Adozioni gay: a che punto siamo in Italia?

ADOZIONI GAY

Sulle adozioni gay esiste un vuoto normativo che potere giudiziario e amministrativo stanno cercando di riempire, a causa dell’inerzia politica. Dal caso Torino ai giorni nostri non è cambiato nulla. Vediamo come funziona oggi in Italia

 

Correva l’anno 2018, quando l’allora sindaca di Torino, Chiara Appendino, del Movimento 5 Stelle, firmò un atto “fuori legge”, ma con coscienza: decise di iscrivere all’anagrafe un bambino, riconoscendolo come figlio di due madri. Niccolò Pietro diventò così figlio di Chiara Foglietta, all’epoca consigliera comunale del Partito Democratico e legata sentimentalmente alla sua compagna Micaela Ghisleni. Appendino e Foglietta erano antagoniste politiche al Comune di Torino, ma in questo caso unite per un obiettivo comune: promuovere le adozioni gay non ancora consentite.

L’ex prima cittadina torinese dichiarava di non aver forzato le norme legali ma di aver semplicemente agito per promuovere una nuova visione dei rapporti umani. Una scelta forte e decisa che attirò non poche polemiche, soprattutto da parte di chi si professava contrario all’utero in affitto, che nulla aveva a che fare col tema delle adozioni.

È così che la questione finisce in pasto alla dialettica dello scontro, o del benaltrismo, ossia l’atteggiamento improduttivo di chi elude un problema sostenendo che ce ne siano altri, più gravi, da affrontare. “Ci sono italiani che non possono arrivare a fine mese”, è la classica scusa di chi vuole tergiversare sulla questione, come se i diritti civili non fossero importanti per la vita e la società.

Ma il vero problema rispetto ai temi etici, come l’eutanasia, in questo caso le adozioni omogenitoriali, cioè da parte di coppie dello stesso sesso, è il vuoto normativo. Una vacatio legis che costringe il potere giudiziario (o nella storia di Torino, quello amministrativo) a intervenire, in mancanza di chiare norme e leggi.

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Tornando all’episodio torinese, purtroppo il calvario delle due mamme, Chiara e Micaela, non è finito. Quello che ricordiamo come un atto di avanguardia sui diritti civili, visto che Torino è stato il primo comune in Italia a riconoscere i bambini e le bambine di famiglie arcobaleno, è ora sospeso, in attesa di giudizio della Corte di Cassazione. Immaginate come possano vivere due mamme, con il fiato sospeso, come se l’amore tra due madri e figlio avesse bisogno di legittimazione superiore, come se i sentimenti si possano decidere in un’aula di tribunale.

Comunque, quella forzatura della sindaca fece da apripista: dopo l’iscrizione di Niccolò Pietro, altri 79 piccoli torinesi furono riconosciuti come figli di due mamme o di due papà.

Come funzionano le adozioni gay in Italia?

Come dicevamo, in Italia l’adozione del configlio all’interno di coppie omosessuali non è riconosciuta a livello legislativo. L’adozione del configlio (dall’inglese stepchild adoption) è disciplinata sin dal 1983 con la legge 4 maggio 1983, numero 184, “Diritto del minore ad una famiglia”, e permette l’adozione del figlio del coniuge.

Tuttavia, l’articolo 44 prevede deroghe per alcuni casi specifici, che sono i seguenti:

  • Quando gli adottandi sono uniti al minore – orfano di padre e di madre – da vincolo di parentela fino al sesto grado o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori;
  • Quando un coniuge adotta il figlio, anche adottivo, dell’altro coniuge;
  • Quando il minore è portatore di handicap e orfano di entrambi i genitori;
  • Quando non sia possibile l’affidamento preadottivo;
  • È consentita l’adozione all’estero. Perché non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante.

Dunque, il problema è la nostra Costituzione non in linea con l’ordine internazionale.

 

I passi in avanti della giurisprudenza

La stepchild adoption all’interno di coppie omosessuali è stata riconosciuta per via giurisprudenziale già dal 2014, prima della emanazione della legge 20 maggio 2016 numero 76, meglio nota come Legge Cirinnà, che ha introdotto le unioni civili tra persone dello stesso sesso (Un percorso che deriva dalla famosa precedente proposta dei Dico). Purtroppo, la legge del 2016 non interviene in tema di adozioni gay, se non per prevedere espressamente che “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”, non impedendo così l’evoluzione giurisprudenziale che consente la possibilità da parte dei tribunali di applicare le norme sull’adozione in casi particolari che dal 2007 è ammessa anche in coppie non legate da vincolo matrimoniale e quindi anche in coppie omosessuali.

 

2014: una adozione gay a Roma finisce in Tribunale

Nel 2014 il primo passo in avanti della giurisprudenza: il Tribunale dei Minori di Roma ritenne che nessuna legge esprima il divieto per un genitore omosessuale di richiedere l’adozione del figlio del partner:

“Considerando che l’obiettivo primario è il bene superiore del minore, è stato permesso ad una donna di adottare la figlia naturale della compagna”.

Il giudice fondò il suo benestare sull’articolo 44 della legge sopra citata, la numero 184 del 4 maggio 1983.

Due anni dopo quella sentenza, nel 2016, alcune settimane dopo l’entrata in vigore della legge Cirinnà, la prima sezione civile della Corte di Cassazione respinse il ricorso del procuratore generale, confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma, con la quale era stata già confermata la sopra menzionata domanda di adozione al Tribunale dei Minori di Roma della minore proposta dalla partner della madre, con lei convivente in modo stabile. Con la sentenza 12962/16, pubblicata il 22 giugno 2016, i giudici della Suprema Corte confermarono definitivamente questa adozione, affermando che:

“Non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice”.

Secondo la Cassazione, questa adozione “prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché, alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore”.

 

Un disegno di legge finito sul binario morto

Un progetto normativo del 2013, d’iniziativa di alcuni senatori, è rimasto lettera morta. L’impianto normativo aveva come obiettivo quello di apportare “modifiche al codice civile in materia di eguaglianza nell’accesso al matrimonio in favore delle coppie formate da persone dello stesso sesso”, adeguando le norme in materia Lgbt rispetto ai Paesi dove sono consentite le adozioni gay.

Gli oppositori delle adozioni gay (ma anche delle unioni civili) rievocarono i principi della Costituzione italiana. Questo disegno di legge ricorda che:

“La famiglia, così come il matrimonio, costituiscono istituti duttili che pur menzionati nella Costituzione, la sociologia e l’antropologia ci raccontano mutevoli nel tempo e nello spazio”.

 

Sono favorevole ai matrimoni gay, ma i figli non si toccano!

Questa è una delle tipiche considerazioni popolari sul tema delle adozioni gay. Congetture rispettabili, ma infondate, stando agli studi recenti e ai casi empirici raccolti da analisti, psichiatri e psicologi di tutto il mondo.

Rispetto ai figli inseriti in nuclei familiari omoparentali la scienza chiarisce che non ci sono rischi. Alessandro Taurino scrive su Questione Giustizia, la rivista di Magistratura Democratica, ricordando che questi studi cominciano a maturare dagli anni ’70 del Novecento:

“È utile ribadire che, per i bambini e le bambine che vivono in nuclei omogenitoriali, sono la stigmatizzazione, il pregiudizio e la discriminazione a esercitare un’influenza fortemente negativa”.

 

Il problema è lo stigma, il contesto sociale

A conferma di queste considerazioni viene in supporto uno studio condotto dal Research Institute of Child Development and Education dell’Università di Amsterdam, condotto in collaborazione con il Williams Institute dell’Università della California. La ricerca ha messo a confronto 67 adolescenti olandesi (36 femmine e 31 maschi) con un’età media di poco più di 16 anni, cresciuti con coppie lesbiche fin dalla nascita con altrettanti adolescenti cresciuti con coppie eterosessuali. Il risultato è che gli adolescenti sviluppano problemi non a causa della tipologia di famiglia in cui sono cresciuti e cresciute, ma per via della stigmatizzazione sociale della loro condizione. Il problema, dunque, è la considerazione che si ha delle famiglie cosiddette “normali”, rispetto alle altre.

La New Yorker Columbia University ha analizzato altri casi empirici seguendo lo sviluppo dei figli nelle famiglie gay. Su 77 casi studiati, ben 73 hanno concluso che i figli di coppie omosessuali non si sviluppano in maniera diversa dai bambini cresciuti in famiglie eterosessuali. I rimanenti 4 casi riguardano famiglie con bambini e genitori separati, quindi non fanno testo.

Michael Rosenfeld, ricercatore della Stanford University, ha raccolto dei dati dal censimento del 2000 negli Stati Uniti per esaminare la situazione scolastica di 3.500 bambini cresciuti con genitori dello stesso sesso. Dai risultati, emerge che sarebbe la condizione socio-economica a incidere sui risultati scolastici. La resa scolastica dei bambini cresciuti in una famiglia (comprese quelle omogenitoriali) è più alta rispetto a quella dei bambini che vivono negli orfanotrofi.

Già, gli orfanotrofi. Questo è il vero punto: ci sono bambini che una famiglia non possono neppure sognarla. Il focus della discussione andrebbe spostato su questo problema: i figli che un genitore neppure ce l’hanno.

 

Il matrimonio di Paola Turci e Francesca Pascale

Di adozioni gay si è tornato a parlare solo recentemente, perché la questione è pressoché scomparsa dall’agenda politica (come il Ddl Zan). Questa volta è stata l’attivista Vladimir Luxuria a sollevare il dibattito a margine del fresco matrimonio (unione civile) tra la cantautrice Paola Turci e Francesca Pascale. “Spero diventino mamme. Da quel sorriso tra loro – ha dichiarato Luxuria – ho capito che era amore”.

Come darle torto: è l’amore che crea una famiglia.