Cos’è l’albumina e quando i suoi valori nel sangue diminuiscono (o si alzano)

albumina

L’albumina è un farmaco plasmaderivato salvavita. Il calo delle donazioni di sangue e plasma costringe l’Italia ad importarlo dall’estero. Costa molto ed è un prezioso liquido da somministrare in casi specifici, poiché può causare effetti collaterali anche gravi. Ecco come aiutare il sistema sanitario con la donazione.

 

Nel 2022 in Italia sono stati raccolti 20mila chili di plasma in meno rispetto al 2021. Il calo è solo uno dei tanti effetti dell’emergenza sanitaria causata dal Covid. I motivi dell’importanza di questo elemento nelle cure mediche sono molteplici e si spiegano nel suo contenuto: il plasma contiene l’albumina, e costituisce fino al 65% di tutte le proteine plasmatiche. Una proteina prodotta dalle cellule epatiche, che si trova anche nel latte e nell’albume dell’uovo.

Che cos’è l’albumina e a cosa serve

L’albumina è dunque un concentrato di proteine plasmatiche ottenuto da sangue umano che agisce aumentando il volume di plasma o i livelli sierici di albumina. L’Irccs Humanitas precisa che è una proteina priva di carboidrati e che la sua concentrazione nel sangue è strettamente legata alla funzionalità del rene e del fegato, responsabile della sua produzione.

Svolge diverse funzioni, tra le quali:

  • Contribuisce a mantenere stabile il livello dei liquidi nei vasi sanguigni evitandone così la fuoriuscita e la diffusione nei tessuti;
  • È coinvolta nel trasporto nell’organismo di ormoni, vitamine, ioni (come il calcio);
  • Funge da antiossidante plasmatico;
  • Si somministra come farmaco salvavita.

La donazione del plasma è importante tanto quanto il sangue (globuli rossi), poiché l’albumina che lo contiene è utilizzata nel trattamento di problematiche anche molto diverse tra loro, ad esempio:

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  • Shock causato da abbondanti emorragie;
  • Ustioni;
  • Riduzione dei livelli di proteine associata a interventi chirurgici o a un’insufficienza epatica.

Perché è importante il test dell’albumina

Il test per quantificare i valori di albumina nel sangue è importante in campo diagnostico. Infatti, i risultati ci aiutano a verificare o valutare:

  • L’eventuale presenza di malattie epatiche o renali;
  • Possibili problemi di malassorbimento a carico dell’apparato digerente;
  • La progressione di diversi disturbi e lo stato di nutrizione di un paziente.

È importante sia dal punto di vista diagnostico che prognostico.

L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) sottolinea che può aumentare in caso di disidratazione mentre diminuisce in presenza di alcune particolari condizioni, tra le quali:

  • Fegato danneggiato;
  • Malattia renale chiamata sindrome nefrosica;
  • Grave infiammazione e shock.

Poiché può diminuire in molte malattie e disturbi di varia origine, l’esame viene utilizzato anche per controllarne la progressione o per valutare lo stato di nutrizione di una persona.

La ricerca dei valori dell’albumina può essere richiesta dal medico qualora ritenga che un suo assistito presenti disturbi riconducibili a malattie epatiche, o renali, o per valutare eventuali problemi di malassorbimento.

È eseguita, soprattutto, in ospedale nei malati che debbano affrontare un intervento chirurgico programmato.

Le persone con malattie croniche del fegato o dei reni, così come coloro che soffrono di malassorbimento (malattie a carico dell’apparato digerente) e di diarrea cronica, sono a maggior rischio di alterazioni dei livelli di albumina.

 

  • Come avviene il test

L’esame non richiede alcuna preparazione. È consigliabile il digiuno da almeno 6-8 ore prima del test, che consiste nel prelievo di una piccola quantità (campione) di sangue dal braccio attraverso un ago inserito in una vena.

Il sangue prelevato è posto in una provetta dotata di una etichetta, nella maggior parte dei casi pre-stampata, con il nome della persona che si sottopone all’esame, il numero d’identificazione e tutte le informazioni necessarie per assicurare che il campione sia analizzato per tutti gli esami richiesti e che i risultati siano abbinati al nome.

 

  • Quando fare il test dell’albumina

Il medico richiederà l’analisi dei valori nel sangue, di solito insieme a molti altri esami, qualora la persona presenti sintomi riconducibili a malattie del fegato (ad esempio l’ittero) o dei reni (gonfiore intorno agli occhi, alla pancia o alle gambe) oppure se ha problemi di malassorbimento proteico (dimagrimento).

L’analisi può anche essere richiesta in presenza di un’infezione o infiammazione poiché la sua concentrazione può fornire indicazioni sulla gravità della malattia.

La diminuzione di albumina nel sangue può provocare la fuoriuscita di liquidi dai vasi sanguigni e la loro diffusione nei tessuti con la conseguente formazione di gonfiore (detto edema).

In genere i valori al di sotto di 7,2 mcg/min sono considerati normali. Si ritengono di incerto significato quando risultano tra 7,2 e 15 mcg/min. Tra 15 e 150 si parla di microalbuminuria e sopra i 150 di macroalbuminuria.

Cosa significa quando l’albumina è bassa?

Basse concentrazioni nel sangue possono suggerire alcune condizioni, quali:

  • Malattie del fegato

In questo caso il medico prescriverà la ricerca degli enzimi epatici per verificare se sia presente una malattia (ad esempio, la cirrosi);

 

  • Insufficienza renale

Ossia un cattivo funzionamento dei reni che non riescono più a trattenere l’albumina del sangue e la lasciano passare nelle urine. A questo punto il medico prescriverà l’analisi per la ricerca di questa sostanza (o più in generale delle proteine) nelle urine. L’albumina urinaria può aumentare leggermente in caso di infiammazione ma aumenta significativamente nei malati colpiti da sindrome nefrosica. Quindi, a un valore alto nelle urine corrisponderà un valore di albumina basso nel sangue. Gli individui con malattie epatiche e disturbi renali cronici sono a più alto rischio di valori anormali;

 

  • Stato infiammatorio grave o shock da emorragie;

  • Malattie che determinano insufficienti assorbimento (malassorbimento) e digestione delle proteine come avviene, ad esempio, nel morbo di Crohn;

  • Dieta a ridotto contenuto proteico o malnutrizione.

Cosa significa quando l’albumina è alta?

Alte concentrazioni dei valori nel sangue possono dipendere da alcuni fattori:

  • Disidratazione;
  • Assunzione di alcuni farmaci, tra cui steroidi anabolizzanti, androgeni, ormoni della crescita e insulina;
  • Grandi quantità di liquidi somministrati per via endovenosa;
  • Condizioni infiammatorie di qualsiasi tipo o la presenza di diarrea prolungata.

 

Cosa significa quando l’albumina è nelle urine?

La sua presenza nelle urine viene detta “microalbuminuria”. La rilevazione di queste tracce è un marcatore tipico ed estremamente utile dal punto di vista diagnostico. Infatti, è un indicatore caratteristico del fatto che il diabete ha cominciato a danneggiare i reni.

 

Quando si usa l’albumina?

In base ai casi, il medico potrà decidere se procedere o meno con la somministrazione di albumina nel sangue, che avviene mediante infusioni in vena.

Il protocollo sanitario per la somministrazione dell’albumina umana è molto rigido, anche a causa della scarsa disponibilità e dell’alto costo del farmaco. Infatti, negli ospedali viene utilizzata in casi estremi o subordinata a prove di efficacia esistenti.

Il ministero ha elaborato delle linee guida sulla base di evidenze scientifiche disponibili. La sua applicazione ha lo scopo di evitare il rischio di un uso inappropriato del farmaco in adesione agli indirizzi di razionalizzazione dei consumi e in linea alle direttive dei sistemi sanitari regionali. Nella pratica clinica viene utilizzata soprattutto per trattare l’ipovolemia e per la correzione dell’ipo-albuminemia.

Viene somministrata per trattare le condizioni acute, ossia quelle in cui è necessaria l’espansione di volume ed il mantenimento della portata cardiaca quali shock, ipotensione acuta da perdita di sangue intero, plasma o liquidi, emorragie, ustioni, interventi chirurgici maggiori, traumi (come seconda scelta, solo nel caso in cui non ci sia risposta ai cristalloidi). E condizioni croniche a bassa albuminemia: cirrosi epatica in fase avanzata, sindrome nefrosica, denutrizione.

I casi specifici più diffusi sono:

  • Cirrosi epatica (è la causa più comune);
  • Sindromi di malassorbimento;
  • Rare anomalie genetiche (sintesi difettosa di albumina);
  • Aumentate perdite;
  • Sindrome nefrosica;
  • Ustioni estese;
  • Enteropatia proteino-disperdente;
  • Aumentato catabolismo (neoplasie metastatizzate);
  • Trapianto di organi (fegato e rene).

 

Quali sono gli effetti collaterali dell’albumina?

Di solito è ben tollerata. Sono tuttavia possibili reazioni immediate di tipo allergico. In caso di infusione molto rapida (20 – 50 ml/minuto) si può verificare una rapida caduta della pressione arteriosa. I soggetti anziani e quelli a rischio possono andare incontro a insufficienza cardiaca congestizia. È possibile indurre uno scompenso cardiaco congestizio, specie con l’impiego di soluzioni concentrate di albumina.

Le reazioni avverse devono essere subito comunicate a un medico. Può scatenare anche una delle seguenti reazioni:

  • Rash;
  • Orticaria;
  • Prurito;
  • Difficoltà respiratorie;
  • Senso di oppressione al petto;
  • Gonfiore di bocca, volto, labbra o lingua;
  • Dolori addominali forti e persistenti;
  • Alterazioni della frequenza cardiaca o della respirazione;
  • Confusione;
  • Brividi;
  • Produzione eccessiva di saliva;
  • Svenimenti;
  • Febbre;
  • Mal di testa;
  • Nausea;
  • Vomito;
  • Debolezza.

Inoltre, viene controindicata nei seguenti casi:

  • Scompenso cardiaco;
  • Insufficienza renale;
  • Anemia cronica;
  • Rischio di sovraccarico di fluidi.

 

Prima della somministrazione è importante informare il medico:

  • Di eventuali allergie al principio attivo, ai suoi eccipienti, a qualsiasi altro farmaco, ad alimenti o ad altre sostanze;
  • Dei medicinali, dei fitoterapici e degli integratori assunti;
  • Delle malattie e dei problemi di salute di cui si soffre (o si ha sofferto);
  • In caso di gravidanza o allattamento.

Essendo ottenuta a partire da sangue umano, l’albumina potrebbe essere contaminata da agenti patogeni. È considerata un emoderivato sicuro dal punto di vista infettivologico, con potenziale trasmissione di prioni, particelle proteiche solitamente infettive.

Quando non bisogna assumere l’albumina

L’uso di questa sostanza è considerato inappropriato in caso di:

  • Ipoalbuminemia cronica in assenza di edemi e/o ipotensione acuta;
  • Malnutrizione;
  • Cicatrizzazione delle ferite;
  • Ascite responsiva ai diuretici;
  • Ustioni nelle prime 24 ore;
  • Pancreatiti acute e croniche;
  • Emodialisi;
  • Ischemia cerebrale;
  • Emodiluizione normovolemica acuta in chirurgia;
  • Sindrome da iperstimolazione ovarica.

I cibi che favoriscono l’albumina

Anche l’alimentazione può incidere in minima parte rispetto alle conseguenze future. Ad esempio, quando si è in terapia per insufficienza renale viene suggerito ai pazienti di limitare nella dieta la quantità di potassio e fosforo. Bisognerebbe invece mangiare più proteine per aumentare i livelli di albumina. Una dieta equilibrata e bilanciata, in un soggetto sano, non esclude il giusto apporto proteico.

Perché è importante donare il plasma

L’albumina e le immunoglobuline sono medicinali plasmaderivati dei quali il nostro paese non è autosufficiente. La Fondazione Umberto Veronesi ha commentato i dati circa il calo di donazioni registrato nel 2022 dopo una ripresa negli anni scorsi. “Questi numeri – è il commento – allontanano ulteriormente l’Italia dall’obiettivo dell’autosufficienza. Per soddisfare il fabbisogno di medicinali plasmaderivati il nostro paese è stato costretto a rivolgersi sempre maggiormente al mercato estero. L’Italia importa principalmente dagli Stati Uniti che, a loro volta, hanno subito un rallentamento nella raccolta a partire dal 2020”.

Il risultato? Da un lato l’aumento dei prezzi di questi prodotti, e dall’altro il rischio che in futuro sarà difficile reperire farmaci utilizzati largamente anche in terapie salvavita.

Per risolvere il problema delle carenze l’Italia è impegnata, con numerosi partner europei e internazionali, nel progetto Supply che potrà fornire strumenti utili a incrementare la raccolta di plasma da donazioni volontarie e non remunerate nei paesi membri dell’Unione europea.

“Il plasma è una risorsa fondamentale per il sistema sanitario nazionale – osserva Vincenzo De Angelis, direttore del Centro Nazionale Sangue – eppure sono ancora in pochi a essere a conoscenza della sua importanza. Contrariamente ai globuli rossi, l’Italia non è autosufficiente per il plasma e questo ci espone a dei rischi che, come ci ha fatto capire il Covid, sono meno ipotetici di quanto non ci aspettassimo. Fortunatamente la generosità degli italiani non è mai venuta meno, neanche nei momenti più bui della pandemia, e ci sono intere categorie di potenziali donatori che sarebbero ideali per il plasma, chi ha il gruppo sanguigno AB per esempio, o le donne, per un minore impatto su riserve di ferro e sui valori di emoglobina. Alla fine basterebbe solo uno sforzo in più da parte di tutti gli attori del sistema”.

Come si dona il plasma

Per donare il plasma è sufficiente sottoporsi a un semplice prelievo effettuato tramite un separatore cellulare, apparecchio che immediatamente separa la parte corpuscolata, ovvero globuli rossi, bianchi e piastrine, dalla componente liquida che viene raccolta in una sacca di circa 600-700 ml. La parte corpuscolata viene reinfusa nel donatore, mentre il volume di liquido che si sottrae con la donazione viene ricostituito grazie a meccanismi naturali di recupero, l’infusione di soluzione fisiologica e l’assunzione di liquidi.

 

Come viene utilizzato il plasma raccolto

Il plasma viene conferito all’industria farmaceutica dove viene usato proprio per produrre medicinali salvavita, i cosiddetti plasmaderivati come l’albumina, le immunoglobuline o i fattori della coagulazione. I medicinali prodotti con il plasma donato non vengono usati a fini commerciali e, una volta terminato il processo di lavorazione, la casa farmaceutica restituisce il prodotto finito alle regioni italiane. I farmaci plasmaderivati sono distribuiti gratuitamente ai pazienti che ne hanno bisogno ed eventuali lotti eccedenti il fabbisogno nazionale vengono donati a paesi in difficoltà tramite programmi di collaborazione internazionale.