L’acquisto di un’auto, di un appartamento o, comunque, di un bene costoso. In questi casi nel contratto può (e dovrebbe) essere inserita una caparra confirmatoria per tutelarsi in caso di mancata consegna o scioglimento del contratto. Ma come funziona? E quali sono le differenze con il semplice acconto?
Quando si acquista un dato bene o un servizio spesso viene richiesta una caparra da parte del venditore, ovvero il pagamento di una percentuale della spesa dovuta come forma di garanzia per il successivo saldo del pagamento. Questa è una pratica molto diffusa, utilizzata per l’acquisto di beni o di servizi con un grande valore economico, come una casa o un’automobile, così come per transazioni dalla minore entità come può essere il lavaggio di un capo d’abbigliamento in tintoria. Lo scopo principale della caparra è quello di permettere a chi fornisce il bene o servizio di avere delle garanzie maggiori in merito al pagamento finale, oltre che consentirgli di sostenere le spese ordinarie per svolgere la propria attività. Pensiamo, ad esempio, ad un artigiano a cui viene commissionato un lavoro. Con l’anticipo questo potrà, in una prima fase, provvedere all’approvvigionamento delle materie prime e dei materiali necessari a porre in essere il proprio lavoro. Fin qui si è parlato semplicemente di caparra, anche se sarebbe molto più corretto parlare di caparra confirmatoria. Cerchiamo allora di capire più nello specifico cosa si intende con questa dicitura e quali sono le regole che la disciplinano.
Caparra confirmatoria, quello che c’è da sapere
Con caparra confirmatoria si intende il caso in cui un acquirente fornisce al venditore di un bene o servizio un anticipo in denaro porzionato rispetto al valore unico del bene. Questa somma, a titolo di garanzia del futuro saldo, segue delle regole ben precise che vengono solitamente sottoscritte nell’accordo raggiunto tra le parti interessate. Chi ottiene la caparra, infatti, ha il pieno diritto a trattenerla per se nel caso in cui si venga a delineare il caso di un inadempimento da parte dell’acquirente. Qualora, invece, sia il venditore a non rispettare gli accordi, è previsto che lo stesso restituisca la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria in misura pari al doppio dell’importo.
Oltre che da garanzia, la caparra confirmatoria serve anche come strumento per bloccare una trattativa in corso e, dunque, evitare che terzi possano subentrare e concludere prima del soggetto coinvolto un accordo che si ritiene vantaggioso o utile al proprio operato. Tutto, come detto, viene regolato all’interno di un contratto d’intesa tra le parti, nel quale viene riportato l’importo pagato a titolo di caparra confirmatoria e i tempi e le modalità previste per il saldo finale e per la consegna del bene o servizio in oggetto.
Cos’è
Con una caparra confirmatoria si dà vita a un anticipo sul pagamento del bene o servizio che l’acquirente ha intenzione di comprare dal venditore. Con questa il primo si impegna alla compravendita del bene o servizio, il secondo a rispettare le modalità di consegna previste dall’accordo sottoscritto. Per rendere più comprensibile tale procedura, bisogna immaginare che un soggetto acquirente decida di versare una caparra confirmatoria per bloccare la trattativa per l’acquisto di un’auto oppure decida di prenotare in anticipo un dato bene o servizio in uscita.
L’aspetto di fondamentale importanza quando si è in presenza di una caparra confirmatoria è quello riferito al ruolo rappresentato dall’anticipo . Questo, infatti, funge da risarcimento in caso di inadempimento per il venditore, il quale potrà avere delle garanzie senza dover provare i danni subiti in una lunga e dispendiosa causa civile. In base a quanto stabilito dall’art. 1385 del codice civile, inoltre, “se al momento della conclusione del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali”.
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In base a quanto previsto dalla giurisprudenza prevalente, “il diritto di recedere dal contratto e di trattenere la caparra ricevuta (ovvero di pretendere il doppio della caparra versata) in caso di inadempimento della controparte costituisce l’effetto proprio della clausola con cui le parti hanno convenuto, nel concludere il contratto, la dazione di una somma di denaro quale caparra confirmatoria, esprimendo per tale via la loro volontà di applicare al negozio la disciplina propria di tale istituto, cui va riconosciuta la funzione di una preventiva e convenzionale liquidazione del danno per inadempimento, e di derogare, nel contempo, sia pure in forma non definitiva, essendo sempre salva la facoltà per la parte non inadempiente di avvalersi del diverso rimedio della risoluzione, la disciplina generale in materia di inadempimento contrattuale” (Cass. n. 6463/2008).
Ci sono, tuttavia, dei casi diversi, ovvero quelli in cui l’acquirente non intende rinunciare al bene oggetto della trattativa. In questi casi specifici valgono le regole suddette per la gestione dei risarcimenti, ma per l’ottenimento del bene indicato non v’è altra via che quella di un processo ordinario in Tribunale.
Il patto
Ma come si fa a stipulare un contratto che preveda una caparra confirmatoria? Iniziamo col dire che per il patto di caparra non è prevista una formula consacrata particolare. Inoltre, in base alla sua natura vessatoria (Cass. n. 1168/2004), non è prevista una sottoscrizione apposita delle parti, specie se lo stesso accordo è inserito nelle clausole generali del contratto. Tuttavia, affinché un patto venga qualificato come caparra confirmatoria, è necessario che si verifichi l’esteriorizzazione dell’accordo tra le parti. In parole povere c’è bisogno di una formulazione espressa, altrimenti il patto potrebbe considerarsi come un mero acconto della prestazione. A stabilire tutto ciò è stata la Cassazione, nella sentenza n. 3833/1977. Si ricorda poi che il patto di caparra confirmatoria può essere raggiunto anche in una fase successiva alla conclusione del contratto e al versamento dell’importo pattuito. L’unico limite in tal senso è che non si vada oltre la scadenza dell’obbligazione (Cass. n. 3071/2006).
E ancora, al fine di evitare futuri problemi di varia natura, chi versa una caparra confirmatoria può richiedere alla controparte del contratto il rilascio di una specifica ricevuta. Questo documento servirà all’altra parte a testimoniare di aver effettivamente ricevuto la somma e che gli è stata versata da parte dell’acquirente del bene o del servizio.
Al fine di permettere una più facile comprensione del patto di caparra confirmatoria riportiamo di seguito un esempio pratico. Affinché possa configurarsi il caso in questione è necessario che la somma di denaro venga qualificata come caparra confirmatoria inserita all’interno del preliminare di vendita. Ecco dunque che troveremo scritto: “Il signor Rossi consegna la somma di euro – valore della caparra – a titolo di caparra confirmatoria al signor Bianchi, che la riceve e ne rilascia quietanza”.
In base alla sopracitata scrittura, il signor Rossi dunque, qualora non dovesse adempiere ai propri doveri, perderà la somma indicata che potrà essere trattenuta dal signor Bianchi come risarcimento dei danni subiti. Altra possibilità è che il signor Bianchi decida di agire contro il signor Rossi ma, in base a quanto previsto dall’art 1453 del codice civile, il signor Bianchi dovrà restituire la somma e aspettare la decisione del giudice per ottenere il risarcimento. Qualora, invece, fosse il signor Bianchi a non rispettare quanto previsto nel patto, sarà il signor Rossi a vedersi restituita la somma maggiorata al doppio dell’importo consegnato. Infine, se entrambe le parti dovessero risultare inadempienti, la somma versata a titolo di caparra verrà imputata alla prestazione dovuta dal signor Rossi.
Le differenze con l’acconto
Quando si parla di acconto si fa inveceriferimento al caso in cui al venditore venga consegnata dall’acquirente una porzione del prezzo totale del bene oggetto della trattativa. Questa somma serve per confermare la volontà di voler saldare il pagamento dovuto in breve termine, ma, rispetto alla caparra confirmatoria, prevede regole diverse. A cambiare sono nelle specifico le implicazioni in caso di inadempimento. Con la caparra confirmatoria la cifra non viene restituita e rappresenta il risarcimento per il danno causato alla controparte, con l’acconto invece – che deve comunque essere restituito a chi lo ha versato – chi pensa di aver subito un torto deve sempre agire in giudizio. Si tratta di un iter più lungo e dispendioso e che richiedere prove a supporto della propria tesi.
Come riconoscerla
Una volta comprese le differenze, nelle conseguenze più che nella sostanza, tra caparra confirmatoria e acconto, proviamo ora a capire come è possibile riconoscere la presenza di una caparra confirmatoria o di un acconto all’interno di un contratto. Iniziamo col dire che non si tratta di un riconoscimento immediato, specie considerando la similitudine tra i due termini nel gergo comune. Più che alle parole utilizzate, dunque, si dovrà prestare attenzione all’assetto previsto dal contratto, con specifico riferimento alle intenzioni reali sottoscritte dalle due parti.
In tal senso può essere molto utile guardare alle cifre versate in anticipo dall’acquirente in accordo con il venditore. Secondo quanto previsto da una sentenza della Cassazione del 2015, se si è in presenza di una cifra anticipata che corrisponde generalmente tra il 30 o il 40% dell’ammontare complessivo, ci sono ottime possibilità che ci si trovi davanti ad una caparra confirmatoria. Nel caso in cui, invece, la cifra anticipata risulti sproporzionata rispetto al prezzo complessivo si sarebbe in presenza di un acconto.
Caparra penitenziale
Altra differenza necessaria da rimarcare quando si parla di caparra confirmatoria è quella con la caparra penitenziale. Quest’ultima, disciplinata dall’art. 1386 del codice civile, è prevista nei contratti che hanno al loro interno un diritto di recesso.
Più nello specifico, la caparra penitenziale rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso previsto a favore di una o di entrambi i contraenti e dagli stessi predeterminato (cfr. Cass. n. 17715/2020). A differenza della caparra confirmatoria viene meno pertanto la funzione di autotutela e di preventiva liquidazione del danno in caso di inadempimento della controparte nel contratto.