Perché il prezzo della benzina e del diesel è alle stelle (e cosa possiamo fare noi)

PREZZO DELLA BENZINA DIESEL

Il caro carburante è tutto colpa della guerra? Chi vigila sulle speculazioni denunciate su benzina e diesel? Che fine ha fatto Mister Prezzi? Proviamo a rispondere a queste domande e cerchiamo di capire come risparmiare con le buone pratiche di utilizzo dell’auto.

 

Il taglio delle accise non frena l’impennata del costo dei carburanti. Il picco è stato raggiunto con la benzina a quota 2,073 euro al litro, il gasolio a 2,033. L’ultima rilevazione del 27 giugno 2022 ha segnato una risalita, in una sola settimana, del +10,5% per la benzina e del +27,79% del gasolio. Lievissimo calo del -0,09% per il GPL che passa a 829,63. Senza accisa e Iva, la benzina costerebbe 1.221,58 e il gasolio 1.299,67.

Schizzano anche i prezzi dei combustibili per uso riscaldamento, con il gasolio a 2.011,59 euro ogni 1.000 litri (+20,18%).

Con l’ultimo decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il dicastero alla Transizione Ecologica, firmato il 24 giugno scorso, il governo Draghi ha prorogato il termine di scadenza dei tagli alle accise. Le riduzioni, dunque, varranno anche per il periodo dal 9 luglio al 2 agosto 2022. I tagli alle imposte sui prodotti energetici usati come carburanti provano a contenere questo aumento che pare inarrestabile.

Il decreto anti rincari prevede la riduzione delle aliquote di accisa sulla benzina, sul gasolio e sui GPL impiegati e la riduzione al 5% dell’aliquota Iva per il gas naturale.

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Gli effetti. Vacanze a rischio

Le vacanze rischiano di essere solo un miraggio per molti italiani. Come se non bastasse, anche i prezzi degli aerei sono alle stelle e molti voli sono stati cancellati durante gli ultimi recenti scioperi.

Si stima che il caro benzina costerà 540 euro in più a famiglia, il diesel 658 euro.

Tutto si somma poi all’inflazione, ossia all’aumento dei costi di molti beni di prima necessità e dell’energia per uso domestico.

 

Aumento benzina: le cause

In effetti il taglio delle accise non basta più. Le misure governative sono vanificate dalle quotazioni sempre e costantemente in crescita del prezzo del barile di petrolio sui mercati internazionali, almeno da quando è scoppiata la guerra, dall’invasione della Russia in Ucraina del 24 febbraio scorso. La miccia bellica ha incendiato il mercato petrolifero facendo “bruciare” gli anni di stabilità che hanno preceduto quest’ultima crisi.

 

Il costo del barile dal dopoguerra a oggi

Il costo del barile è un altro indicatore di questi aumenti. Il prezzo del barile risulta stabile dal 1946 ai primi anni ’70. Raggiunge i primi picchi del dopoguerra più di un decennio dopo l’istituzione dell’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries), organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio istituita nel settembre 1960 a Baghdad. Gli Stati membri dell’Opec costituirono un cartello che aveva lo scopo di unificare e di coordinare le politiche relative alla produzione e all’esportazione del petrolio, svolgendo quindi una importante funzione di mediazione fra i loro interessi. L’obiettivo era (ed è) proteggere le economie dei paesi produttori contrastando le flessioni di prezzo del petrolio.

Si arriva così alla grave crisi energetica del 1973, segnata da un brusco aumento del prezzo del greggio e dei suoi derivati. Accadde nel giorno della ricorrenza dello Yom Kippur, il 6 ottobre 1973, quando Egitto e Siria attaccarono Israele. Scoppia la Guerra del Kippur, che dura dal 6 al 25 ottobre di quell’anno. Gli Stati arabi associati all’Opec decisero di sostenere l’azione di Egitto e Siria tramite robusti aumenti del prezzo del barile ed embargo nei confronti dei Paesi maggiormente filo-israeliani. Le misure dell’Opec condussero ad una impennata dei prezzi e ad una repentina interruzione del flusso dell’approvvigionamento di petrolio verso le nazioni importatrici.

L’immagine più significativa di quella crisi in Italia la si vede nei tanti filmati e scatti che ritraevano gli italiani in bicicletta. Un periodo che gli storici definiscono dell’austerity, collocato tra il 1973 ed il 1974, durante il quale molti governi dei Paesi occidentali, compreso quello italiano, furono costretti ad emanare disposizioni volte al drastico contenimento del consumo energetico.

La crisi pose fine al ciclo di sviluppo economico che aveva caratterizzato l’Occidente negli anni Cinquanta e Sessanta. In Italia in particolare al miracolo economico, durato dal 1958 al 1963, quando si imposero nuovi stili di vita improntati a un apparente benessere e al consumismo (arrivavano i primi grandi elettrodomestici moderni con pagamenti a rate e le auto utilitarie di massa come la Fiat Cinquecento). Pesanti furono le conseguenze dell’austerity sull’industria, che per la prima volta si trovò costretta ad affrontare il problema del risparmio energetico.

Dopo quella crisi, il prezzo del greggio si stabilizzò, fino a toccare nuovamente il valore durante la grave crisi finanziaria cominciata nel 2007-2008. In quel periodo, il costo del barile arrivò a toccare oltre i 145 dollari (contro i 68 dollari del periodo 1996 – 2005!).

Il prezzo al barile precipitò di nuovo nl periodo 2006 – 2019 toccando i minimi storici di 27 dollari. A marzo 2022, dopo un mese di guerra ai confini dell’Europa, il barile ha sfondato i 100 dollari raggiungendo agli inizi di luglio 2022 i 115 dollari.

 

Le sanzioni contro il regime di Putin e la speculazione

Anche l’embargo del petrolio russo deciso dall’Unione europea come strumento sanzionatorio e di contenimento dell’aggressione russa, ha accelerato questa tendenza del prezzo in crescita di Brent e Wti.

Eppure, ci sono diversi analisti e Associazioni che parlano di “speculazione ingiustificata”, secondo i quali gli eventi bellici non dovrebbero incidere così tanto. Un po’, certo, ma non in queste percentuali. La pensa così Carlo De Masi, presidente di Adiconsum, che a Dire, già in tempi non sospetti, dichiarava:

“Indubbiamente un fatto vero, in assoluto, ma non solo a causa di quanto sta accadendo nel conflitto tra Russia e Ucraina, che influisce sul prezzo del gas e delle materie prime in generale. Si tratta anche di una speculazione, perché già a luglio dello scorso anno il ministero della Transizione Ecologica annunciò un aumento del gas del 40%. È dunque un fatto generalizzato, ma anche un fatto di speculazioni rispetto a quanto avviene sullo scenario internazionale”.

 

Che fine ha fatto Mister Prezzi?

Se così fosse, verrebbe da domandarsi che fine abbia fatto Mister Prezzi, il direttore generale del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico), il Garante per la sorveglianza dei prezzi. Il ministro Giancarlo Giorgetti aveva assicurato l’impegno dell’esecutivo contro le speculazioni, con apposita unità di missione all’interno del Garante dei prezzi. “La task force – assicurava il 22 giugno – è attualmente in fase di costituzione e reclutamento del personale”. Il Garante dei prezzi è Benedetto Mineo, già segretario del ministero dello Sviluppo Economico. Ha ricoperto in passato il ruolo di direttore dell’Agenzia Dogane e Monopoli. La legge istitutiva del Garante dei prezzi non prevede alcun compenso per la sua mansione e gli conferisce un mandato breve della durata di tre anni. Al momento non risultano atti o provvedimenti significativi rispetto ai recenti aumenti e alle denunce di speculazione.

 

Come fermare il caro benzina?

Il governo come è evidente prova a contenere gli aumenti con soluzioni tampone, tagliando sulle imposte mese dopo mese. Ma è chiaro che inseguire gli eventi che vanno più veloci dell’azione politica è come quando durante una tappa del Giro d’Italia il gruppo di gregari perdesse terreno, mentre quello di testa accelerasse in volata. Il distacco si allunga.

Una delle critiche principali, poi, è che poco si fa per attenuare i fenomeni speculativi, che stanno riducendo sempre più il potere d’acquisto degli europei. Il tasso di inflazione annuo dell’area euro era dell’8,1% a maggio 2022, rispetto al 7,4% di aprile. Un anno prima, nel 2021, il tasso di aumento dei prezzi era del 2,0%!

Bruxelles ha appena deciso lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035. Inoltre i Paesi dell’Unione Europea si sono prefissati come grande obiettivo quello di eliminare l’inquinamento, con emissioni zero di CO2 entro il 2050. Obiettivi che se raggiunti, potrebbero slegarci dalla dipendenza dai produttori di energie inquinanti, che di fatto, oltre alle nostre tasche, compromettono anche la tenuta delle democrazie occidentali, la salute pubblica e l’ecosistema ambientale.

A noi consumatori, non resta che risparmiare carburante e abbracciare nuovi stili di vita che in parte, con la pandemia, si sono già imposti. Lo smart working (il lavoro da casa) è meno inquinante e fa risparmiare sui consumi energetici. Ma, se proprio non possiamo rinunciare alle autovetture, dobbiamo sapere che si può risparmiare anche con piccole buone pratiche.

 

Le buone pratiche per risparmiare sui carburanti

  • Fare attenzione alle marce (ingranare la marcia che non richiede troppa pressione sull’acceleratore. Ad esempio, non alzare troppo i giri del motore e passare alle marce più alte quando la macchina lo richiede);
  • Evitare i carichi eccessivi;
  • Ridurre la velocità;
  • Occhio all’aerodinamica (camminare a finestrini aperti è certamente un modo per consumare di più);
  • Utilizzare app per i prezzi dei distributori;
  • Effettuare una corretta manutenzione del mezzo;
  • Gestire il clima dell’auto;
  • Avere uno stile di guida meno aggressivo;
  • Evitare le ore di punta (il traffico costringe a cambiare continuamente le marce e a consumare di più);
  • Spegnere il motore quando non serve;
  • Approfittare dei bonus auto per cambiare il mezzo vecchio e inquinante da permutare, acquistandone una ibrida o più sostenibile;
  • Utilizzare, dove è possibile, i mezzi pubblici;
  • Parcheggiare l’auto nelle aree collegate con i mezzi pubblici;
  • Camminare di più evitando l’auto anche per tragitti brevi;
  • Cambiare piccole abitudini (per esempio, preferendo i supermercati che recapitano la spesa direttamente a casa).