Cos’è il car pooling, dove e quando può essere utilizzato

Il car pooling è un’abitudine che si forma attraverso conoscenti o persone che comunque devono raggiungere la stessa destinazione. In passato era più naturale effettuare questa pratica tra i colleghi di lavoro o tra gli amici, perché ci si fidava l’un l’altro. Adesso, invece, grazie all’accesso a internet e ad alcune piattaforme, è possibile fare dei percorsi con perfetti sconosciuti semplicemente condividendo le spese.

La pratica è diffusa in Nord Europa e negli Stati Uniti dove non si usano solo le piattaforme digitali, ma si può anche richiedere il servizio attraverso delle aree dedicate direttamente sul posto. Per poter richiedere il servizio di car pooling in Italia ci sono diverse app e piattaforme dedicate. Le più note sono BlaBlaCar, Zago e UberPool, ma ce ne sono tantissime. Oltre ai siti veri e propri, queste società usano delle applicazioni che si possono scaricare sullo smartphone, diventando quindi un intermediario che mette in contatto persone che non si conoscono e che vogliono semplicemente attuare questa procedura.

L’app ha anche lo scopo di agevolare l’utente dall’organizzazione al viaggio. In più questi sistemi permettono di recensire le persone con cui si è viaggiato, in modo tale che chi dovesse scegliere di nuovo di viaggiare con quella persona abbia un’idea di cosa va incontro. Il funzionamento è di per sé molto semplice. Si scarica l’app, ci si registra, si accede al servizio e si cerca in base al punto di partenza e a quello di destinazione.

A questo punto, la piattaforma andrà a indicare quali sono le persone che sono eventualmente disponibili ad accompagnare l’utente. Queste persone non sono tassisti e non hanno la licenza di portare altre persone con sé. Infatti a livello normativo non si tratta di un lavoro, ma si tratta semplicemente di un modo per condividere le spese. In base alle recensioni ricevute su quella persona e in base alle recensioni che ogni singolo utente ha ci si può mettere d’accordo direttamente sulla piattaforma. A quel punto sarà compito delle due persone completare il viaggio facendosi trovare nel punto stabilito all’ora stabilita e dividendo quelle spese a fine corsa.

Con l’arrivo delle piattaforme sono arrivati anche gli aspetti normativi.

La differenza tra car sharing e car pooling diventa così più chiara. Infatti il car sharing prevede la condivisione dell’auto come strumento. In che senso? Nel car sharing l’auto viene ceduta per un breve tempo a noleggio dal proprietario a un’altra persona. La proprietà resta del proprietario, ma a usarla per il periodo del contratto di noleggio è un’altra persona.

In particolare il car sharing ha avuto particolare successo in ambito aziendale, dove – oltre all’auto – ci possono essere anche mezzi aziendali, come furgoni, camion, ecc. In quel caso l’imprenditore è il proprietario dei mezzi, ma questi vanno in car sharing al dipendente per portare avanti la sua attività.

In questo caso naturalmente non c’è il pagamento di un noleggio, perché il mezzo serve al dipendente per fare gli interessi dell’azienda. Anche il car sharing a suo modo riesce a offrire un’ottica sostenibile. Infatti, grazie al car sharing, più persone usano gli stessi mezzi e quindi non solo si vanno a ridurre le emissioni, ma si va a ridurre anche il numero di mezzi necessari per la stessa attività, per cui anche il vantaggio per le aziende è notevole.

Nel car pooling – che comunque si può continuare a utilizzare in ambito aziendale – il proprietario del mezzo è quello che solitamente lo guida in ogni caso. Quindi non cede il mezzo a nessuno. Semplicemente va a prendere i dipendenti o i colleghi con cui ha in comune un tratto di strada e questo evita che quelle persone debbano fare il pieno e debbano prendere la propria auto.

Anche in questo caso c’è una componente sostenibile, perché comunque le altre persone non hanno in quel momento la necessità di avere un’auto e la necessità di guidare, inquinando l’ambiente. In più, il risultato è anche maggiore dal punto di vista sostenibile se il car pooling si fa con un mezzo elettrico, perché a quel punto non ci sono nemmeno le emissioni del tubo di scarico del mezzo con cui si sta attraversando quel percorso.

Il car sharing è sostanzialmente un servizio di autonoleggio. Serve ad avere il mezzo per un determinato periodo di tempo senza dover procedere all’acquisto. Nel car sharing, la persona deve poi restituire in mezzo entro i termini del contratto di noleggio. In più, la persona si impegna a riportare il mezzo esattamente come lo ha ricevuto. Quindi, in caso di danni, chi riceve il mezzo ha la responsabilità su quello che succede ed è tenuto a pagare eventuali danni.

Per questo, quando si firma un contratto a noleggio per l’auto, una parte di quanto si paga è per l’assicurazione. I motivi sono due. Il primo è che il mezzo non può circolare se non ha l’assicurazione RCA, che interviene immediatamente in caso di incidente. Il secondo è che naturalmente chi fa questo lavoro deve tutelare i mezzi, che sono il suo strumento per portare avanti la sua attività.

Di conseguenza, il car sharing prevede anche una polizza assicurativa. Invece, il car pooling prevede una semplice condivisione delle spese vive, cioè la benzina, eventuali pedaggi, spese accessorie legate alla parte di itinerario che chi vuole percorrere. Infatti, nel car pooling non si paga l’assicurazione auto, quella resta a carico del proprietario.

Con veicolo in pool si intende un veicolo che si utilizza solo per lavoro, ovvero quella forma di car pooling dove il proprietario può dare in disponibilità un suo mezzo a uno o più dipendenti, senza che un dipendente abbia un utilizzo esclusivo rispetto a un altro. Queste decisioni vengono prese in base alle esigenze lavorative.

Infatti, di solito l’auto in pool lo è solo per motivi di lavoro e non si parla di un solo veicolo, ma si parla di flotte aziendali di veicoli, cioè di un gran numero di mezzi. I dipendenti non possono usarli per motivi personali o fuori dall’orario di lavoro. In più questi mezzi hanno un regime fiscale diverso, perché sono considerati veicoli a uso strumentale, cioè sono considerati strumenti per portare avanti le attività lavorative.

L’auto in pool viene spesso confusa con l’auto a uso promiscuo. In questo secondo caso, invece, il dipendente può usare l’auto sia per le esigenze di lavoro sia per le proprie esigenze personali. Quindi il dipendente può avere accesso all’auto anche nei fine settimana, quando non lavora. Per un datore di lavoro conviene di più l’auto a uso promiscuo, perché, dato che il dipendente lo usa anche per le sue esigenze personali, il datore di lavoro può chiedere al dipendente di pagare una quota sul suo utilizzo nella sua busta paga. Nel Tuir, in particolare all’art. 51 che fa riferimento al principio di onnicomprensività, l’uso dell’auto promiscuo costituisce benefit soggetto a una tassazione più bassa.