Per giorni ha fatto, giustamente, notizia il ritiro di caffè contaminato dalla ocratossina. Via, via, però, si sono aggiunti possibili allarmi su formaggi, latte e carni suine. Senza che ce ne fossero le condizioni, spiega il professor Alberto Ritieni
Una delle notizie “calde e anche bollenti” che ha trovato in questi giorni, su diversi quotidiani a tiratura nazionale e su numerosi siti web, una vasta eco, è il ritiro dal mercato di caffè di cialde e capsule perché contaminate da una delle micotossine più conosciute e pericolose quale l’ocratossina.
Per i nostri lettori riassumiamo l’elenco dei prodotti richiamati
- Caffè Trombetta, in confezioni da 10 capsule di arabica da 55g, lotto 02AD07B, data di scadenza 07-02-2024.
- Caffè Zio d’America, in confezione da 50 capsule di arabica da 275g, lotto 02CD05B, data di scadenza 05-02-2024.
- Caffè Zio d’America, in confezione da 10 capsule di arabica da 55g, lotto 01CD07B.
- Caffè Consilia, in confezione da 18 cialde di arabica da 126g, lotto 01DD04B, data di scadenza 04-02-2024.
- Caffè Consilia, in confezione da 16 capsule di arabica da 112g, lotti 01ND02B e 01ND03B.
Questo ritiro dimostra innanzitutto che la rete di protezione a difesa dei consumatori ha funzionato, è stato individuato un pericolo per la nostra salute e si è subito intervenuti con il ritiro del prodotto dagli scaffali, ossia con il più rapido ed efficace degli strumenti a disposizione degli organi di controllo del nostro ministero della Salute per proteggerci.
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La pericolosità dell’ocratossina non è in discussione, é dimostrata da centinaia di lavori scientifici che ne valutano gli effetti cancerogeni, nefrotossici. Così come in generale la tossicità nei confronti dei forti consumatori di alcuni prodotti a rischio (come il caffè) e dei bambini che mangiano molti prodotti da forno, merendine etc.
L’ocratossina è nefrotossica e si pensa sia collegata alla Nefropatia Endemica Balcanica che si è poi rivelata causata anche da altri fattori come l’acido aristolochico o una predisposizione genetica delle popolazioni balcaniche.
È una delle sostanze più regolamentate nel panorama delle micotossine e una ricognizione del 2020 ha acceso l’attenzione verso questa micotossina per la sua inattesa presenza sulla tavola. Già oggi non si possono superare determinati livelli nel caffè e in altri alimenti e dal 1° gennaio 2023 entrerà in vigore il Regolamento Europeo 2022/1370 che riduce – tanto per rimanere nel caso che tanto ha fatto scalpore in questi giorni – il valore massimo di ocratossina nel caffè tostato dai 5 ug/Kg a 3 ug/Kg: un taglio dunque del 40%.
In ambedue i Regolamenti non viene però definito un limite per i prodotti di origine suina e di tipo lattiero-caseari. L’ocratossina, va detto, non può migrare nel formaggio, ma la sua eventuale presenza deriva dalle colonie di muffe che hanno contaminato il latte di massa prima di essere caseificato e rappresenta un brutto segnale di gestione della produzione.
Senza conoscere l’esatto valore della contaminazione di ocratossina trovata nel caffè, conosciamo l’esistenza del pericolo ma non possiamo stabilire il reale rischio a cui ci espone. Il concetto di dose/veleno è di aiuto, bassi valori della tossina, sia pure illegali ma tali da escludere i prodotti dal mercato, non sono sinonimo di grave rischio per la salute a meno di consumare una quantità di cialde tale da risultare improbabile.
Secondo aspetto da esaminare: considerando anche il nuovo Regolamento si rileva che i livelli di ocratossina ammessi sono stati ulteriormente ridotti per vino, caffè, cereali, spezie etc. ma, come detto, non si fa cenno a prodotti lattiero-caseari o carni tanto meno suine.
Eppure molti giornali hanno tirato in ballo proprio formaggi e carni suine come prodotti a rischio.
La misura del rischio per la salute richiede tre fasi distinte, la prima di valutazione, la seconda di gestione e la terza, non meno importante, di comunicazione dello stesso ai consumatori. Un errore di comunicazione ha nel passato inciso sull’economia di intere filiere molto importanti come la carnea o la casearia.
In Italia sono le linee guida stabilite dalla Circolare del Ministero della Salute n. 10 del 9/06/99 a dare un “valore guida” pari a 1 μg/kg per l’ocratossina A nei prodotti a base di carne suina e a valutare un rischio anche per i prodotti lattiero-caseari. È giusto che un paese possa proteggere maggiormente i suoi cittadini a fronte di consumi maggiori, di specifiche criticità del sistema agro-alimentare etc. Se il pericolo esiste, tanto da regolamentarlo a livello europeo, allora ben vengano le sirene d’allarme, i campanelli e quant’altro ci possa far evitare il pericolo e ridurre i rischi per tutti.
Non si può dissentire dalle politiche dell’EFSA e della Comunità Europea che debbono quanto più possibile ridurre questo rischio per la salute dei consumatori. La filiera del caffè, così come altre altrettanto importanti economicamente, hanno sotto controllo continuo e puntuale i livelli di ocratossina e il ritiro dagli scaffali delle cialde e delle capsule ne dimostra la prontezza nella gestione del rischio. Affiancare nella comunicazione filiere differenti, seppure collegate dal rischio della presenza di ocratossina, può provocare danni più grandi di quanto si possa pensare su settori già sofferenti per altri motivi.
È sempre importante contestualizzare il rischio per non creare nei consumatori la sensazione errata che sia diffuso e quindi non gestibile.