L’olio usato, sia da cucina che minerale per auto e moto, non va disperso ma conferito negli appositi centri comunali. In alcuni centri virtuosi la raccolta viene effettuata casa per casa. Nel 2020 si è registrato un primo calo della raccolta di oli esausti. E quello dalle nostre case diminuisce ancora
L’ultimo rapporto “L’Italia del riciclo” del 2021, a cura della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha registrato una frenata della raccolta dell’olio esausto nel 2020. Un segnale preoccupante: “Serve maggiore sensibilizzazione”, è il titolo del capitolo dedicato alla raccolta di olio esausto nel nostro paese.
Le stime parlano di 290mila tonnellate di oli esausti immessi sul mercato nel 2020, con una contrazione del 20% rispetto al 2019. Di tali quantitativi, circa il 62% proviene dal settore domestico e il restante 38% da quello professionale, suddiviso tra i settori della ristorazione, dell’industria e dell’artigianato.
Un segno in controtendenza rispetto a un incremento che non accennava a rallentare da almeno 5 anni. Fino al 2020, quando come anticipato la raccolta degli oli e grassi alimentari esausti ha subito una contrazione complessiva di circa il 12% rispetto all’anno precedente, soprattutto a causa della pandemia. Si attendono gli aggiornamenti al 2021 per comprendere la portata di questa contrazione.
Colpa del lock down che ha limitato il lavoro della ristorazione, ma non solo. La riduzione nel 2020 è stata dell’11% per le utenze professionali e del 25% per quelle domestiche (che pure hanno funzionato a pieno regime) anche se, spiegano gli analisti del rapporto, “questo secondo tipo di raccolta rimane poco significativa”.
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“L’azione di informazione e sensibilizzazione svolta negli ultimi anni sul tema dell’olio e grasso vegetale e animale esausto, e della sua corretta gestione nei confronti di scuole, enti, Comuni e cittadini continua a mostrare i suoi effetti positivi”.
Quanto olio esausto viene raccolto in Italia
Gli autori del rapporto suggeriscono di fare un ulteriore passo avanti nell’intercettazione di flussi domestici di olio alimentare esausto in quanto rimane ancora alta la quantità di rifiuto non raccolto che viene sversato e disperso nell’ambiente con notevoli danni sia per gli impianti di depurazione (in termini economici) che per la salute.
Come va raccolto l’olio esausto
L’olio vegetale che utilizziamo in casa non va disperso negli scarichi domestici (lavabo o water). Una volta utilizzato in cucina o per la frittura dei cibi, deve essere lasciato raffreddare. Raccolto in bottiglie di plastica o contenitori sempre in plastica va portato nei centri di raccolta o piattaforme allestite dal proprio Comune di residenza. In molte località, soprattutto nelle amministrazioni più virtuose, la raccolta viene effettuata casa per casa, o presso i supermercati o luoghi dotati di contenitori. Alcuni negozi e centri della grande distribuzione organizzata propongono iniziative di raccolta olii usati in cambio di premi e incentivi per la spesa o per il consumo.
Dove sono i punti di raccolta dell’olio esausto?
Sul sito del consorzio Conoe sono elencate le aziende che si occupano della raccolta in Italia. Per avere informazioni sui punti di raccolta bisogna contattare il proprio Comune di residenza o geolocalizzarli sui portali amministrativi comunali. I Comuni devono allestire apposite isole ecologiche dove poter conferire anche olio minerale usato derivante da motori e auto (in questo caso è possibile contattare anche le officine meccaniche).
Il Conoe ha stilato una mappa dei centri di raccolta olio esausto che potrete consultare qui.
Non tutti i Comuni italiani si sono subito dotati di centri di raccolta. Tuttavia, la normativa (decreto legislativo 22 del 5 febbraio 1997, confluito poi nel decreto legislativo 3 aprile 2006 numero 152) prescrive l’obbligo della raccolta, del recupero e del riciclaggio degli oli e grassi vegetali e animali esausti. Così è indicato nel codice rifiuti.
Lo smaltimento illegale di oli esausti domestici è punito dal codice dell’ambiente con sanzioni molto salate. I gestori di attività commerciali rischiano anche l’arresto in caso di reati ambientali.
Quali oli esausti si possono riciclare?
Nei centri di raccolta possiamo portare tutti i tipi di olio vegetale e grasso animale utilizzati in cucina, olio di conservazione dei cibi in scatola (ad esempio tonno e verdure), olio e grasso alimentare deteriorato o scaduto (come lardo, strutto, burro).
NON vanno conferiti invece tutti i residui di alimenti solidi, oli minerali come gasolio, nafta, lubrificanti per moto.
Quando l’olio diventa esausto?
L’olio si ossida dopo le alte temperature, per via dell’esposizione all’ossigeno dell’aria e della presenza del cibo. Quindi si degrada, causando il distacco della glicerina dagli acidi grassi, formando l’acroleina. Dopo due fritture è già esausto e pronto per essere raccolto e riconvertito.
Una volta nello scarico…
Gettarlo nel lavandino o nei tombini può procurare seri danni alle tubature delle nostre case e delle fognature e soprattutto è nociva per l’ambiente, poiché inquina le falde acquifere e crea nel sottosuolo uno strato impermeabile che impedisce alle radici delle piante di assumere sostanze nutritive.
L’olio vegetale, pur essendo degradabile, quando finisce negli impianti fognari diventa di grave ostacolo agli impianti di depurazione.
Gli esperti hanno calcolato che un solo litro di olio esausto da cucina è sufficiente per contaminare circa 1 milione di litri di acqua.
Cosa accade all’olio esausto raccolto?
L’olio vegetale esausto raccolto e recuperato, viene opportunamente trattato da aziende specializzate, autorizzate e iscritte alla rete consortile di recupero. Dall’olio esausto si può ricavare:
- Estere metilico per biodiesel;
- Glicerina per saponificazione;
- Prodotti per la cosmesi;
- Lubrificanti vegetali per macchine agricole;
- Grassi per l’industria;
- Distaccanti per edilizia;
- Altri prodotti industriali;
- Recupero energetico e abbinamento con altri combustibili. Qui per saperne di più su biodiesel e cosmetici naturali ricavati da olio esausto)
Il biodiesel è la destinazione primaria degli oli esausti recuperati (circa il 90%). Si tratta di un combustibile vegetale non tossico e completamente biodegradabile. Il biodiesel può essere utilizzato come carburante per autotrazione in sostituzione o miscelazione di carburanti di origine fossile. Il biodiesel contribuisce a ridurre la quantità di CO2 immessa nell’aria dai veicoli del settore trasporti.
Come funziona la raccolta
Il 2002, esattamente 20 anni fa, entra in rodaggio l’attività del consorzio italiano Conoe (cominciata nell’ottobre 2001), con la funzione di organizzare, controllare e monitorare la filiera degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti a fini ambientali, a tutela della salute pubblica e, allo scopo di ridurre la dispersione del rifiuto trasformando un costo ambientale ed economico in una risorsa rinnovabile.
Da quel 2002 a oggi la raccolta e il quantitativo di oli rigenerati sono cresciuti. Nel frattempo sono aumentate costantemente le adesioni al Conoe, un sistema consortile che oggi raccoglie 12 associazioni di categoria in rappresentanza di oltre 300mila produttori di olio esausto. E ancora: 1 associazione di categoria che rappresenta oltre 500 aziende di raccolta e stoccaggio, 1 associazione e oltre 60 aziende di rigenerazione per il riciclo del rifiuto in materie prime, 4 associazioni di categoria in rappresentanza dei produttori di oli alimentari.
Ma è solo con un decreto ministeriale del 2003 che viene istituito un contributo a carico dei produttori di oli vegetali, sulla base del cosiddetto decreto Ronchi del lontano 1997. È proprio con l’articolo 47 del decreto legislativo 22 del 1997 che viene istituito il Conoe. Comincia da quella data il lungo e faticoso percorso fondato sul principio di porre il costo dello smaltimento a carico dei produttori delle fonti di inquinamento.
Con i proventi del contributo del 2003 viene finanziato il Conoe, che è acronimo di Consorzio Obbligatorio Nazionale raccolta e trattamento Oli e grassi vegetali e animali Esausti.
Va precisato che il Conoe, al pari di altri consorzi nazionali di gestione rifiuti, opera senza scopo di lucro e non svolge attività commerciali. “L’importante presenza di stakeholder del mondo imprenditoriale – spiega il consorzio – consente la massima compensazione dei conflitti di interesse”.
Le associazioni ambientaliste sono in gran parte al fianco dei consorzi poiché sembra chiaro che, senza l’introito dei contributi, realtà come il Conoa non riuscirebbero a decollare, con gravi conseguenze sull’ambiente e sull’opera di sensibilizzazione rivolta ai cittadini.
Quanto vale l’olio esausto?
Come illustrato nel rapporto “L’Italia del Riciclo”, la curva del valore dell’olio vegetale esausto ha subito un’oscillazione al rialzo, passando da una media annuale di 584 euro ogni tonnellata nel 2016 a un valore di 646 nel 2017 (+10,62%) per poi riscendere a 564 euro nel 2018. Nel biennio 2019/2020 si è registrata una crescita significativa del valore, superando abbondantemente i 620 euro.
Oggi, con la crisi energetica in atto, la raccolta di oli esausti è una delle tante soluzioni offerte dall’economia circolare per un nuovo futuro energetico più sostenibile.
Il rischio frodi
L’Europa importa molto olio da cucina usato (Uco) per utilizzarlo come biofuel, soprattutto in campo agricolo. Ma una ricerca del 2021 ha messo in discussione l’impatto ambientale dell’aumento delle importazioni di questo liquido di scarto. In questo articolo parliamo di un fenomeno che rischia di trasformarsi in boomerang per l’ambiente con il pericolo che possa aumentare anche le frodi.