La novità non è tanto che nelle acque di Milano ci siano sostanze perfluoroalchiliche, i cosiddetti inquinanti per sempre, alcuni dei quali cancerogeni e interferenti endocrini, fatto poco noto ai cittadini ma che l’Arpa Lombardia conosce già dal 2020, quando ne ha denunciato la presenza. Quello che preoccupa è che tra i Pfas trovati nel monitoraggio più recente dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, c’è anche il C6O4, una sostanza prodotto in esclusiva dalla multinazionale belga Solvay, a Spinetta Marengo, vicino Alessandria. Come il Salvagente ha più volte raccontato, al centro della contaminazione ambientale causata da questo Pfas c’è un’annosa protesta di comitati locali e ambientalisti che chiedono lo stop della produzione. I dati del monitoraggio nel milanese sembrano confermare che gli strumenti messi in atto dalla proprietà del polo chimico di Spinetta non sarebbero sufficienti a evitare la contaminazione di falde idriche e corsi d’acqua.
I depuratori non bastano
Secondo il quotidiano Domani, che ha raccontato il monitoraggio dell’Arpa Lombardia, “Risalendo al tessuto idrografico della città si vede come il C6O4 si diluisca nella rete fognaria, e scorrendo verso sud esca all’estremo opposto della città, probabilmente nel parco agricolo di Milano sud: area naturale protetta sede di diversi presidi Slow Food”. Al centro del trasporto di questo Pfas c’è la Vettabbia, un canale usato per l’irrigazione dei campi di riso e mais nell’area compresa tra l’abbazia di Chiaravalle e quella di Viboldone in zona San Giuliano Milanese, in pieno parco agricolo di Milano sud. “Non si può sapere con certezza in quale concentrazione il C6O4 sia presente, visto che Arpa non ha mai campionato la Vettabbia. Le analisi realizzate a valle e vicino a questa zona infatti sono state fatte con troppo o troppo poco scarto rispetto agli sversamenti per farsene un’idea”, scrive il Domani, secondo cui i depuratori della zona non sono sufficienti a fermare il Pfas, che a Mariano Comense viene scaricato insieme ai reflui considerati depurati nella rete fognaria della città. “il fatto che sia stato trovato ripetutamente e in concentrazioni così elevate deve quanto meno spingere ad andare a misurarlo lì dove nessuno controlla, visto che il C6O4 è assorbito in misura maggiore proprio dalla vegetazione”, dice Sara Valsecchi, ricercatrice del Cnr al Domani. Mentre Arpa Lombardia, contattata dal quotidiano, ha fatto sapere di aver compiuto diversi sopralluoghi presso il depuratore di Mariano Comense e di aver ampliato nel corso del 2021 il monitoraggio sugli impianti di depurazione delle acque reflue urbane ma non dei canali di irrigazione. Ma al momento i dati sono ancora in corso di elaborazione e non saranno pronti prima della primavera del 2022. E al contrario dell’omonina Veneta, l’Arpa lombarda non risulta che abbia mai monitorato la presenza di questi composti nel cibo e nelle coltivazioni. “L’assessore all’ambiente della città di Milano, Elena Grandi, ha fatto sapere di essere a conoscenza del problema dei Pfas in generale ma di non avere preso ancora provvedimenti” conclude il Domani.
Le statistiche preoccupanti vicino al polo Solvay
Già lo scorso luglio, l’ingegner Claudio Lombardi che fa parte di Legambiente e del Comitato Stop Solvay, nonché ex assessore all’ambiente di Alessandria, aveva spiegato al Salvagente, che secondo l’indagine dell’Amministrazione Comunale di Alessandria, riguardante l’area più ristretta di raggio 3 Km e centro il Polo Chimico resa pubblica nel dicembre 2019, “le eccedenze di patologie, sia tumorali che non tumorali, rispetto alla popolazione non esposta del comune di Alessandria aumentano in modo sensibile al diminuire della distanza dallo stabilimento chimico”. Si tratta di patologie agli organi epato-biliari, di insufficienze renali, tumore al rene in alcuni casi superiori fino al 50% alla popolazione non esposta : tali patologie non diminuiscono negli anni. “Ricordo inoltre una patologia particolarmente crudele che colpisce la fascia di età 0-16 anni : si tratta di malattie neurologiche con eccedenze del 86% rispetto ai coetanei alessandrini. Molte di queste patologie sono tipiche dell’esposizione a composti fluorurati quali i Pfas alla cui famiglia appartiene il C6O4 oggetto della contestata richiesta da parte di Solvay di aumentarne la produzione“. “Infine desidero ricordare – conclude Lombardi – che Enti Pubblici ed Associazioni Ambientaliste chiedono invano a Solvay di rendere pubblici i dati di indagini che l’azienda fa sistematicamente condurre da Istituti Privati tramite analisi ematologiche e controlli sanitari”.