Degli ftalati sappiamo tutto: perché vengono usati nella plastica – grazie alla loro capacità di renderla più morbida – e quali rischi sono connessi al loro uso. Un nuovo studio getta ulteriori ombre: esiste un nesso causale tra il fibroma uterino e gli ftalati ambientali
Un nuovo studio condotto dalla Northwestern Medicine ha per la prima volta messo in evidenzia un nesso causale tra il fibroma uterino, il tumore benigno più comune nelle donne, e gli ftalati ambientali, una famiglia di sostanze chimiche molto utilizzata.
Cosa sono gli ftalati
Come spieghiamo in questo articolo, gli ftalati debuttano un secolo fa, negli anni Venti del Novecento. Il destino di questa famiglia di sostanze si lega indissolubilmente a quello della plastica, che di lì a breve invaderà la società moderna. Infatti, questo “miracoloso” composto rende flessibili e malleabili i prodotti di plastica come quelli in PVC, polivinilcloruro, che altrimenti sarebbero rigidi e poco pratici.
In Europa sono in parte vietati, limitati o soggetti a restrizioni in concentrazione superiore allo 0,1%. Questi divieti però non si applicano agli articoli esclusivamente per uso industriale, agricolo o all’aperto a condizione che nessun materiale entri in contatto con la mucosa o la pelle umana, così come a tutti gli articoli acquistati all’estero o immessi sul mercato prima del 7 luglio 2020.
La dispersione nell’ambiente
Ora questa ricerca accende i riflettori anche sulla loro dispersione nell’ambiente.
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Il nuovo studio ha rilevato che le donne con un’elevata esposizione a determinati ftalati come il dietilesilftalato – il Dehp, il plastificante più frequentemente utilizzato per ammorbidire i dispositivi medici in pvc – mostrano una crescita maggiore e altrimenti ingiustificata dei fibromi uterini.
Cosa sono i fibromi uterini
Come dicevamo, si tratta della forma di tumore benigno più diffuso nelle donne in età fertile: riginano dal tessuto muscolare dell’utero possono essere singoli o multiplie svilupparsi verso la cavità uterina (fibromi sottomucosi o endocavitari), nello spessore della parete uterina (fibromi intramurali) o verso l’esterno dell’utero (fibromi sottosierosi). Le dimensioni di questi tumori benigni sono molto variabili: possono infatti andare da pochi millimetri fino a una grandezza pari a quella di un’anguria.
Precedenti studi epidemiologici avevano già indicato un’associazione tra l’esposizione agli ftalati e la crescita del fibroma uterino, ma “ora siamo riusciti a trovare i meccanismi alla base di questo legame”, annunciano i ricercatori americani.
Il Dehp è a tutti gli effetti un interferente endocrino in grado di scatenare un percorso ormonale che attiva la via della chinurenina. L’esposizione ad alcuni ftalati noti come DEHP, di-2-etilesilftalato, può attivare un pathway ormonale che, a sua volta, attiva un recettore che lega il DNA e causa un aumento della crescita dei fibromi. Si tratta dello stesso recettore coinvolto nella risposta alla diossina