La Procura di Roma ha aperto un’indagine sull’aumento dei prezzi dei carburanti dopo che il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha parlato di “speculazione in atto” e di “colossale truffa” salvo poi tarare un po’ il tiro. Eppure se il governo volesse davvero intervenire ha in mano la leva giusta per abbassare la componente fiscale (60% del prezzo alla pompa): azionando l’accisa mobile, norma prevista dalla legge 244/07 (Finanziaria 2008) voluta dall’allora ministro Pier Luigi Bersani.
Come funziona l’accisa mobile
Sono stati i sindacati dei gestori (Faib-Confesercenti, Fegica-Cisl Figisc-Confcommercio) che la scorsa settimana hanno ricordato al governo di poter azionare l’accisa mobile, una norma già usata in passato: quando il prezzo dei carburanti schizza alle stelle e le casse pubbliche se ne avvantaggiano in virtù del maggior gettito Iva, vengono sterilizzati gli aumenti attraverso la diminuzione di 5 centesimi delle accise.
In particolare per applicare l’accisa mobile, la condizione necessaria è che il prezzo del greggio aumenti di oltre il 2% rispetto al valore definito nel Dpef e che nel bimestre precedente la quotazione internazionale del petrolio non sia diminuita di pari percentuale. Secondo i sindacati dei gestori entrambi i parametri sarebbero oggi rispettati: “Di poco – spiegano – ma i prezzi scenderebbe subito e sarebbe un segnale importante per i cittadini e le imprese”.
La doppia velocità della benzina
Dunque, oltre a denunciare il governo può dare un segnale subito. Ma bisogna rispondere a una domanda: c’è una manovra speculativa in atto? Abbiamo confrontato i prezzi alla pompa di diesel e benzina nei principali in Europa e gli aumenti sono generalizzati. Dunque nessun problema? Diremmo nessun “nuovo” problema visto che la cosiddetta doppia velocità che penalizza gli automobilisti alla pompa, quando il prezzo della benzina è sempre veloce a salire rispetto alle tensioni internazionali e lento a scendere rispetto al “crollo” del petrolio, c’è sempre stato e nonostante vari tentativi non si è mai riusciti a trovare un calmiere.
Naturalmente le aziende petrolifere scaricano oggi quelli che sarebbero gli aumenti di domani (in realtà tra 2-3 mesi): i carburanti che acquistano in queste ore costano molto di più rispetto a quelli di cui si sono riforniti nelle settimane passate e vengono venduti ora agli automobilisti. Per “rifarsi” aumentano il prezzo alla pompa. Ma lo stesso meccanismo dovrebbe funzionare pure in caso di ribasso delle quotazioni del greggio. Insomma il meccanismo è perverso, ma non è nuovo né tanto meno è stato causato dal conflitto ucraino.
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Tra Mise e Mite: chi ha la competenza sui carburanti?
A complicare le cose – e forse a rendere meno tempestivi gli interventi necessari – ci sono le competenze ripartite tra i ministeri in materia di carburanti. Con la creazione del Mite, il ministero della Transizione ecologica, alcune competenze (come l’approvvigionamento della rete di distribuzione dei carburanti) sono stati trasferite dal Mise, il ministero dello Sviluppo economico, al nuovo dicastero di Cingolani.
Allo Sviluppo economico è rimasta la competenza sull’Osservatorio prezzi (dove il “Sito in AGGIORNAMENTO, non è quindi possibile effettuare la comunicazione dei prezzi”) anche se dalle statistiche di settore da tempo non figura più il cosiddetto “stacco Italia” la differenza tra il prezzo industriale della materia prima praticato nel nostro paese e quello degli altri stati membri. In genere in Italia i prezzi industriali (cioè al netto della componente fiscale, Iva e accise) storicamente sono sempre stati più alti rispetto a quelli di Francia, Germania, Spagna e via elencando.
Infine se si volesse intervenire sulle accise, l’azione dev’essere concordata tra il Mise e il Mef, il ministero dell’Economia e delle finanze… Insomma più facile a dirsi che a prendere una decisione. E intanto il diesel ha superato il prezzo della benzina (storicamente un po’ più cara) e i carburanti viaggiano verso i 2,3 euro al litro.