Il polivinilcloruro, noto come Pvc, è un derivato del cloruro di vinile. È un composto “plastico” usato in molti oggetti di uso quotidiano (dalle pellicole, agli infissi alle tubature) ma può avere conseguenze sulla salute e sull’ambiente
Talmente versatile da essere impiegato praticamente ovunque, il polivinilcloruro di vinile o Pvc è una combinazione tra due sostanze in particolare: il cloro e l’etilene. Unite insieme diventano dicloruro di etilene, un materiale tutt’altro che amico della pelle, oltre che dell’ambiente.
Appartenente dunque alla famiglia del cloro, il cloruro di vinile viene impiegato nella produzione di articoli per la casa (pannelli, carta da parati, infissi, pavimentazione, tende, mobili da giardino), nella produzione di giocattoli, di articoli musicali, fino alla produzione di carte di credito, pellicole, scatole, materiale impiegato nell’edilizia, e, non ultimo, nel processo di imbottigliamento delle acque minerali.
Nonostante il Pvc passi inosservato per il largo utilizzo, appartiene a una delle categorie industriali ritenute altamente pericolose. Ciò non ha impedito che tonnellate e tonnellate di questo materiale venissero immesse nell’ambiente, causando danni di ingente entità e di difficile risoluzione. La base di cloro, combinandosi con altri elementi, diventa altamente nociva, ma quali sono i danni per la nostra salute e quella della Terra?
Cloruro di vinile e danni per la salute
La pericolosità del cloruro di vinile non è classificabile in una sola fase del ciclo di produzione, restando di fatto nocivo in ogni processo che ne determina il prodotto finale. Diversi i paesi che hanno cercato di correre ai ripari, già a partire dagli anni novanta, quando il governo tedesco diede incarico a un gruppo di tecnici (Comitato di esperti di problemi ambientali della Repubblica federale tedesca) di esprimersi a riguardo.
Gli esperti, già da allora, si associarono al coro di tecnici e di ingegneri che ritenevano un grave errore l’aver introdotto il cloro nell’industria, tanto da farlo divenire, a torto, un elemento centrale nello sviluppo industriale del secolo scorso. Vero è che allora non si era ancora a conoscenza dei danni causati dal cloruro di vinile, né tantomeno dal cloro stesso.
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Ciò che rende il cloro e i suoi combinati (compreso il cloruro di vinile) così pericoloso per la nostra salute è la facilità con cui viene assorbito dalla pelle, diventando causa di tumori, di problemi legati ai reni, al fegato e non solo. Può inoltre causare malformazioni per i nascituri, o essere concausa negli aneurismi o nelle emorragie.
Occorre ringraziare il bando mondiale dell’incenerimento in mare, che, sempre nel 1990, fece sì che si passasse all’incenerimento a terra (altrettanto responsabile di emissioni tossiche), mettendo fine alle discariche e agli incenerimenti in mare.
La pericolosità della diffusione del cloruro di vinile è che spesso, invece che finire in discarica, diventa “altro”, come nel caso dell’utilizzo nelle lavasecco, dove viene usato sotto forma di solvente percloroetilene (accusato di poter essere cancerogeno). Pensiamo inoltre al DDT, ad alcuni deodoranti per l’ambiente bagno, o ai pesticidi: ognuno di essi, può contenere combinati a base di cloro.
Tossico per l’acqua, per la terra e addirittura per l’aria, il Pvc, in molti paesi, è ancora presente nelle tubazioni che si collegano con gli acquedotti, diventando causa di contaminazione. Ecco come tracce di cloruro di vinile sono state trovate nelle aree di passaggio delle acque sotterranee, e addirittura nei cibi.
Dall’acqua, al cibo, fino al nostro corpo, dove il cloruro di vinile viene assorbito diventando pericoloso per milza, reni, fegato, passando al termine per le urine, ma sempre in quantità esigue. Per quanto non sia scontato che gli accumuli di questo elemento nel corpo possano diventare significativi, dai test sugli animali emerge una contaminazione che può causare mutazioni a livello cromosomico.
Sempre dai test su roditori come criceti e ratti, si conferma l’effetto cancerogeno del cloruro di vinile, dimostrato in patologie come alcune forme tumorali gravi. Tornando alle conseguenze sull’uomo, rientra la pseudosclerodermia e il fenomeno di Raynaud. Ciò che maggiormente ha fatto conoscere le conseguenze del cloruro di vinile sul corpo umano, sono gli studi condotti su numerosi lavoratori del settore industriale che sono entrati in contatto con il materiale, inalandolo.
Sono stati proprio i risultati di questi studi a far sì che il cloruro di vinile venisse classificato quale cancerogeno dallo Iarc, proprio perché risultato innegabile il nesso tra i tumori comparsi e l’esposizione a cui i lavoratori sono stati sottoposti.
Utilizzo e sintomi di avvelenamento
Proseguendo con l’analisi dei combinati del cloruro di vinile e delle loro conseguenze, occorre soffermarsi sul dicloruro di etilene. Parliamo di un gas che, oltre ad essere particolarmente infiammabile e tossico, risulta essere altamente cancerogeno. Usato per la maggiore nella produzione destinata all’impiego nel Pvc, il dicloruro di etilene è causa di problemi di salute con precisi sintomi.
Si tratta di veri e propri segnali di avvelenamento come la cattiva circolazione, i danni epatici, le lesioni della pelle, la decalcificazione ossea, la deformazione delle dita, senza tralasciare le difficoltà respiratorie e l’impotenza.
Vale la pena tornare al Pvc, nella sua composizione, per parlare di ciò che potrebbe accadere in caso di incendio. Considerata la già specificata diffusione del Pvc all’interno delle nostre case, dagli arredi ai corredi fino agli infissi e ai materiali per l’isolamento come fili e cavi, è facile comprendere la prima criticità, ossia la quantità di Pvc presente nelle abitazioni.
Durante un incendio che divampa, sarebbero pertanto innumerevoli le emissioni generate dai fumi contenenti cloruro di idrogeno, il risultato della combinazione tra l’umidità e il cloro; tra i rischi, l’inalazione di sostanze pericolose come la diossina.
Il Pvc tra bottiglie e imballaggi: rischi e conseguenze
Per quanto, secondo le premesse e le considerazioni riportate, possa sembrare inverosimile, il Pvc ricorre nei giocattoli, compreso nel loro imballaggio e nei cosiddetti “plastificanti“. Destinati a essere dismessi in un periodo che, di media, resta attorno ai due anni, diventano presto rifiuti che non sempre terminano il proprio ciclo.
Nel 1989, la Svizzera ha optato per il divieto del dietilesilftalato (DEHP) in tutti quei giocattoli destinati ai bambini di età inferiore ai tre anni.
Sotto accusa sono le bottiglie in Pvc, utilizzate sia per le bevande analcoliche che per le acque minerali. Imputate di poter rappresentare un rischio per la salute pubblica, non vedono depotenziata la percentuale di contaminazione nemmeno dopo che vengono inceneriti, anzi. La tossicità di alcuni componenti ha portato diversi paesi a determinarne l’abolizione.
Per quanto possa apparire paradossale, il Pvc vanta un largo utilizzo anche nei prodotti destinati all’ambito sanitario. Pensiamo a oggetti e supporti come tubi di alcune macchine (come quelle per l’emodialisi), parti destinate alla produzione di sonde e di cateteri.
Il cloruro di vinile è presente in maniera invisibile praticamente nella maggior parte dei prodotti con cui entriamo in contatto, persino in quelli dedicati a preservare la nostra salute. Diventano comprensibili le decisioni di alcuni paesi come l’Austria, la Germania e la Danimarca che, in virtù dei potenziali rischi, stanno optando per evitare la scelta del Pvc in ambito sanitario.
Ma è possibile sostituire il Pvc con altri materiali, dopo oltre mezzo secolo? La risposta è sì, basti pensare al polietilene e al vetro poroso, ottimo sostituto delle tubature in PVC, in quanto privo di sostanza plastificanti.
Cosa dice l’Oms
Per fornire delle indicazioni precise e dei parametri in grado di limitare le conseguenze dell’impiego di cloruro di vinile, l’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito dei limiti.
Il valore guida è stabilito in 0,3 μg/L, mentre con la Direttiva europea 98/83 CE e successivo Decreto legislativo 31/2001 viene fissato un valore di parametro di 0,5 μg/L con una lunghezza inferiore al micron (< 1 μm).
Ridurre la concentrazione di cloruro di vinile nell’acqua è pertanto possibile agendo su due fronti: utilizzando materiale certificato di elevata qualità e applicando particolari tecniche (come ad esempio la air stripping) dedicate al trasferimento di componenti volatili.
Non solo l’Organizzazione mondiale della sanità, ma anche l’Epa, ossia l’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, ha deciso la limitazione della quantità di cloruro di vinile che le industrie possono rilasciare e ha svolto un lavoro di identificazione dei siti contenenti i rifiuti maggiormente pericolosi per la nazione.
L’Environmental Protection Agency (Epa), definendo un elenco delle priorità nazionali, ha inserito i siti in questione tra quelli destinati alle attività di pulizia federale a lungo termine. Tale lavoro di rilevazione ha portato a un dato oggettivo: il cloruro di vinile è stato infatti trovato in 616 dei 1.662 siti.
Ciò consente e consentirà un monitoraggio sui siti che, nel tempo, potrebbero manifestare segni di deterioramento o usura, diventando allo stesso tempo fonte di contaminazione e di esposizione del cloruro di vinile. Una doppia protezione sia per l’uomo che per l’ambiente.
La via inalatoria resta la più pericolosa. Come quella del fumo da sigaretta
Prima di terminare questo viaggio all’interno dello sconfinato utilizzo del Pvc, passiamo al cloruro di vinile che può diventare contaminante per le persone tramite inalazione del… fumo di tabacco. Trattandosi di un gas incolore, passa “inosservato” quando fuoriesce insieme al fumo di sigaretta e di sigaro. La via inalatoria resta infatti la più importante fonte di assunzione del cloruro di vinile.
A tal proposito occorre tenere presenti i risultati degli studi sull’esposizione a lungo termine al cloruro di vinile, che hanno confermato – negli animali impiegati – il legame con il cancro del fegato e della ghiandola mammaria, la cui percentuale può diventare maggiore quando inalata anche nell’aria dove sono presenti livelli seppur bassi di cloruro di vinile, pari a circa 50 ppm.
Resta da quantificare in quale misura esatta il fumo di sigaretta per inalazione possa diventare pericoloso, in proporzione al cloruro di vinile, ma viene confermato il rischio successivo a una lunga e costante esposizione.
Pur facendo attenzione a tutta la catena del cloruro di vinile, è possibile comunque essere esposti per inalazione? La risposta è sì. Laddove vi siano forniture di acqua contaminata, potreste ritrovarvi a respirare cloruro di vinile direttamente dall’acqua riscaldata durante la doccia, dal vapore prodotto da una pentola messa sui fornelli con dell’acqua o addirittura dall’acqua calda usata per il bucato.
I fattori che incidono nell’esposizione
Naturalmente non bisogna mai dimenticare i fattori che rendono più o meno rischiosa l’esposizione e/o l’inalazione al cloruro di vinile, fattori da tenere sempre presente per valutare l’impatto della contaminazione e le sue possibili conseguenze.
Occorrerà tenere presente la quantità del componente durante l’esposizione/inalazione; il fattore temporale (per quanto si è stati esposti); la frequenza, la lunghezza e la distinzione della forma di contaminazione (se tramite inalazione o tramite ingestione).
Pur tenendo presenti questi elementi fondamentali per stabilire la maggiore o minore pericolosità dell’esposizione, restano da verificare tutti quegli aspetti legati strettamente al soggetto (età, sesso, abitudini alimentari, etc…) e alla sua salute fisica (malattie pregresse e in corso, predisposizioni genetiche, etc…).
Il cloruro di vinile, va precisato, è talmente versatile da modificarsi a contatto con il nostro organismo: una volta entrato nel sangue attraverso la circolazione sanguigna, arriva al fegato dove, a contatto con esso, si trasforma ancora una volta per poi essere espulso – in parte – dalle urine.
Negli Stati Uniti, il cloruro di vinile è stato definitivamente catalogato come indiscusso cancerogeno per l’essere umano. Il riconoscimento di rischio e di pericolosità è arrivato dal Dipartimento degli Stati Uniti per la salute e i servizi umani, dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro e dall’Agenzia per la produzione ambientale.
Restano fonti principali di cloruro di vinile tutte quelle emissioni dei gas esausti delle industrie dedicate alla sua sintetizzazione, come dimostrano i quantitativi che evaporano dalle zone contenenti residui chimici delle lavorazioni. Emissioni che avvengono per la maggior parte per via aerea e solo in maniera inferiore attraverso le acque.