto di richiedere l’anticipazione una sola volta durante il rapporto di lavoro. Ma l’anticipo non va confuso con l’acconto; quest’ultimo infatti può essere richiesto in qualsiasi momento prima della liquidazione definitiva.

Tuttavia, le aziende non sono obbligate ad accogliere le richieste di anticipazione del Tfr se queste superano il 10% dei lavoratori aventi diritto e il 4% del totale dei dipendenti. Il calcolo degli aventi diritto deve essere effettuato in base al numero di dipendenti presenti all’inizio dell’anno. I contratti collettivi possono stabilire delle procedure diverse.

Quando si può chiedere l’anticipo?

La richiesta dell’anticipo del Tfr è vincolata a delle condizioni riportate nell’articolo 2120 del Codice civile. Può essere richiesto per:

·       La necessità di sostenere spese sanitarie per trattamenti e terapie straordinari e riconosciuti dalle competenti Asl;

·       L’acquisto della prima casa per sé o per i propri figli, destinata alla normale residenza ed abitazione del lavoratore e della sua famiglia;

·       Sostenere le spese durante i periodi di fruizione di specifici congedi parentali e formativi.

Anche la spesa dell’anticipazione è vincolata a questi bisogni. Infatti, nel caso il lavoratore la utilizzasse per altri scopi, il datore di lavoro avrebbe il diritto di richiedere la restituzione della somma o il risarcimento dei danni, come stabilito da una sentenza del Tribunale di Napoli del 4 aprile 1986. Motivo per il quale il datore di lavoro ha il diritto di controllare se la somma concessa sia stata utilizzata per lo scopo richiesto.

Ma se il lavoratore documentasse di aver sostenuto spese inferiori all’ammontare dell’anticipazione ottenuta, non sarebbe tenuto a restituire la differenza non utilizzata.

Quanto è indebitato lo Stato?

Stando ai dati del Bilancio di previsione 2023, le passività dell’Inps ammontano a 125.518 milioni di euro (circa 125 miliardi). In questo calderone sono inclusi i debiti verso lo Stato o gli altri enti pubblici per anticipazioni di tesoreria (pari a 23.355 milioni di euro, in diminuzione di 4.500 milioni di euro rispetto all’importo di 27.855 milioni di euro previsto per il 2022). Tra le passività incidono anche le anticipazioni per il fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali (pari a 42.138 milioni di euro) e naturalmente i trattamenti di fine rapporto di lavoro subordinato (che vale 1.682 milioni di euro, quasi 2 miliardi).

Meglio il Tfr o il fondo pensione?

Il governo ha annunciato di voler puntare alla pensione integrativa per la riforma delle pensioni del 2024. L’interrogativo su cui molti si annodano è se al lavoratore conviene più il fondo pensione o il Tfr.

Secondo gli analisti, con una inflazione quasi a doppia cifra, come accade in questo momento storico, accompagnata all’instabilità lavorativa, il fondo pensione ha un rendimento maggiore. Comunque, prima di scegliere quale strada intraprendere, conviene sempre consultare un patronato o un esperto, per valutare possibili rischi e benefici. Ma di cosa si tratta precisamente?

Tramite un fondo pensione il lavoratore accantona una quota dei propri guadagni realizzati durante la vita lavorativa allo scopo di garantire prestazioni pensionistiche aggiuntive (la cosiddetta pensione integrativa sulla quale il governo vuole puntare nel futuro), rispetto a quelle erogate dagli enti previdenziali obbligatori fortemente indebitati.

I fondi pensione sono regolati da norme di diritto privato che normano i rapporti giuridici di natura volontaria, tra i fondi stessi e gli aderenti a vario titolo. Finanziariamente sono gestiti secondo il principio della capitalizzazione integrale dei versamenti con il rischio economico a carico degli aderenti.

L’ammontare delle prestazioni previdenziali dipenderà pertanto dai contributi versati, dal periodo di permanenza nel fondo e dal rendimento ottenuto dall’investimento del patrimonio.

Le fonti di finanziamento si differenziano a seconda della tipologia di aderente (lavoratore dipendente, lavoratore autonomo e soggetti differenti dalle prime due tipologie).

Le risorse raccolte dai fondi pensione vengono investite nei mercati finanziari al fine di produrre un rendimento che va ad aggiungersi alla contribuzione tempo per tempo versata nelle posizioni individuali. Essi sono quindi gestiti secondo il sistema tecnico finanziario della capitalizzazione.

Il fondo non è tenuto in questo senso a fare investimenti che tutelino il capitale, garantendo un interesse positivo, per quanto basso, come titoli di Stato oppure obbligazioni.

Questa impostazione degli investimenti su un profilo medio-alto di rischio-rendimento deriva dalla normativa italiana, oltreché da scelte del singolo gestore di fondi.

La legge italiana limita fortemente la possibilità di investire in strumenti a rendimento e capitale garantito, come titoli di Stato, che in questi giorni hanno registrato un boom di vendite.

La prestazione tipica di un fondo pensione è l’erogazione di una rendita (pensione) all’iscritto a partire dal momento del pensionamento. La rendita è di prassi di tipo vitalizio, cioè calcolata al momento dell’erogazione e pagata finché l’aderente è in vita, a prescindere dall’eventuale esaurimento del capitale. È comunque consentita la facoltà di optare per una liquidazione in capitale (soluzione unica) per un importo che non ecceda il 50% del montante finale accumulato. In alcuni casi specifici (ad esempio montante finale non significativo, rendita ottenibile dal 75% del montante minore della metà della pensione sociale) è consentita una liquidazione del 100% in capitale.

Per garantire flessibilità al sistema sono previste ulteriori forme di anticipazioni che scattano al verificarsi di precisi eventi o di esigenze che possono verificarsi negli anni di permanenza nel fondo pensione:

·       In caso di acquisto di prima casa per sé o per i figli o per ristrutturazioni (dopo 8 anni di partecipazione), ovvero per spese mediche straordinarie (in qualsiasi momento) può essere richiesto un anticipo fino al 75% di quanto accumulato;

·       È possibile chiedere un’anticipazione sino al 30% per ulteriori esigenze senza obbligo di motivazione (dopo 8 anni di partecipazione).

La differenza dunque è che il Tfr tenuto in azienda viene pagato al termine di ogni rapporto di lavoro o anche anticipato del 70% se richiesto. Il Tfr versato ad un fondo pensione, invece, viene accumulato nella posizione individuale aperta presso il fondo e pagato nel momento in cui si richiede la pensione complementare o una delle altre prestazioni previste, e può essere investito.

Alcuni analisti consigliano ai lavoratori di investire il proprio Tfr in un fondo pensione per i seguenti motivi:

·       Subisce una tassazione inferiore;

·       Può generare una rendita migliore per il futuro;

·       Può essere flessibile;

·       Ha una gestione separata;

·       Il posto di lavoro fisso e sicuro è sempre più a rischio a causa della flessibilità del mercato del lavoro, compromettendo anche la stabilità del sistema previdenziale tradizionale.

Prima di avventurarsi in rischi e investimenti occorre sempre consultare un esperto o il proprio consulente di fiducia.