Coldiretti attacca la direttiva emissioni Ue e gli “pseudo ambientalisti”. Il motivo di tanta rabbia è legato alla paura che per ridurre le emissioni inquinanti, gli allevatori falliscano. Replica Greenpeace: “Il modello agricolo italiano deve aggiornarsi per rimanere in piedi”
Coldiretti attacca la direttiva emissioni presentata da Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, e se la prende anche con gli “pseudo ambientalisti come Greenpeace”. Il motivo di tanta rabbia è legato alla paura che per rispettare le indicazioni che dovrebbero portare alla necessaria riduzione delle emissioni inquinanti, gli allevatori falliscano e chiudano le stalle.
Le affermazioni del segretario generale Coldiretti
Secondo Agricolae.eu, Vincenzo Gesmundo, segretario generale Coldiretti, nel corso del suo intervento al Villaggio Coldiretti a Milano, ha dichiarato: “Non è possibile che Timmermans possa decidere ieri mattina di presentare una nuova direttiva, che si chiama direttiva emissioni, che equipara una stalla di 150 vacche a una industria altamente inquinante. Andasse a fare in culo, non è possibile una cosa del genere”, e ha continuato: “La direttiva emissioni e quella altrettanta violenta sui fitofarmaci, per cui il 25% del nostro suolo non potrà più essere coltivato, significa andare nella direzione di chiudere tutte le stalle europee per poter poi far arrivare col Mercosur la carne dal Sudamerica. A sostenere Timmermans ci sono le sigle pseudo ambientaliste e animaliste, lo zoccolo duro del suo gabinetto è formato da Greenpeace”.
La risposta di Federica Ferrario (Greenpeace Italia)
Alle parole di Gesmundo, risponde Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia, a partire da una serie di dati: “In Italia la seconda causa di formazione delle polveri fini (PM 2.5) è dovuta all’ammoniaca di provenienza agricola – il 90% circa originata dagli allevamenti intensivi. Ammoniaca che una volta raggiunta l’atmosfera, si combina con le altre sostanze presenti dando vita al cosiddetto particolato secondario. In Italia, ogni anno sono circa 50.000 le morti premature dovute alle polveri fini”.
“È negabile che vada ripensato il modello”
“Nessuno sta dicendo – continua Ferrario – che bisogna chiudere tutte le stalle europee, ma è innegabile che va ripensato il modello. Va ridotto il numero di animali allevati, e anche l’attuale consumo eccessivo di carne (in Italia era di circa 21kg pro capite/annuo nel 1960, ora è arrivato a circa 80kg, quadruplicato). Va fatto perché gli impatti di questo sistema sono insostenibili. Un Pianeta non basta a tenere in piedi un sistema che già oggi richiede in Europa due terzi dei terreni agricoli per la produzione di derrate destinate a diventare mangime invece che cibo (e neppure basta dato che importiamo milioni di tonnellate anche da altri continenti, basti pensare alla soia); oltre il 60% dei cereali commercializzati in EU è destinato agli animali; per non parlare degli impatti su ambiente e salute”.
L’attacco agli pseudo ambientalisti
“No – aggiunge Ferrario – Greenpeace non è ovviamente parte del gabinetto della Commissione europea, e sorvolo sui toni usati, ma se una delle principali associazioni di agricoltori come Coldiretti, non si rende conto che con la crisi climatica ed economica in corso, o si cambia radicalmente modello o i nostri agricoltori non riusciranno a stare in piedi, senza dubbio la situazione è tragica. E per essere chiari, non saranno certo i nuovi Ogm (o Nbt o Tea, o uno degli altri nomi fantasiosi in circolo), a risolvere i problemi”.
Pesticidi, l’Italia tra i maggiori utilizzatori
Secondo Greenpeace, l’Italia è fra i paesi Eu che utilizza maggior pesticidi. Si usano 114.000 tonnellate l’anno di pesticidi, che rappresentano circa 400 sostanze diverse. “Nel 2019 le concentrazioni misurate di pesticidi hanno superato i limiti previsti dalle normative nel 25% dei siti di monitoraggio per le acque superficiali e nel 5% di quelli per le acque sotterranee” spiega Ferrario, “La contaminazione rilevata, cosa grave, è ancora sottostimata, a causa delle difficoltà tecniche e metodologiche. E’ necessario quindi un forte impulso verso un’agricoltura sostenibile, e le due strategie chiave nell’ambito del Green Deal europeo, “Biodiversità 2030” e “Dal produttore al consumatore” (Farm to fork), servono appunto a questo scopo, e a dare una visione di medio e lungo periodo, in un contesto con crisi che si susseguono, dovuto a un modello – anche agricolo – che va cambiato”.