Forse si comincia a capire qualche cosa in più sui casi di epatite di origine sconosciuta che stanno attraversando l’Europa, colpendo i bambini e facendo paura anche in Italia.
L’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito sostiene che “L’adenovirus è l’agente patogeno più comune rilevato nel 75% dei casi confermati”. Si indaga su una possibile mutazione genetica
Forse si comincia a capire qualche cosa in più sui casi di epatite di origine sconosciuta che stanno attraversando l’Europa, colpendo i bambini e oramai facendo paura anche in Italia.
Da quanto rivela l’Ansa, l’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA) in un report sostiene che “L’adenovirus è l’agente patogeno più comune rilevato nel 75% dei casi confermati” di epatiti acute nei bimbi in Gran Bretagna e, in particolare, “il ceppo di adenovirus chiamato F41 sembra la causa più probabile”.
Gli scienziati stanno studiando se c’è stato un cambiamento nella composizione genetica del virus che potrebbe innescare più facilmente l’infiammazione del fegato, dato che finora non si erano osservate correlazioni a malattie epatiche. Nel report dell’agenzia, aggiornato al 25 aprile e diffuso dai media inglesi, si sottolinea che la maggior parte dei bambini che contraggono l’adenovirus non hanno sintomi particolarmente gravi. “Le informazioni raccolte attraverso le nostre indagini suggeriscono sempre più che questo aumento dell’insorgenza improvvisa dell’epatite nei bambini è legato all’infezione da adenovirus”, ha dichiarato Meera Chand, direttrice delle infezioni cliniche ed emergenti presso l’Ukhsa. “Tuttavia, stiamo indagando a fondo su altre potenziali cause”.
Un’altra possibile spiegazione è che le misure di precauzione imposte nella pandemia potrebbero aver portato i bambini piccoli a essere esposti per la prima volta all’adenovirus in un momento successivo della loro vita rispetto a quando normalmente accade, portando a una risposta immunitaria più vigorosa, in alcuni, nei confronti dell’adenovirus.
“L’Ue segue molto da vicino la situazione, che è preoccupante” e gli Stati dovrebbero “condividere tutte le informazioni possibili” ha spiegato la Commissaria Ue alla salute Stella Kyriakides. Aggiungendo che “al 25 Aprile erano approssimativamente 40 casi negli Stati membri. Finora i casi si registrano tra bambini tra un mese e sedici anni di età, la probabile origine è virale, ma abbiamo bisogno di più informazioni”.
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