Troppi Pfas e troppo glifosato nelle acque del Veneto, e soprattutto della zona del Polesine. A dirlo è il rapporto sullo stato delle acque superficiali realizzato dall’Arpav
Troppi Pfas e troppo glifosato nelle acque del Veneto, e soprattutto della zona del Polesine. A dirlo è il rapporto sullo stato delle acque superficiali realizzato dall’Arpav.
Secondo il rapporto, il Pfos, l’acido perfluoroottansulfonico, vietato perché riconosciuto cancerogeno e interferente endocrino, insieme agli Ampa del glifosato, sono presenti in oltre il 50% delle acque analizzate, in quantità oltre i valori massimi.
I numeri
In particolare, i Pfos sono oltre i limiti in oltre 15 stazioni di rilevamento in Polesine. Uno nel Poazzo, parrebbe dalla mappa, e gli altri equamente divisi fra Adige e Po, con uno dei valori più alti nel Delta, nel Po di Goro, e uno all’altezza di Badia. L’arpav scrive: “Il maggior numero di siti che presentano superamenti degli standard di qualità di Pfos è connesso al noto fenomeno di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) delle acque superficiali e delle falde acquifere interessanti territori delle province di Vicenza, Verona e Padova (lo scandalo dell’ex Miteni, ndr). Le contaminazioni dei fiumi Po e Livenza sono molto probabilmente di origine esterna alla regione del Veneto. È in corso un approfondimento di alcune contaminazioni di Pfos evidenziate dal monitoraggio, attualmente non riconducibili a pressioni note. Tra i corpi idrici monitorati nel 2021, non hanno registrato la presenza di Pfos: il fiume Brenta fino allo sbarramento di ponte Carturo, il primo corpo idrico del torrente Timonchio e il fiume Piave. I corpi idrici, che hanno registrato nel 2021 le concentrazioni medie più elevati di Pfos sono stati: rio Acquetta, fiume Togna, scolo Fossiello, fiume Brendola, fiume Guà , fiume Retrone, scolo Riello, scolo Cordano e torrente Alpone”. In tutto il Veneto sono 92 le stazioni che hanno sforato con i Pfos.
Pesticidi, le sostanze più presenti
Per quanto riguarda invece i fitofarmaci, il report spiega: “La valutazione dello stato chimico nel 2021 ha interessato 379 punti di monitoraggio e 355 corpi idrici. Il 74% delle stazioni sono state valutate con stato chimico buono, mentre 99 siti e 91 corpi idrici sono risultati in stato chimico non buono per 7 superamenti dello Standard di qualità ambientale-concentrazione massima ammissibile (Aclonifen, Cibutrina, Dichlorvos, Eptacloro) e 100 superamenti dello Standard di qualità ambientale-medio annuo (Pfos lineare, Cibutrina, Dichlorvos, Eptacloro, Nichel e Trifluralin). I bacini idrografici che presentano il maggior numero di non conformità sono il bacino idrografico Bacchiglione, il bacino Fratta Gorzone e il bacino scolante nella laguna di Venezia. Le province maggiormente interessate sono Padova e Vicenza”.
Le perplessità sulla versione “ridotta” di monitoraggio e report
Il Gazzettino, che riporta la notizia, punta il dito contro un aspetto in Particolare del rapporto: “il taglio di tutte le tabelle con i dati numerici degli inquinati, fiume per fiume, punto di rilevazione per punto di rilevazione, che permetteva di valutare nel dettaglio i risultati dei campionamenti. Un taglio che impedisce di capire a fondo. Non a caso, rispetto ai rapporti mediamente di 300 pagine degli anni passati, quest’anno è tutto condensato in una appena una cinquantina. Nessun valore numerico relativo alle sostanze, solo una mera elencazione generale, con pallini colorati su piccole cartine mute, che non dà il giusto valore al lavoro di analisi dei tecnici di Arpav, anche perché sul portale i dati grezzi ci sono, ma in un formato tale da renderne ardua la comprensione, rispetto alle ottime griglie delle edizioni passate”.