Chi (e come) può presentare un ricorso al Tar, il Tribunale amministrativo regionale. Le controversie, il procedimento e i termini previsti dalla legge
L’Italia è tristemente nota per avere una macchina statale estremamente lenta e burocratica che, in alcuni casi, porta a degli errori commessi nei confronti delle persone fisiche. L’ordinamento giuridico riconosce a queste la possibilità di potersi difendere e far valere la propria posizione nei confronti dello Stato appellandosi al Tar, Tribunale amministrativo di primo grado, con sede regionale. Questo tribunale ha competenze specifiche per la risoluzioni di problematiche che le persone fisiche hanno nei confronti degli organi della Pubblica amministrazione: ovvero dello Stato, di una Regione, di una Provincia o di Comune. Ma quali sono le modalità per fare ricorso al Tar? Iniziamo subito col dire che andranno rispettati termini e procedure per presentare le proprie istanze, altrimenti si perderà la possibilità di far valere il proprio diritto.
Il ricorso al Tar
In Italia sono presenti venti tribunali amministrativi regionali, uno per ogni capoluogo di Regione, ma il più importante è il Tar del Lazio in quanto si occupa anche della risoluzione delle controversie nazionali, oltre a quelle del proprio territorio di giurisdizione. In ogni tribunale amministrativo sono presenti 5 magistrati amministrativi regionali e un Presidente scelto tra i presidenti di sezione del Consiglio di Stato o tra i consiglieri di Stato.
In base a quanto stabilito dall’ordinamento italiano, possono fare ricorso al Tar tutti i singoli cittadini che ritengano di essere stati i destinatari di un provvedimento amministrativo lesivo di un proprio interesse legittimo. Ci sono poi dei requisiti essenziali per il ricorso:
- l’impugnazione dell’atto deve avvenire entro il termine di 60 giorni dalla sua emissione o dalla notifica;
- il singolo ricorrente deve essere affiancato dalla difesa di un avvocato esperto del diritto amministrativo. Questo ha il compito di depositare il ricorso al Tar presso gli uffici della segreteria del tribunale, mentre è il giudice a fissare la data dell’udienza.
In mancanza di questi requisiti essenziali, il Tar rigetta la domanda di ricorso senza nemmeno consultarla. Sono poi previste delle fattispecie specifiche per le quali si può porre in essere un ricorso al Tar. In linea generica è possibile affermare che l’impugnazione degli atti avviene per chiedere al Tribunale amministrativo un giudizio di legittimità , ma non mancano anche delle situazioni nelle quali può essere richiesto al Tar di entrare in questioni di merito.
Come funziona il ricorso al Tar
Per i ricorsi contro un provvedimento della pubblica amministrazione, sono previsti due gradi di giudizio:
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- l’ordinario di primo grado con fase cautelare. In questo caso vengono congelati gli effetti del provvedimento, e fase di merito (entro 45 giorni dall’udienza di merito, che potrà avvenire anche dopo molti mesi, il ricorrente sa se il ricorso è stato ammesso o rifiutato);
- quello affidato al Consiglio di Stato in caso di impugnazione.
Il primo step che deve porre in essere il cittadino che intende appellarsi al tribunale amministrativo è quello di nominare un legale specializzato in diritto amministrativo il quale, come detto, dovrà presentare il ricorso agli uffici del Tar. Il giudizio verrà instaurato dal giudice entro i successivi 30 giorni.
Si andrà poi alla fase dibattimentale, con il procedimento che potrà essere caratterizzato anche da più udienze. Al termine di questa fase il giudice del Tar emette la sentenza di primo grado che, così come previsto per le cause civili e penali, potrà essere impugnata in sede di appello. Il tribunale di secondo grado per il diritto amministrativo è il Consiglio di Stato al quale andrà presenta la richiesta d’appello entro 60 giorni dalla notifica della sentenza del Tar.
Qualora anche dopo la sentenza di secondo grado il ricorrente continuasse a ritenere leso un proprio diritto o di aver ricevuto un ingiusto trattamento, potrà appellarsi alla Cassazione. In questo caso, però, è necessario che venga messa in discussione la legittimità giurisdizionale, ritenendo ad esempio che il caso in questione debba rientrare nella giustizia civile e non in quella amministrativa.
I termini per il ricorso
Per poter effettuare un ricorso al Tar è necessario che il ricorsista rispetti i termini previsti dalla legge per l’impugnazione di un atto amministrativo. Questi cambiano a seconda che si tratti di:
- decadenza, ovvero il termine massimo entro il quale è possibile impugnare l’atto amministrativo. La scadenza in questo caso è di 60 giorni dalla data di notifica dell’atto;
- prescrizione, ovvero il termine massimo entro il quale si può far valere diritto verso la Pubblica amministrazione. La scadenza in questo caso è di 10 anni dal giorno di emissione del provvedimento amministrativo. Al dato pratico questo permette al cittadino, anche dopo il ricorso fatto al Tar non andato a buon fine, di agire nuovamente entro 10 anni.
Quanto dura il processo
A causa del gravoso numero di pratiche da gestire, il processo per i ricorsi al Tar in Italia ha una durata nettamente maggiori rispetto ad altri Paesi europei. Entrando più nel dettaglio, si stima che un processo amministrativo per impugnare un atto emesso dalla Pubblica amministrazione in Italia duri circa 2 anni. I tempi decisionali lunghi comportano il rischio di condurre ad un provvedimento che possa rivelarsi di scarsa utilità per il cittadino.
I costi da sostenere
Quando si decide di appellarsi ad un presunto ingiusto trattamento ricevuto dalla Pubblica amministrazione, è opportuno avere ben chiaro quali saranno le spese da sostenere. Per quanto ogni processo sia da considerarsi a sé stante, le medie italiane riportano di costi fissi per un processo amministrativo che oscillano tra i 3.500 e i 4.000 euro. Si tratta di importi indicativi che potrebbero infatti subire delle profonde modifiche in base alle parcelle previste dai singoli avvocati.
Chi non dispone di tali cifre può sfruttare le agevolazioni previste dalla legge con il patrocinio gratuito, disciplinato dal Dpr n.115/2002. Si tratta di una forma di tutela per i cittadini che appartengono ad una fascia di reddito bassa (redditi inferiori agli 11.528,41 euro) che prevede per gli stessi la possibilità di un patrocinio gratuito.
I poteri del Tar
Dopo aver visto come un cittadino può appellarsi a decisioni prese dagli organi della Pubblica amministrazione che ritiene lesive e ingiuste per la sua posizione, ci soffermiamo ora sul ruolo del Tar e sui suoi poteri.
Il Tar, come detto in precedenza, è il tribunale amministrativo di primo grado con sede regionale che ha il compito di disciplinare le controversie nata tra la Pubblica amministrazione e le persone fisiche. Si fa notare che il Tar ha sede regionale ed è sito usualmente nel capoluogo di Regione, anche se ci sono dei casi nei quali il tribunale è presente anche in altre città . È il caso, ad esempio, della Lombardia, dove sono presenti due Tar: uno a Milano ed un’altro a Brescia.
Al tribunale amministrativo viene riconosciuto dall’ordinamento italiano il potere di emettere sentenze di primo grado. Queste possono andare in diverse direzioni e:
- annullare un atto presentato dal cittadino;
- modificare un atto per il verificarsi di specifiche condizioni che lo prevedano;
- revocare un atto.
Affinché il tribunale amministrativo si esprima su una determinata fattispecie è necessario che il cittadino provveda all’impugnazione dell’atto che ritiene ingiusto o lesivo nei suoi confronti.
Il semplice ricorso al Tar non implica che la richiesta venga accettata dal tribunale amministrativo che agisce solo in presenza di vizi di legittimità del provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione. Si tratta, più nello specifico, dei seguenti casi:
- incompetenza e violazione della legge, ovvero quando l’atto è in contrasto con una norma che, solitamente, è stata interpretata giuridicamente in maniera errata;
- presenza di vizi di forma, ovvero si registra la mancanza di alcuni elementi essenziali per rendere valido l’atto. Il caso più comune è l’assenza di una motivazione;
- eccesso di potere, ovvero in quei casi in cui vi è una disparità di trattamento che rende illogica la motivazione riportata.