Cosa prevede la riforma pensione 2023 e cosa è previsto nella nuova legge di bilancio in merito a questo aspetto. Cosa devono attendersi i lavoratori e tutti i dettagli sulla pensione anticipata con il meccanismo di quota 103, la proroga dell’Ape sociale e cosa cambia con opzione donna. Come vengono rivalutate le pensioni in base all’inflazione e quali cittadini potranno beneficiarne in maniera più marcata. Un quadro dello scenario pensionistico nel nostro paese e gli sviluppi futuri consigliati dal rapporto Ocse e Inps.
Nella consueta corsa contro il tempo, il governo guidato da Giorgia Meloni ha ottenuto il via libera per la manovra di bilancio 2023, contenente le possibilità di spesa del paese nell’anno appena cominciato. C’era grande attesa soprattutto per quel che riguarda i fondi e le modifiche inerenti attività dal grande impatto per la vita dei cittadini. Si va dal cambio di rotta sul reddito di cittadinanza, alle misure per il contenimento del caro energia fino alla riforma delle pensioni. Su quest’ultimo aspetto l’intervento dell’esecutivo era di fondamentale importanza visto che al 31 dicembre 2022 terminavano le agevolazioni precedentemente introdotte sul tema e si sarebbe tornati alla tanto discussa legge Fornero.
Riforma delle pensioni 2023, cosa cambia
Le novità in tema di pensioni interessano tanto le modalità con cui i lavoratori potranno smettere di lavorare, quanto le pensioni minime aumentate, come da consuetudine, per adattarle alla forte spinta inflazionistica registrata nell’ultimo anno. A beneficiare di questo intervento saranno in particolar modo i destinatari degli assegni più bassi. La NaDef, Nota di aggiornamento al Def, ha nello specifico evidenziato che vi sarà un’impennata della spesa pensionistica, la quale crescerà del 7,9% nel 2023 proprio a causa della necessaria rivalutazione Istat degli assegni. Ecco dunque che nella legge di bilancio 2023 per i trattamenti minimi è prevista una rivalutazione del 120% grazie all’indicizzazione rispetto all’inflazione. Le pensioni minime, dunque, arriveranno a 600 euro ma solamente per chi ha più di 75 anni. Per gli altri trattamenti minimi, invece, si arriverà a 570 euro. Questo è quanto confermato dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nell’intervento alla Camera del 18 dicembre 2022. Non si tratta, però, dell’unica novità introdotta dalla manovra. Tra gli argomenti fondamentali della legge di bilancio 2023, infatti, troviamo:
- la pensione anticipata con quota 103 – 41 anni di contributi e 62 di età – con tetto massimo dell’assegno a circa 2600 euro (solo per il 2023);
- la proroga 2023 dell’Ape sociale;
- la proroga di opzione donna, con innalzamento dell’età a 60 anni (con lo sconto di 1 anno se si ha un figlio e di 2 anni se si hanno 2 o più figli) solo per le categorie previste per l’Ape sociale;
- la nuova rivalutazione con percentuali più alte per le pensioni fino a 4 volte il minimo e percentuali ridotte per gli assegni più alti;
- l’incremento transitorio delle pensioni minime a 600 euro per gli over 75.
Pensione anticipata con quota 103, proroga dell’Ape sociale e opzione donna
Cerchiamo ora di entrare nel vivo della riforma delle pensioni prevista dalla legge di bilancio 2023 analizzando alcuni dei suoi punti fondamentali. Iniziamo dalla nuova quota 103, che rimanda l’entrata in vigore della legge Fornero e permetterà l’uscita anticipata dal lavoro per i lavoratori con 62 anni di età e 41 anni di contributi. Il tetto massimo dell’assegno è stato fissato ad euro 2600.
Vi sarà, come detto, anche la proroga dell’Ape sociale. Si tratta di una misura introdotta dalla legge di bilancio 2017 che prevede l’anticipo pensionistico riservato a determinate categorie di lavoratori, in possesso di determinati requisiti contributivi e prossimi alla pensione. Per aver diritto all’Ape sociale nel 2023 occorre:
- aver compiuto i 63 anni di età;
- aver maturato almeno 30 anni di anzianità contributiva;
- aver cessato l’attività lavorativa sia come dipendente che come autonomo o parasubordinato in Italia o all’estero.
Grande attesa era riservata anche ad opzione donna, misura che anticipa la pensione delle lavoratrici al verificarsi di date condizioni. Anche per il 2023 opzione è stata prorogata, ma rispetto al recente passato ha subito delle modifiche sostanziali:
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- per accedervi è necessario che le lavoratrici abbiano compiuto 60 anni di età e non più 58 come in passato;
- resta fermo il requisito dell’anzianità contributiva, che deve essere pari a 35 anni;
- le madri con un figlio hanno la possibilità di anticipare la richiesta della pensione di un anno, mentre quelle con due o più figli possono anticiparla di due anni.
La nuova rivalutazione delle pensioni ed aumento transitorio delle pensioni minime
Nella legge di bilancio 2023 al capitolo pensioni sono previste delle modifiche anche per quel che riguarda i trattamenti minimi. Nello specifico è prevista una rivalutazione fino al 120 per cento rispetto all’inflazione. Come sottolineato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nella conferenza stampa del 22 novembre 2022, il Governo ha deciso di aiutare le pensioni minime: “rivaluteremo tutti i trattamenti secondo l’indicizzazione ma lo faremo con una percentuale diversa in base a quanto è alta la pensione”. Ecco dunque che le pensioni pari o inferiori al minimo Inps saranno rivalutate del 120%, beneficiando dell’aumento maggiore in rapporto all’inflazione.
Viene dunque eliminato il precedente sistema a 3 fasce di reddito per la rivalutazione delle pensioni che lascia il posto ad nuovo meccanismo a 6 fasce previsto dalla legge di bilancio 2023. Lo schema articolato su tre fasce di reddito per la rivalutazione delle pensioni prevede un aumento del 100% per i trattamenti fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (525,38 euro mensili), del 90% per quelli superiori a 4 volte e fino a 5 volte il minimo e del 75% sulle fasce di importi superiori a 5 volte il minimo. Con la nuova legge di bilancio 2023, invece, viene introdotto il sistema a 6 fasce di reddito. In particolare, l’aumento sarà pieno (100%) per chi percepisce una pensione fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (circa 2.100 euro). Per i trattamenti superiori a 4 volte il minimo, invece, l’aumento sarà proporzionato in base all’importo complessivo:
- 80% per gli assegni pari o inferiori a 5 volte il minimo (2.625 euro);
- 55% per assegni tra 5 e 6 volte il minimo (3.150 euro);
- 50% per assegni tra 6 e 8 volte il minimo (4.200 euro);
- 40% per assegni tra 8 e 10 volte il minimo (5.250 euro);
- 35% per le pensioni superiori a 10 volte al minimo (oltre i 5.251 euro).
Tali fasce, individuate inizialmente, hanno subito delle modifiche con l’emendamento al disegno della legge di bilancio 2023 e sono state individuate nuove fasce di rivalutazione. Queste le parole del ministro dell’Economia Giorgetti: “si è operata una revisione del meccanismo di indicizzazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, in quanto è stata elevata la percentuale della fascia di pensioni da 4 a 5 volte la minima e ridotte conseguentemente quelle a salire per quanto riguarda i redditi più alti”. Dunque, per le pensioni fino e quelle fino a 4 volte l’importo minimo non cambia nulla, mentre delle modifiche sono previste per i trattamenti fino a 5 volte il minimo, per i quali la rivalutazione sale all’85% mentre scende per gli altri. Entrando più nel dettaglio la rivalutazione è pari:
- all’85% per importi tra 4 e 5 volte il minimo (2.265 euro);
- al 53% per gli assegni tra 5 e 6 volte il minimo (3.150 euro);
- al 47% per importi tra 6 e 8 volte il minimo (4.200 euro);
- al 37% per le pensioni tra 8 e 10 volte il minimo (5.250 euro);
- al 32% per gli assegni oltre 10 volte il minimo (quelli, cioè, oltre i 5.251 euro).
Come confermato dal ministro dell’Economia Giorgetti durante l’intervento presso la Commissione di bilancio della Camera del 18 dicembre 2022, le pensioni minime per i cittadini con più di 75 anni di età sono aumentate sino ad arrivare a circa 600 euro. La percentuale di rivalutazione, in ogni caso, sarà minore quanto è più grande l’importo della pensione. Sono rivalutate, dunque, anche le pensioni con importi più alti, anche se con percentuale minore.
Con tali emendamenti, pertanto, si attenua il taglio dell’indicizzazione per le pensioni comprese tra a 2.100 euro lordi mensili e i 2.626 euro: in questo caso l’adeguamento sale a 162 euro dai previsti 153. In tutti gli altri casi, invece, il sacrificio diventa maggiore.
Pensioni e legge di bilancio 2023: le minime per gli over 75 a circa 600 euro mensili
Sempre con emendamenti del governo alla manovra bilancio è stata rafforzata la rivalutazione delle pensioni minime per gli over 75, ma solo per il 2023. Tali trattamenti beneficeranno di una rivalutazione aggiuntiva pari al 6,4% invece del previsto 1,5%, oltre alla prevista indicizzazione del 7,3%. Il risultato è l’aumento dell’importo mensile della pensione fino a 597,3 euro. Gli altri trattamenti al minimo, invece, saliranno nel 2023 a 570 euro. In particolare, viene introdotta la cosiddetta perequazione automatica, ovvero il meccanismo di rivalutazione dell’importo delle pensioni adeguato all’aumento del costo della vita determinato dall’Istat. Tale meccanismo si applica a tutti i trattamenti pensionistici erogati dalla previdenza pubblica. Il decreto ministeriale prevede aumenti dei trattamenti pensionistici nella misura del 7,3% a decorrere dal 1° gennaio 2023, ma solo fino alla fine dell’anno. Pertanto, il valore minimo, fissato dall’Inos nella circolare n. 120 del 2022, è pari a 525,38 euro mensili, che con la rivalutazione del 7,3% sale a 563,73 euro al mese (ovvero 7.328,49 euro annui). All’importo così rivalutato si deve aggiungere l’indicizzazione prevista nella manovra 2023. Alla rivalutazione del 7,3%, dunque, occorre sommare un ulteriore 20% che comporta una rivalutazione delle pensioni minime dell’8,7%. In tal modo si arriva alla pensione minima pari a circa 600 euro.
Tali aumenti non comportano, in ogni caso, il superamento per il biennio 2023-2024 dei limiti di reddito previsti per il riconoscimento di tutte le prestazioni collegate al reddito, né rilevano ai fini della rivalutazione delle pensioni per il 2023 ed il 2024.
Riforma pensioni: alcuni dati sul sistema italiano
Ma qual è la situazione italiana in merito alle pensioni? Lo scenario più recente è stato descritto nell’ultima relazione annuale sul risalente al 2021 e redatta dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Nel documento si leggono una serie di dati che possono essere così sintetizzati:
- al 31 dicembre 2020, i pensionati italiani erano pari a circa 16 milioni. Tra questi 7,7 milioni sono di sesso maschile e 8,3 di sesso femminile;
- le prestazioni previdenziali costituivano l’81% del totale, mentre quelle assistenziali il 19%;
- la categoria più numerosa di pensionati era rappresentata dalle pensioni di anzianità o anticipate, pari al 30,9% del totale. Seguiva la categoria delle pensioni di vecchiaia, pari al 24,5% e quella delle pensioni ai superstiti, con il 20,5%. Le prestazioni agli invalidi civili erano invece pari al 15,3%, mentre le prestazioni di invalidità previdenziale e le pensioni o assegni sociali erano rispettivamente il 5% ed il 3,9% del totale.
Altri dati sulle pensioni in Italia emergono dal rapporto Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, presentato a settembre 2021. Tale documento condivideva la visione positiva offerta del ministero dell’Economia circa la crescita economica del Paese, stimata al +5,9% e ribadiva che la spesa previdenziale italiana del 2019 era poco sotto il 14% del Pil, mentre la media dei paesi Ocse si fermava all’8,5%. Il rapporto, dunque, raccomandava di riformare necessariamente la spesa pubblica nonché la politica fiscale, al fine di integrare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).