Caregiver: chi sono, di cosa si occupano e come diventarlo

caregiver

Chi sono i caregiver e di cosa si occupano nello specifico: i loro compiti e cosa è necessario fare per essere riconosciuti come tali. La disciplina giuridica italiana in materia di assistenza ad un familiare gravemente malato e tutte le carenze legislative nel nostro paese. La condizione psicologica e fisica dei caregiver e i rischi che possono correre.

L’assistenza fornita ad un familiare malato fatica ancora ad essere riconosciuta a pieno dall’ordinamento italiano, che manca di una specifica legge a tutela dei cosiddetti caregiver. Questa figura fa riferimento alle persone che si prendono cura, senza percepire pagamenti e in maniera non professionale, di un familiare disabile e non autosufficiente. Si tratta di una condizione non così trascurabile e rara, soprattutto considerando i recenti dati Istat sul fenomeno che palesano come siano circa 8 milioni le persone in Italia in questa condizione, il 60% dei quali privi di occupazione.

Caregiver, chi sono e di cosa si occupano

In base a quanto fin qui detto sulla figura del caregiver, potrebbe sembrare che si occupi soltanto dell’assistenza fisica ad un familiare malato. Questo aspetto è sicuramente vero – si pensi ad esempio al supporto in tutte le attività fisiche che la persona con disabilità non può compiere in autonomia – ma si estende anche all’assistenza indiretta, ovvero a quella che consiste nel sbrigare alcune pratiche amministrative che fanno capo all’assistito. Il caregiver è dunque colui che aiuta un familiare disabile a vestirsi, lavarsi, farsi da mangiare, fare e pulizie, ma anche colui che svolge delle pratiche amministrative, come il rinnovo dei documenti o il pagamento delle bollette per conto della persona disabile. Volendo provare a fornire una definizione generale e concreta della figura del caregiver, è possibile dire che si tratta di colui o colei che si prende cura di un familiare bisognoso di assistenza svolgendo tutte le pratiche e le faccende che il parente non è in grado di svolgere in autonomia perché disabile o non autosufficiente. Anche in riferimento alle mansioni svolte dai caregiver, le principali possono essere così schematizzate:

  • la cura dell’assistito;
  • la cura dell’igiene personale dell’assistito;
  • la preparazione e la somministrazione dei pasti all’assistito;
  • la prenotazione di esami medici e visite per l’assistito;
  • il trasporto dell’assistito alle terapie prescritte e alle visite/esami medici prenotati;
  • l’acquisto di medicinali di cui necessita l’assistito;
  • la somministrazione, ove necessaria, dei farmaci all’assistito;
  • lo svolgimento di tutte le pratiche amministrative per conto dell’assistito.

La figura del caregiver per l’ordinamento italiano

Come si diceva in apertura, in Italia non c’è ancora una legge specifica che tuteli la figura del caregiver, malgrado molte siano le persone che si trovano in questa situazione. Oggi, per fortuna, c’è qualcosa in più rispetto al recente passato, con i cittadini che possono contare sull’attuazione di una direttiva europea in materia di assistenza in ambito familiare relativa “all’equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza”. In alternativa, chi deve assistere un familiare malato può fare riferimento alla legge 104/92, la quale prevede per i lavoratori nella condizione di caregiver una serie di agevolazioni. Si tratta, più nel dettaglio:

  • di tre giorni al mese di permesso retribuito;
  • di un congedo straordinario, che deve essere sempre retribuito, della durata massima di due anni nell’arco della vita lavorativa. Si sottolinea tuttavia che tale condizione viene riservata solo ai casi in cui l’assistito presenti una disabilità grave.

La direttiva europea per l’assistenza in ambito familiare

Un primo importante passo verso un più equo riconoscimento dei caregiver e della loro fondamentale figura è stato rappresentato, come detto, dalla direttiva europea per l’assistenza in ambito familiare recepita in Italia il 22 giugno 2022 con un decreto legislativo entrato in vigore il 13 agosto dello stesso anno. Il suo principale e dichiarato obiettivo è quello di “promuovere il miglioramento della conciliazione tra i tempi della vita lavorativa e quelli dedicati alla vita familiare per tutti i lavoratori che abbiano compiti di cura e di assistenza”. Si cerca di garantire una equa condivisione delle responsabilità dei caregivers tra uomini e donne e di raggiungere la parità di genere, tanto in ambito lavorativo quanto in quello familiare. A livello operativo, il decreto legislativo che applica la direttiva europea prevede per i caregivers:

  • un congedo di paternità di 10 giorni fruibile in due mesi;
  • un congedo parentale di 11 mesi per il genitore solo;
  • un congedo parentale fino a 9 mesi con l’indennità al 30%;
  • un congedo parentale per l’assistenza di un figlio minore di 12 anni;
  • delle sanzioni e l’impossibilità di ottenere la certificazione della parità di genere per tutti quei datori di lavoro che ostacolano, in qualsiasi modo, i congedi dei loro dipendenti.

Queste le principali novità introdotte dal decreto che, inoltre, agisce anche su alcune agevolazioni previste dalla legge 104 andandole ad implementare. Più nello specifico, viene esteso il congedo straordinario di due anni anche ai conviventi di fatto e alla parti dell’unione civile. Viene inoltre ridotto ad un mese il tempo di accoglimento dell’istanza per il congedo ed inserito nella legge 104/92 un nuovo articolo, il 6-bis. Secondo quest’ultimo “i lavoratori che usufruiscono dei permessi hanno diritto di priorità nell’accesso al lavoro agile o ad altre forme di lavoro flessibile. Restano ferme le eventuali previsioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva nel settore pubblico e privato”. Questo vuol dire che, grazie al nuovo articolo, i caregiver godono di un diritto di priorità nella concessione dello smart working e di tutte le altre forme di lavoro flessibile.

Non conosci il Salvagente? Scarica GRATIS il numero con l'inchiesta sull'olio extravergine cliccando sul pulsante qui in basso e scopri cosa significa avere accesso a un’informazione davvero libera e indipendente

Sì! Voglio scaricare gratis il numero di giugno 2023

Caregiver, come diventarlo ed essere riconosciuti

La figura del caregiver è, come ampiamente annunciato, ancora priva di specifica disciplina di legge, motivo per il quale non è necessario che i cittadini presentino una specifica domanda per essere riconosciuti come tali. Se ne deduce che la qualifica di caregiver si ottiene di fatto diventando beneficiari delle agevolazioni previste dalla legge 104. Ecco quindi che per poter ottenere permessi per l’assistenza ad un familiare sarà necessario fare domanda per il riconoscimento della disabilità grave dell’assistito. Nella fase successiva, una volta ottenuta la certificazione, è necessario che chi assiste presenti regolare domanda all’Inps e al proprio datore di lavoro per poter iniziare ad utilizzare i giorni di assenza retribuita previsti dalla legge. Più o meno lo stesso iter riguarda i permessi che vengono riconosciuti e garantiti dal decreto che ha recepito la direttiva europea per l’assistenza in ambito familiare.

Le principali difficoltà dei caregiver

Oltre al fatto di avere un familiare gravemente malato affetto da disabilità e non essere formalmente riconosciuto dall’ordinamento italiano, il caregiver deve fare i conti con molte altre difficoltà che interessano la propria sfera personale. Assistere una persona, infatti, comporta un elevato dispendio di risorse, sia personali che ambientali che economiche. Quest’ultimo aspetto è quello che maggiormente si cerca di tutelare con il recente decreto – permettendo al lavoratore di non dover del tutto rinunciare al proprio lavoro e al conseguente guadagno – ma in realtà ancora molte sono le situazioni di difficoltà e criticità su questo tema.

C’è poi una grande difficoltà di natura emotiva, fortemente alimentata dal dover assistere un proprio affetto in condizioni di difficoltà e, nei casi più gravi, di vederlo morire. Molti sono dunque i casi in cui i caregiver hanno delle ripercussioni psicologiche importanti, con la malattia che andando avanti ha un impatto non solo sulla persona malata. Molto spesso i caregiver e tutto il contesto familiare vivono mesi, a volte anni, contraddistinti da stress, ansia e depressione, oltre che un senso di responsabilità aggiunta dal fatto di dover essere colui o colei che maggiormente assiste il malato. Così come riportato dal portale delle “Federazione cure palliative”, in molti soggetti che vivono l’esperienza di caregiver si sono evidenziati stati emotivi di:

  • irritabilità;
  • pessimismo;
  • agitazione;
  • ansia;
  • stanchezza fisica e mentale;
  • erdita di motivazione
  • insonnia.

Ai sintomi descritti, sempre secondo la “Federazione cure palliative”, si accompagnerebbe anche il senso di colpa che i soggetti coinvolti avvertirebbero nel provarli. Si tratta di vere e proprie manifestazioni dello stress assistenziale, definibili anche come burden of illness, o semplicemente burden, ovvero quelle riferite allo stato che deriva dal carico assistenziale psicologico, fisico o sociale.

Si tratta, naturalmente, di situazioni limite, che però non sono così difficili da riscontrare nei caregiver. Se ne deduce che se alla condizione di partenza di un familiare gravemente malato, si aggiungono anche i problemi legati al mondo del lavoro e alla conciliazione delle due attività – di assistenza e di lavoro – il rischio di un crollo psicologico e fisico è molto più probabile.