Il settore alimentare produce oggi tra un quarto e un terzo delle emissioni globali di gas serra. Nell’Unione Europea, questa cifra varia dal 25% in alcuni paesi al 42% in altri. Ovviamente, non tutti gli alimenti inquinano allo stesso modo. Usando questo data base, è possibile avere un’idea delle emissioni di gas serra (misurate in chilogrammi di anidride carbonica equivalente (kgCO₂eq) per chilogrammo di prodotto alimentare.
Ad esempio, un chilo di carne produce 99,48 kg di anidride carbonica ed è di gran lunga l’alimento con un impatto sull’ambiente maggiore. In fondo alla classifica le noci (0,43 kg). Al centro il caffè (28,53 kg), il formaggio (23,88 kg) e il mais (1,7 kg). Se questo esempio può risultare scontato, non è sempre così: ad esempio, l’impronta di carbonio di una banana importata in Europa dall’Ecuador è molto inferiore a quella di un formaggio prodotto in un’azienda agricola vicino a casa. Se da un lato ci sono tanti buoni motivi per mangiare più cibo di provenienza locale, ma se si vuole fare la differenza dal punto di vista ambientale è molto più importante prestare attenzione al tipo di prodotto che si consuma. Per questo, sarebbe utile – come alcuni paesi europei stanno già facendo – introdurre etichette “semaforiche” per indicare il livello di emissioni associate al prodotto in questione. Una cosa simile alle etichette che indicano l’efficienza energetica degli elettrodomestici che potrebbe essere utile per indirizzare le scelte dei consumatori.
Utili, ma certamente non prive di rischi: si tratta, infatti, di uno strumento limitato, perché forniscono informazioni su un singolo aspetto del processo produttivo. Alcune sono persino progettati dai produttori stessi e mancano di una vera trasparenza sui criteri utilizzati (spesso portano semplicemente termini generici come “verde” o “eco-friendly”) e possono quindi trovare un posto d’onore nel toolkit del greenwashing.
A luglio scorso la Commissione europea ha registrato un’iniziativa dei cittadini europei (Ice) che chiede un “punteggio ecologico europeo” per informare i consumatori sull’impatto ecologico dei diversi prodotti. Il “faro” è la Francia dove all’inizio del 2021, è stato introdotto un “Eco-Score” da alcune organizzazioni ambientaliste (tra cui Open Food Facts, che già raccoglie informazioni sui prodotti alimentari in tutto il mondo) con il supporto dell’Agenzia francese per la transizione ecologica.
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