Biocarburanti da grano e mais, le Ong accusano l’Ue: “Grave errore di fronte a crisi alimentare globale”

biocarburanti grano

Secondo uno studio di Transport & Environment, l’Europa trasforma ogni giorno 10mila tonnellate di grano, l’equivalente di 15 milioni di pagnotte, in etanolo per produrre biocarburanti. L’esperto: ma l’alternativa sostenibile esiste

 

Secondo un nuovo studio, l’Europa trasforma ogni giorno 10mila tonnellate di grano, l’equivalente di 15 milioni di pagnotte, in etanolo per produrre biocarburanti. L’organizzazione ambientalista Transport & Environment, che ha condotto lo studio, chiede di fermare la combustione di grano e altre colture alimentari nei biocarburanti e ha etichettato la spinta della lobby dei biocarburanti per aumentare la produzione come “immorale” in un periodo di grave carenza alimentare globale.

“Politiche inaccettabili di fronte a crisi alimentare globale”

Secondo Maik Marahrens, responsabile dei biocarburanti di T&E: “Ogni anno bruciamo milioni di tonnellate di grano e altri cereali vitali per alimentare le nostre auto. Ciò è inaccettabile di fronte a una crisi alimentare globale. I governi devono urgentemente fermare la combustione di colture alimentari nelle automobili per ridurre la pressione sulle forniture critiche”. Secondo lo studio, la rimozione del grano dai biocarburanti europei compenserebbe oltre il 20% del crollo delle forniture di grano ucraino al mercato globale. In paesi come l’Egitto, che importa oltre il 60% del suo grano, principalmente da Russia e Ucraina, queste forniture aggiuntive al mercato salverebbero la vita. Per questo, un gruppo di Ong europee, tra cui T&E, Campaign against Climate Change e Global Justice Now, ha chiesto ai governi di interrompere immediatamente l’uso delle colture alimentari come combustibile. “Garantire forniture energetiche stabili alle persone e all’economia non deve andare a scapito della sicurezza alimentare o portare l’inflazione dei prezzi dei generi alimentari a perdere il controllo”, afferma il gruppo.

La pressione delle lobby a causa della guerra in Ucraina

Ci sono richieste crescenti, in particolare tra la lobby europea dei biocarburanti (ePure e European Biodiesel Board), per la sostituzione del petrolio russo con biocarburanti ottenuti da colture come grano, mais, orzo, girasole, colza e altri oli vegetali. Maik Marahrens aggiunge: “In tal modo si approfitta cinicamente delle preoccupazioni della gente sui prezzi del carburante, mettendo il profitto sulla sicurezza alimentare. Questo è immorale mentre milioni di persone in tutto il mondo non possono permettersi nemmeno una pagnotta”. E nonostante l’impennata dei prezzi dei generi alimentari sulla scia dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, che ha decimato il granaio dell’Europa. L‘Ucraina e la Russia insieme forniscono circa un quarto del grano e dell’orzo commercializzati a livello mondiale, il 15% del mais e oltre il 60% dell’olio di girasole.

Anche raddoppiare terreni per biocarburanti non servirebbe a molto

Secondo le Ong, “anche se l’Europa raddoppiasse la quantità di terreni agricoli che dedica ai biocarburanti, equivalenti ad almeno il 10% dei terreni agricoli dell’Ue per le colture, ciò sostituirebbe solo il 7% delle importazioni di petrolio dell’Ue dalla Russia. Per sostituire tutte le importazioni russe di petrolio con biocarburanti coltivati ​​in casa sarebbero necessari almeno due terzi dei terreni agricoli del blocco per i raccolti”.

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L’esperto: “Ma esistono biocarburanti senza questo conflitto d’interessi”

“Il tema dei biocarburanti è estremamente complesso – spiega al Salvagente Vito Pignatelli, esperto di biofuel, ex Enea, e presidente di Itabia, associazione italiana biomasse – l’elemento fondamentale e il punto di forza dei biocarburanti è la questione della sostenibilità. Hanno senso solo se sono sostenibili, e chiaramente quelli derivati da materie prime agricole, come i cereali, si pongono in conflitto d’interesse con la questione alimentare”. Ma per fare un ragionamento attorno ai biofuel, bisogna però chiarire quali sono i principali e a cosa servono. “Innanzi tutto, va detto che i due punti centrali sono le materie prime e la tecnologia utilizzata. I combustibili fossili sono fatti essenzialmente di carbonio e idrogeno. L’etanolo porta con se anche dell’ossigeno, e per questo deve essere miscelato con il carburante tradizionale. Qui entra in gioco la capacità della tecnologia più avanzate di rendere simile il biocarburante quanto più possibile a quello tradizionale”, spiega Pignatelli, che aggiunge: “c’è poi la questione della materia prima. Con l’olio esausto si produce il biocarburante migliore dal punto di vista della sostenibilità, anche se in quel caso il conflitto è con altri utilizzi industriali (per esempio serve anche a fare i saponi), ma con il riuso di olio si produce solo carburante adatto a sostituire diesel e cherosene, quest’ultimo destinato agli aerei, non la benzina”. Per creare un carburante non fossile che vada bene per i motori a benzina, serve l’etanolo.

I limiti e gli obbiettivi

E siamo di nuovo al dilemma iniziale. Come risolverlo? “L’Ue permette di coltivare per il biocarburante terreni contaminati o comunque non destinabili alla produzione agroalimentare, ma parliamo comunque di poca roba. La vera soluzione è l’etanolo di seconda generazione, che viene prodotto da scarti agricoli, come la paglia, scarti di mais, e simili. Ad oggi, però, esistono ancora pochi stabilimenti in grado di produrre biocarburanti con etanolo di seconda generazione. Mentre con l’etanolo da cereali, la materia prima costa di più e la tecnologia costa poco, con l’etanolo di seconda generazione è il contrario: materia prima quasi gratuita e tecnologia costosa. In ogni caso vale la pena investire in quella direzione” spiega l’esperto. Ad oggi l’Italia, grazie al biofuel risparmio il 3,5-4% di emissioni inquinanti, troppo poco per Vito Pignatelli, secondo cui: “Bisognerebbe comunque utilizzare i biocarburanti solo nei settori dove non c’è alternativa, come per gli aerei, e per il resto puntare all’elettrificazione per i mezzi privati e all’utilizzo di biometano (da scarti organici) per il trasporto pubblico, obbiettivo già oggi realizzabile”.