Raggi ultravioletti, diabete e fumo: le tre cause principali della cataratta

cataratta

Il 50% della popolazione tra i 65 e i 74 anni soffre di cataratta ma non mancano i casi in cui questa patologia dell’occhio si manifesta in giovane età. Quali sono i sintomi e come è possibile prevenirla evitando comportamenti scorretti

La cataratta è una patologia degenerativa della vista che colpisce molte persone. Si tratta, più nello specifico, di una patologia che comporta un’opacizzazione del cristallino, ovvero la lente necessaria per la messa a fuoco delle immagini sulla retina, collocata dietro la parte colorata dell’occhio, cioè l’iride. Chi soffre di cataratta, dunque, ha come un velo “lattiginoso” che, progressivamente, impedisce alla luce di raggiungere la retina, ostacolando la vista. Si tratta di un problema tipicamente associato all’invecchiamento, che tende ad insorgere dopo i 60 anni d’età (prendendo, in questo caso, il nome di cataratta senile). È una problematica abbastanza diffusa nella popolazione, basti pensare che la cataratta è al terzo posto tra le cause di disabilità negli anziani, dopo l’artrite e le malattie del cuore. I dati lo confermano: ben il 50% della popolazione tra i 65 e i 74 anni ed il 70% degli over 75 soffre di cataratta. Non mancano, tuttavia, casi in cui la cataratta si manifesta in giovane età. In quest’ultimo caso la stessa ha un’origine congenita o può essere causata da farmaci, traumi o malattie agli occhi o sistemiche. In base a quanto detto, possiamo distinguere ben quattro tipologie di cataratta:

  • senile;
  • giovanile;
  • congenita;
  • infantile.

Le cause della cataratta

Ma perché la cataratta è una patologia visiva così diffusa e, soprattutto, quali sono le sue origini? Per quanto riguarda le cause dell’insorgere della cataratta, l’opacizzazione è causata dall’aggressione e dall’ossidazione delle proteine del cristallino, un processo noto e diffuso in tutto l’organismo che progredisce con l’invecchiamento. Vi sono, tuttavia, altre possibili cause alla base di questa patologia, come l’esposizione prolungata ai raggi ultravioletti, il diabete o il fumo. Inoltre, non sono rari i casi in cui siano altre patologie dell’occhio ad aumentare le probabilità di sviluppare la cataratta. Si tratta nello specifico:

  • della retinite pigmentosa;
  • della miopia,
  • del distacco della retina;
  • di infezioni di herpes zoster.

Anche corticosteroidi ad alte dosi per una durata prolungata, scottature chimiche alcaline dell’occhio, obesità o scarsa nutrizione e livelli ridotti di antiossidanti favoriscono l’insorgere di problemi al cristallino. Infine, altre cause sono rinvenibili nella disidratazione associata a diarrea cronica, uso di lassativi in anoressia nervosa, uso di ossigenazione iperbarica, traumi perforanti dell’occhio e shock elettrico.

I sintomi della cataratta

Fin qui abbiamo detto che una delle principali cause della cataratta sia l’invecchiamento. Con l’aumentare dell’età, infatti, il cristallino perde la sua fisiologica e naturale trasparenza. Si verifica inoltre un agglutinamento o aggregazione di proteine dello stesso, condizione che conduce alla dispersione della luce. Tale situazione fa si che si accumuli un pigmento marrone/giallognolo dovuto all’esaurimento del cristallino, al quale si associa una diminuzione della quantità di ossigeno, della vitamina C e di un importante antiossidante come il glutatione. Al tempo stesso si verifica nel cristallino un aumento del sodio e del calcio che porta ad un annebbiamento progressivo della vista, a volte con abbagliamento alla luce frontale, allo sdoppiamento delle immagini e, talvolta, un iniziale – e curioso – miglioramento della vista stessa.

Diagnosi della cataratta

I metodi utilizzati dagli oculisti per diagnosticare la cataratta sono:

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  • l’esame biomicroscopico completo con lampada a fessura;
  • l’esame completo della refrazione e dell’acutezza visiva;
  • altre indagini in previsione di intervento, quali:
  1. ecobiometria (per valutare le caratteristiche delle lenti da inserire al posto del cristallino opacizzato);
  2. biomicroscopia dell’endotelio corneale (per valutare le condizioni della cornea e individuare eventuali condizioni che possano aumentare i rischi legati all’intervento);
  3. ecografia bulbare (per valutare la morfologia della retina e della cavità interna dell’occhio laddove la cataratta sia talmente grave da non permettere l’esplorazione profonda delle strutture con altri esami);
  4. eventuali esami retinici (fluorangiografia – tomografia OCT);
  5. topografia e tomografia corneale (per determinare lo spessore e la forma della cornea, la lente più importante dell’occhio);
  6. campimetria computerizzata e pachimetria corneale;
  7. valutazione della motilità con visita ortottica.

È consigliato, pertanto, sottoporsi ad una visita oculistica periodica oltre i 60 anni di età, anche in assenza di sintomi specifici.

Come può essere trattata la cataratta

Non esiste alcun trattamento farmacologico per curare o rallentare l’avanzamento della cataratta. L’unica attività attualmente disponibile per la risoluzione di tale problematica è quella dell’intervento chirurgico. Questo consiste nell’asportazione della parte opacizzata del cristallino e nell’impianto di una lente sostitutiva di materiale plastico, che prende il nome di cristallino artificiale.

L’obiettivo prefissato dell’intervento alla cataratta è quello di sostituire il cristallino preservandone la capsula naturale, la quale è costituita da un involucro sottilissimo di soli 5 micron di spessore. La sostituzione chirurgica del cristallino può essere effettuata con varie metodologie e con l’evoluzione del settore medico la procedura ha subito delle migliorie. Difatti, l’ultima novità disponibile è rappresentata dal laser a femtosecondi, il quale divide il cristallino in tanti piccoli blocchi per poi aspirare il materiale da rimuovere senza dover utilizzare gli ultrasuoni per fluidificarlo, come avveniva in passato. Tale tipologia di laser presenta molti vantaggi in termini di precisione e di sicurezza. Lo strumento, infatti, emette una luce ad infrarossi della durata di un femtosecondo, la quale genera il taglio della cornea e l’apertura della capsula contenente il cristallino. Quest’ultimo viene diviso in tanti piccoli cubi che vengono in seguito aspirati in modo agevole. Il laser permette di intervenire con accuratezza e molta precisione, anche grazie alla ricostruzione tridimensionale dell’occhio che viene effettuata in fase pre-operatoria, mediante tomografia ottica computerizzata (OCT).

Di solito, quando entrambi gli occhi sono affetti dalla patologia, viene trattato un occhio per volta, con un intervallo tra i due interventi chirurgici di alcune settimane, preferibilmente mesi. Dal momento che l’intervento viene effettuato per migliorare il funzionamento della vista, il ritardo per l’altro occhio dà tempo al paziente ed al medico di valutare se i risultati del primo intervento sono stati tali da precludere la necessità di una seconda operazione. Un adeguato intervallo di tempo tra i due interventi permette al primo occhio di recuperare e, se dovessero insorgere delle complicazioni, il chirurgo potrà decidere di effettuare la seconda operazione con tecniche diverse.

Dopo la rimozione del cristallino si dice che il paziente è afachico, ovvero senza il cristallino. Quest’ultimo, come detto, focalizza la luce sulla retina, e deve dunque essere sostituito per permettere al paziente di tornare a vedere nitidamente. Vi sono tre possibilità di sostituzione del cristallino:

  • occhiali afachici, si tratta di una soluzione che può provocare un senso di disorientamento, in quanto limita la vista periferica. Non offrono, inoltre, una vista binoculare – ovvero la capacità di entrambi gli occhi di focalizzarsi su un oggetto e di fondere le due immagini in una – se l’altro occhio è fachico;
  • lenti a contatto, si tratta di un’opzione migliore rispetto alla prima, in quanto offrono al paziente una vista quasi normale, ma devono essere rimosse periodicamente per la loro pulizia. Infatti una frequente manipolazione ed un’impropria disinfezione aumentano il rischio di infezione;
  • impianto della lente intraoculare, ovvero la soluzione più gettonata. Nel 90% dei casi, infatti, si ricorre all’inserimento di una lente intraoculare durante un intervento di cataratta. In tal modo si va a diminuire il rischio di edema maculare, del glaucoma secondario nonché di danni all’endotelio della cornea. Si tratta di una soluzione sconsigliata in caso di pazienti con uveite recidivante, retinopatia biabetica proliferativa, glaucoma neovascolare o iridis rubeosis.

In generale vi sono numerose novità che riguardano le lenti. Vi sono, infatti, diverse tipologie di lenti che non solo correggono l’opacità del cristallino, ma intervengono anche su eventuali difetti refrattari del paziente. Vi sono delle lenti che consentono la messa a fuoco contemporanea da vicino e da lontano, senza gli inconvenienti delle lenti multifocali – le quali correggono contemporaneamente miopia e presbiopia, consentendo di vedere sia da lontano che da vicino – o le lenti toriche – finalizzate alla correzione dell’astigmatismo-. Le lenti verranno scelte in base alle esigenze del paziente.

Per capire quando intervenire per la rimozione della cataratta occorre guardare al suo grado di evoluzione e al disagio visivo che essa comporta al paziente nello svolgimento delle attività quotidiane più comuni. La decisione, dunque, coinvolge sia il medico che il paziente.

Come prevenire l’insorgere della cataratta

Per prevenire la cataratta è anzitutto importante seguire un’alimentazione ricca di cibi contenenti antiossidanti naturali (come frutta e verdura), cercando di mantenere un sano rapporto tra altezza e peso. È consigliabile, poi, l’utilizzo di occhiali da sole quando si è in presenza di luce forte, nonché il controllo dei livelli di zuccheri nel sangue e della pressione sanguigna. È, infine, sicuramente consigliabile l’astensione dal fumo.