Nel 1997 l’Unione europea includeva la protezione delle persone Lgbt nei documenti giuridici fondamentali: nel trattato di Amsterdam prima e nella Carta dei diritti fondamentali dopo (anno 2000). Poi sono arrivate le direttive antidiscriminazione. Ma nell’Unione europea la situazione dei diritti Lgbt varia da un Paese membro all’altro, e qualcuno fa passi indietro
Lgbt è l’acronimo italiano di: Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender. Questa sigla, in uso fin dagli anni Novanta, si è poi estesa, man mano che i diritti venivano riconosciuti ed estesi a tutte le “diversità”. Oggi include anche persone di altri generi, come queer, da qui l’aggiunta della lettera Q: quindi Lgbtq. Un ulteriore combinazione recente, la più inclusiva, ha portato all’estensione in Lgbtqia+, ossia I di Intersessuali e A di Asessuale. E gender fluid.
I diritti Lgbt in Europa
Oggi le Istituzioni massime europee garantiscono la protezione dei diritti di tutte le persone. L’Ue ha promosso attivamente l’uguaglianza per le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali già da oltre 25 anni.
Qual è la situazione dei cittadini LGBT in Europa?
Nel 2013 l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) presentava i risultati di un’indagine che dimostrava come in tutta l’Ue le persone Lgbti subiscano ancora discriminazioni, vessazioni, incitamento all’odio e violenze, a scapito del pieno godimento dei loro diritti fondamentali. I risultati del secondo sondaggio sulle persone Lgbti europei hanno mostrato pochi progressi, compresi i casi raccolti di recente.
Infatti, nel 2020, Michael O’Flaherty, direttore del Fra, dichiarava:
“È sorprendente e scioccante il fatto che ancora la maggioranza delle persone Lgbti in tutta Europa non voglia essere vista mano nella mano con un partner dello stesso sesso. Gli schemi della discriminazione, e persino della violenza, sono molto preoccupanti. E inoltre, quasi ovunque, sono molto poche le vittime che denunciano simili episodi alle autorità”.
Per esempio, alcuni Stati già europei stanno intraprendendo un percorso contrario alla strada verso il riconoscimento pieno dei diritti. Prendiamo il caso dell’Ungheria, una delle nazioni aderenti al Gruppo di Visegrád, che è un’alleanza culturale e politica di quattro paesi dell’Europa centrale (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca), nonché membri dell’Ue dal 2004. I quattro Paesi sono tra loro alleati ai fini dell’avanzamento militare, culturale, economico e della cooperazione energetica, e spesso esercitano il diritto di veto nelle varie decisioni che si assumono collegialmente a Bruxelles.
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È vero che nell’Ungheria governata dal sovranista Viktor Orbán, la discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere è vietata, altrimenti non sarebbe neppure membro Ue. Ma è vero che le famiglie composte da coppie dello stesso sesso non possono beneficiare degli stessi diritti legali disponibili per le coppie sposate formate da individui di sesso opposto.
Sulla transessualità, l’Ungheria sta persino muovendo dei passi indietro. Fino al 3 aprile 2020 le persone transgender che vivevano in Ungheria potevano cambiare il loro genere giuridico. Ora non è più possibile, per decisione del primo ministro Orbán, il quale ha dichiarato che il sesso non è più modificabile nel registro civile e nell’atto di nascita.
Infine, il 7 luglio 2021 è entrata in vigore la contestata legge che vieta nelle scuole la diffusione di informazioni e pubblicazioni sull’omosessualità o sul cambio di sesso. Insomma, un graduale regresso sul piano dei diritti civili altrove ormai capisaldi della cultura e della giurisprudenza.
Nel 2022 sono ancora 6 i Paesi appartenenti all’Ue a non avere approvato ancora alcuna legge sulle unioni civili o almeno sulle coppie di fatto: Polonia, Romania, Bulgaria, Lettonia, Lituania e Slovacchia. Ma sul tema delle adozioni gay, purtroppo questo gruppo di nazioni è in “ottima” compagnia..
I diritti Lgbt in Italia
Sono in compagnia dell’Italia, paese tra i padri fondatori dell’Ue che dovrebbe essere faro dei diritti civili, ma che non ha ancora riconosciuto le adozioni a livello legislativo.
Inoltre, a Roma si discute ancora (o meglio, si discuteva) su una legge (Ddl Zan) che inasprisca le pene contro gli atti violenti di omofobia e violenza contro i “diversi” in generale. Un disegno di legge affossato nella tristemente nota plenaria del Senato nel 2021, salutato con tanto di applausi e poi soffocato nel silenzio che perdura ancora oggi.
Non dimentichiamo che la legge che riconosce e regolamenta le unioni civili in Italia è stata approvata solo nel 2016 (Legge Cirinnà). Un anno prima, nel 2015, Milano ancora scendeva in piazza per chiedere più diritti. Ed è stato appena 7 anni fa. Questo per comprendere che tutti i diritti civili in generale non sono mai scontati. E vanno ancora oggi conquistati a fatica.