Per anni siamo stati convinti, o ci è stato detto, che dentro di noi albergassero delle inclinazioni particolari per alcune materie rispetto ad altre.
“È predisposto per le materie umanistiche”
“Mostra maggior attitudine per le discipline scientifiche”.
Magari è capitato anche a chi legge di vedere riportati questi commenti sulle proprie pagelle scolastiche.
Tuttavia, qualche anno fa la ricerca ha dimostrato che queste inclinazioni sono soltanto congetture prive di un reale fondamento scientifico. L’ACM Conference on International Computing Education Research, attraverso il mensile CACM (la “Bibbia” della tecnologia computazionale, pubblicata da ormai 65 anni), ha infatti pubblicato uno studio che dimostra quanto il percorso professionale e l’apprendimento di un essere umano, tranne rarissimi casi, ha poco o niente a che vedere con specifiche inclinazioni naturali, e se esistono non determinano la quantità e la qualità delle nozioni acquisite e dei risultati conseguentemente raggiunti.
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Non esiste un “gene Nerd”, insomma.
Ma come è possibile quindi che alcuni di noi mostrino maggior interesse per alcune materie rispetto ad altre?
La risposta è nella domanda: nella maggior parte dei casi si tratta di interesse, curiosità, o se vogliamo semplice volontà. Ci sentiamo magari attirati da un determinato argomento e, nel nostro percorso didattico, decidiamo di approfondire. E le successive risposte portano ad altre domande, e così via.
Moltissime carriere professionali sono iniziate esattamente così.
Dall’altra parte c’è un discorso pragmatico. In assenza di particolari attitudini, c’è chi sceglie di intraprendere una determinata carriera e chi un’altra. In un ambito, oppure in un altro.
Questa sfera apre la strada a un sottogruppo di persone, quelli che magari, scegliendo il proprio percorso, scartano strade per le quali non si sentono portati nonostante magari coltivino un segreto interesse per quelle materie.
Non c’è da biasimarli. Viviamo in un’epoca caratterizzata dalla crisi globale del mondo del lavoro, condizione esacerbata dalla pandemia e da ciò che essa ha comportato per lo sviluppo professionale delle persone. Carriere impoverite, aziende sull’orlo della chiusura (o ben oltre quella soglia…) e assistenzialismo statale a corrente alternata hanno contribuito a disilludere molti tra coloro che oggi si affacciano con maggior urgenza al mondo del lavoro.
Stiamo parlando di over 30 alla ricerca di una carriera stabile e un percorso finalmente gratificante, che consenta di programmare passi importanti per la propria vita personale senza lo spettro della disoccupazione perennemente sullo sfondo.
“Carriera stabile”, tra l’altro, non più garantita nemmeno dai contratti a tempo indeterminato, che soffrono le sorti delle aziende a cui sono legati. Chi scrive, dal 2020 ad oggi, ha purtroppo visto fin troppi amici “in mezzo a una strada” con i propri inutili contratti stipulati con aziende che non hanno retto al peso dei lockdown e sono fallite.
Rispetto a loro provo un sincero senso di colpa, seppur non ne abbia ovviamente responsabilità. Sono infatti fra le poche persone in Italia a non aver accusato contraccolpi per via dello scenario pandemico. Il mio lavoro mi ha consentito di lavorare agevolmente da casa mantenendo lo stesso tenore di entrate di prima.
Prima di proseguire, quindi, è bene che mi presenti.
Mi chiamo Michele Gallotti e sono un programmatore informatico. Uno di quelli che definiresti “Nerd”, che passano molto tempo davanti al pc (ma meno di quanto tu possa pensare) e che amano ricreare il proprio “ufficio” un po’ ovunque (senza recludermi a casa, amo l’aria aperta!).
Inoltre, dettaglio più importante, non sono mai stato predisposto per le materie scientifiche. Ho solo avuto gli insegnanti giusti nel mio percorso di studi, che mi hanno aiutato a comprendere la materia in un modo che la mia mente potesse concepire facilmente.
Insomma, ho avuto gli strumenti giusti, mi sono applicato, e in una situazione di disagio globale come la pandemia ho scoperto di essere davvero un privilegiato.
Proprio questa posizione di vantaggio mi ha fatto pensare che la mia esperienza avrebbe potuto essere d’aiuto a qualcun altro.
In fondo io sono solo uno che ha scelto il mestiere giusto nel momento storico migliore possibile. L’Information Technology (o “Consulenza Informatica”) è un mercato che non conosce crisi, che vive di aumenti costanti, che vede incrementare la richiesta anno dopo anno.
Certo, bisogna impegnarsi e non poco. Come per qualsiasi lavoro.
Dimentica le promesse “Lavora da casa e guadagna 50.000 euro al mese”, “Diventa esperto di X in tre mesi”.
Tutto questo non esiste, non è mai esistito. Si tratta di facili guadagni solo per chi adopera questa comunicazione allo scopo di vendere corsi inutili e superficiali.
Caratteristica che, tra l’altro, li accomuna a moltissimi corsi di programmazione “ufficiali”, magari sovvenzionati dalla Regione con nomi altisonanti, che tuttavia forniscono soltanto una preparazione di base che non rende affatto competitivo chi ha impiegato soldi e tempo per frequentarli.
Eppure una strada alternativa c’è. Il programmatore informatico, secondo il famoso portale di informazioni di retribuzione PayScale, vanta RAL che vanno dai 20.000 ai 25.000 euro di stipendio nel primo anno (dopo i primissimi mesi di inserimento) sino ad arrivare a 28mila nei primi quattro anni e a superare i 35.000 nei primi sei anni di esperienza professionale maturata.
E questo è solo il lato economico.
Sul fronte didattico, ci sono altre buone notizie. Appurato che non esiste il “Gene Nerd”, chiunque può diventare un programmatore a patto, come detto, di avere un metodo di apprendimento corretto.
Per restituire un po’ della mia “fortuna” degli ultimi anni, ho progettato e messo a punto – con tanto tempo e tanta fatica alle spalle – “IoProgrammatore”, un corso che ti aiuterà, grazie a preparatissimi collaboratori che ho incontrato durante la mia carriera, a diventare un professionista che mai conoscerà più crisi, che sarà sempre in aggiornamento e che potrà decidere non solo su cosa lavorare ma anche dettare il prezzo.
La sua efficacia è dovuta a una metodologia di studio completamente diversa da quella a cui sei stato abituato in qualsiasi corso frequentato prima. Le prime nozioni che vengono insegnate non sono infatti legate all’utilizzo del computer, bensì all’apprendimento di come ragiona un programmatore. Viene cioè insegnato il “pensiero computazionale”, l’abilità che permette di trasformare la soluzione a un problema in piccoli passi e codificarli.
Nella seconda parte invece sarà la volta dei linguaggi di programmazione più richiesti dal mercato, che verranno insegnati in maniera iper-approfondita per essere pronti per mercato del lavoro già dal giorno 1.
E a proposito di mercato del lavoro, il corso prevede una terza parte dedicata alla costruzione e alla gestione di un CV adeguato e una pagina LinkedIn efficace e competitiva, nonché una serie di “trucchi” per ottimizzare il proprio approccio ai colloqui online e dal vivo (massimizzando ulteriormente le possibilità di essere assunti).
Questo aspetto del corso “IoProgrammatore” è quello a cui tengo di più e che ho fortemente voluto nonostante sia stato molto complesso integrarlo in un percorso di studi coerente e fruibile. Tuttavia l’esperienza che ho lavorando con decine di aziende di ogni livello, dalle PMI alle multinazionali, e con team diversificati di persone, mi “obbliga” a condividere le mie competenze all’interno del corso rispetto a tutto quello che so sulla selezione del personale (faccio parte stabilmente di board temporanei di aziende nelle fasi di recruiting periodico).
Tutto questo, e molto altro, è “IoProgrammatore”, il corso che potrebbe farti diventare il professionista che non hai nemmeno mai immaginato di poter essere (se hai studiato al Liceo Classico, immagina la faccia dei tuoi amici quando sarai un programmatore affermato!).
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