Anche quest’anno l’Ewg pubblica il report “La sporca dozzina” sull’ortofutta più contaminata negli Stati Uniti assieme ai 15 cibi più puliti. Nel primo elenco, purtroppo, ancora una volta svettano fragole e spinaci, mentre in quello dei “buoni” primeggia l’avocado
Ogni anno, ad aprile, tanto l’Europa che gli Stati Uniti fanno i conti con i dati raccolti durante le analisi di un’intera stagione sui pesticidi negli alimenti.
Delle poco tranquillizzanti statistiche italiane ed europee ci siamo occupati già qualche giorno fa in queste pagine. Oggi vogliamo vedere cosa è stato registrato dall’altra parte dell’oceano, in America del nord, attraverso il consueto report dell’Environmental Working Group Dirty Dozen (la sporca dozzina) e del suo opposto il Clean Fifteen (i 15 più puliti). Dati basati sui risultati del programma di analisi del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti.
Secondo l’USDA, il Pesticide Data Program (PDP) è un programma nazionale di monitoraggio dei residui di pesticidi e produce il database di residui di pesticidi più completo negli Stati Unit, con un’enfasi su quei prodotti altamente consumati da neonati e bambini. Il programma è attuato attraverso la cooperazione con i dipartimenti statali dell’agricoltura e altre agenzie federali.
Ecco gli elenchi del gruppo di lavoro ambientale per quest’anno. L’elenco “sporco” è in ordine dal peggiore al migliore e l’elenco “pulito” è in ordine dal migliore al peggiore.
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“Sono stati trovati residui di pesticidi su oltre il 70 per cento dei prodotti non biologici testati da Usda e Fda, continuando un problema evidenziato nel rapporto dello scorso anno”, dichiara l’Environmental Working Group che annunciava gli elenchi.
L’analista scientifico dell’Environmental Working Group Sydney Swanson ha raccomandato ai consumatori, ove possibile, di acquistare versioni biologiche dei prodotti “Dirty Dozen”. Quando le opzioni biologiche non fossero disponibili o accessibili, il consiglio è di optare per le alternative “Clean Fifteen”.
E questa, per l’appunto, è la lista dei “buoni”, ossia dei prodotti che non hanno fatto segnare residui (o lo hanno fatto in misura minore)