Nel 2015 un imprenditore agricolo fu multato per aver seminato granturco Ogm. La Corte Ue si è pronunciata sostenendo che il divieto regionale non è contrario al diritto dell’Unione se ha lo scopo di evitare la presenza accidentale di Ogm in altri prodotti e se risulta necessario e proporzionato all’obiettivo
Il divieto di coltivare mais geneticamente modificato previsto dalla legge regionale del Friuli Venezia Giulia non è contrario al diritto dell’Ue, se ha lo scopo di evitare la presenza accidentale di Ogm in altri prodotti e se risulta necessario e proporzionato all’obiettivo. Lo ha deciso la Corte di giustizia Ueintervenendo sul ricorso dell’agricoltore Giorgio Fidenato, imprenditore agricolo di Arba (Pordenone), che era stato multato per aver piantato granturco ogm. Per la Corte Ue il divieto regionale non viola il diritto Ue se soddisfa certe condizioni.
La vicenda
La vicenda risale al 2015 quando Fidenato, seminò la varietà di granturco transgenica Mon810 e venne multato dai servizi ambientali competenti della Regione Friuli Venezia Giulia per aver violato la legge regionale in materia. Fidenato fece ricorso contro la decisione al Tribunale di Pordenone. A inizio 2021 il giudice ha inviato domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte Ue, che in questi giorni ha pubblicato la sua decisione.
La sentenza
Nella sua sentenza la Corte precisa che l’eventuale legge regionale, avente lo scopo di evitare la presenza accidentale di Ogm in altri prodotti, deve risultare “necessaria e proporzionata all’obiettivo.” È una direttiva del 2001 a prevedere che gli Stati membri possano adottare le misure necessarie per evitare la presenza accidentale di Ogm in altri prodotti. Proprio sulla base di tale disposizione il Friuli ha potuto varare la sua legge regionale, anche perché ha un territorio caratterizzato da “modalità di coltivazione e strutture aziendali che influenzano il grado di mescolanza tra colture transgeniche e colture non transgeniche”. La Corte evidenzia che le misure di prevenzione devono consentire ai produttori e ai consumatori di scegliere tra produzione biologica, convenzionale e quella con l’impiego di Ogm.
La sentenza specifica, però, che tali misure “non possono avere l’obiettivo di proteggere la salute umana o l’ambiente poiché detti obiettivi sono garantiti dalle procedure armonizzate di autorizzazione per l’emissione deliberata di Ogm”. Il diritto dell’Unione, in definitiva, esautora lo Stato italiano dato che le leggi europee già condizionano la concessione delle autorizzazioni ad una valutazione dei rischi per la salute umana e per l’ambiente. Non è quindi possibile per un Paese membro “subordinare la coltivazione di Ogm autorizzati” ad una “autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente”.