Il vaccino contro la varicella è obbligatorio nei bambini nati dal 2017. L’efficacia totale è ancora oggi oggetto di studi. L’intervallo di tempo tra la prima e la seconda dose può fare la differenza. Ma la vaccinazione è l’unica arma per azzerare la malattia e le conseguenze più gravi negli adulti.
Ancora oggi la varicella viene riconosciuta come una malattia infettiva altamente contagiosa ed epidemica. Significa che la varicella, malattia esantematica provocata dal virus Varicella zoster (Vzv), della famiglia degli Herpes virus, non è stata ancora debellata. Ma la campagna vaccinale italiana ne ha dimezzato l’incidenza, riducendo al minimo i rischi e le complicanze, ormai divenute rare.
I dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss) certificano questa tendenza in atto dai primi anni del Duemila. In Italia, dal 2003 al 2008 sono stati riportati mediamente 100mila casi di varicella all’anno. Dal 2009 si è già registrata una riduzione importante del numero di casi che sono scesi a circa 60mila l’anno, un dato costante fino al 2013. Dieci anni fa l’incidenza della malattia si è dimezzata.
La varicella è una malattia benigna. Tuttavia, se il virus che resta latente si riattiva, può provocare, anche a distanza di decenni, una manifestazione clinica localizzata, ossia l’herpes zoster, comunemente noto Fuoco di Sant’Antonio. La varicella è, inoltre, particolarmente pericolosa se contratta in gravidanza per le possibili conseguenze sul neonato, nelle persone immunodepresse e nelle persone anziane.
Per questi, e altri motivi, il vaccino contro la varicella è importante, soprattutto in giovane età, per limitare al massimo conseguenze future.
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Da che età i bambini possono fare il vaccino contro la varicella?
La dottoressa Francesca Ippolita Calò Carducci dell’Unità Operativa di Malattie Infettive e Immuno Infettivologia dell’Ospedale Bambino Gesù ribadisce l’importanza della vaccinazione nei bambini, contro la varicella. Questa malattia, insieme a rosolia, morbillo, pertosse e parotite, è annoverata fra le malattie contagiose dell’infanzia, che nella maggioranza dei casi colpiscono i bambini tra i 5 e i 10 anni.
La prima dose di vaccino contro la varicella si somministra tra i 12 e i 15 mesi di età del bambino. La seconda dose si somministra tra i 5 e i 6 anni.
Mentre, gli adolescenti non vaccinati, a partire dagli 11 anni devono ricevere due dosi a distanza di 28 giorni l’una dall’altra.
Per la vaccinazione contro la varicella è importante sapere che:
- Il vaccino contro la varicella è costituito da virus vivi resi innocui
- Il vaccino contro la varicella è obbligatorio per i nuovi nati dal 2017
- Il vaccino contro la varicella protegge dall’infezione altamente contagiosa causata dal virus varicella zoster
- Si può somministrare in unica iniezione sottocutanea attraverso il vaccino tetravalente MPRV, contro morbillo, parotite, rosolia e varicella
Il vaccino contro la varicella
Il vaccino contro la varicella è costituito da un virus vivo “attenuato”, cioè modificato tramite colture cellulari di fibroblasti per fare in modo che, una volta iniettato nel corpo, susciti una valida risposta immunitaria, ma non la malattia. “Infatti – osserva l’esperta Calò Carducci – il virus “attenuato” ha perso la capacità di moltiplicarsi facilmente nelle cellule umane. Ecco perché l’infezione naturale con il virus della varicella causa la malattia, ma il virus del vaccino della varicella non lo fa. Tuttavia, dato che è molto simile, e in parte si riproduce, induce una forte immunità contro la varicella che di solito dura per tutta la vita”.
Può essere un vaccino monovalente o tetravalente, in combinazione con quello contro morbillo, parotite e rosolia.
Due dosi di vaccino hanno una efficacia di oltre il 90% nel prevenire la varicella.
Chi si deve vaccinare contro la varicella?
L’obbligatorietà del vaccino nei bambini nati dal 2017 è fissato nell’attuale calendario vaccinale del ministero della Salute (Qui per consultarlo: https://www.salute.gov.it/portale/vaccinazioni/dettaglioContenutiVaccinazioni.jsp?lingua=italiano&id=4829&area=vaccinazioni&menu=vuoto). Il calendario prevede la vaccinazione del bambino a partire dal primo anno di vita, di solito combinato con quelli contro morbillo, parotite e rosolia.
In rari casi (ad esempio per pazienti con epilessia, convulsioni) si preferisce separare il vaccino contro la rosolia dagli altri vaccini, perché induce meno reazioni febbrili e quindi minor stimolo alle convulsioni.
La vaccinazione è inoltre raccomandata ai conviventi degli individui con problemi immunitari, pazienti senza precedenti di varicella con leucemia linfatica acuta in remissione, insufficienza renale cronica, candidati a trapianto d’organo, e persone con infezione da HIV senza immunodeficienza.
Quando bisogna evitare il vaccino contro la varicella?
Il vaccino contro la varicella non dovrebbe essere somministrato in caso di immunodeficienza grave, o di reazione allergica grave ad una precedente dose o agli eccipienti contenuti nel vaccino. Poiché il vaccino contro la varicella contiene gelatina, le persone con gravi reazioni allergiche a tale sostanza devono vaccinarsi con precauzione.
Inoltre, il vaccino contro la varicella non va somministrato in gravidanza, in caso di somministrazione di farmaci immunosoppressivi e di iniezione o infusione recente di immunoglobuline.
Il vaccino contro la varicella può far male?
Gli esperti registrano effetti collaterali da vaccino poco frequenti e modesti, più probabili dopo la prima dose piuttosto che dopo la seconda. Gli effetti collaterali possono comprendere dolore o gonfiore nel sito dell’iniezione, febbre, e comparsa di rare vescicole. Qualora compaiano vescicole il bambino è teoricamente in grado di contagiare persone immunodepresse – anche se con un virus attenuato – sebbene tale evento sia assai raro. La febbre, quando presente, può anche essere elevata. Per questo motivo possono verificarsi convulsioni febbrili in soggetti predisposti.
La dottoressa Calò Carducci precisa che “il vaccino combinato contro morbillo, parotite, rosolia e varicella è associato a una maggiore frequenza di eventi febbrili”, quindi con il vaccino unico “è possibile osservare un maggior numero di convulsioni febbrili”. In questo caso, nei bambini predisposti, i due vaccini vengono solitamente separati.
“La probabilità comunque è remota e tutti gli effetti collaterali osservati si risolvono spontaneamente”, rassicura l’esperta.
Cosa succede se prendo la varicella da grande?
Questo interrogativo è molto frequente. In passato la varicella era una malattia estremamente diffusa, dava complicanze infettive cutanee frequenti e 1 caso di polmonite e/o encefalite ogni 1000 casi. Negli Stati Uniti, prima della vaccinazione morivano oltre 100 persone l’anno che si sono ridotte a circa una decina dopo l’inizio della vaccinazione massa.
Ancora oggi, prendere la varicella da adulti può comportare superinfezioni batteriche delle lesioni cutanee, trombocitopenia, artrite, epatite, atassia cerebellare, encefalite, polmonite e glomerulonefrite. Tra gli adulti la complicanza più comune è la polmonite.
Gli anziani sono i soggetti più a rischio.
Perché è importante vaccinare i bambini?
Vaccinare i bambini significa proteggere il loro futuro e gli adulti e anziani con cui vengono a contatto, perché il virus della varicella si trasmette da uomo a uomo.
Il vaccino contro la varicella è totalmente efficace?
Per rispondere a questa domanda, l’Iss riporta l’esempio degli Usa. Da quando in America è stata introdotta la vaccinazione universale infantile contro la varicella, l’incidenza della malattia sia negli adulti che nei bambini è considerevolmente diminuita. Secondo i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) di Atlanta, tra il 1995 e il 1999 questa riduzione è stata pari al 75-83%. Sono diminuiti anche i ricoveri, le visite ambulatoriali, la mortalità e le spese del sistema sanitario legate alla varicella.
Tuttavia, numerosi casi di varicella si verificano in persone che hanno ricevuto il vaccino (breakthrough varicella). Negli Stati Uniti si sono verificati almeno 18 focolai di varicella dal 1997 e numerosi altri potrebbero non essere stati registrati. Come spiegato in un editoriale sul Journal of Infectious Disease da Eugene Shapiro, epidemiologo presso la Yale University, le manifestazioni cliniche della varicella nei vaccinati sono generalmente lievi e possono essere confuse con altre cause di rash cutanei.
È importante ottenere dati per chiarire se i casi di varicella in soggetti vaccinati siano legati ad un fallimento vaccinale primario, definito come l’incapacità di sviluppare una risposta immunitaria protettiva dopo una dose di vaccino, o a un fallimento vaccinale secondario, definito come la graduale perdita di immunità nell’arco di anni dalla vaccinazione dopo una risposta immunitaria iniziale dimostrata.
Una nuova ricerca, pubblicata sul Journal of Infectious Disease, suggerisce che l’immunogenicità di una dose di vaccino contro la varicella (cioè la capacità del vaccino di indurre una risposta anticorpale) potrebbe essere stata sovrastimata. Gli anticorpi contro il virus della varicella indotti dalla vaccinazione vengono misurati con diversi metodi. Il metodo gpElisa è stato adottato in molti trial clinici precedenti all’autorizzazione in commercio del vaccino. Utilizzando questo metodo, dopo una dose di vaccino antivaricella più del 95% dei bambini vaccinati mostra una risposta anticorpale (sieroconversione).
Dai recenti studi emerge che la maggior parte dei casi di varicella in bambini vaccinati con una sola dose potrebbe essere attribuita a un fallimento primario della vaccinazione. Per questo, secondo i ricercatori il giusto intervallo di tempo tra la prima e la seconda dose dovrebbe essere di pochi mesi, anziché di anni. Questa misura non avrebbe solo l’effetto di limitare il fenomeno dei focolai isolati di breakthrough varicella ma consentirebbe anche di prevenire future epidemie di varicella in persone vaccinate ma non adeguatamente protette.