Caro Salvagente, ho letto la vostra risposta ad una lettrice che chiedeva se il condominio può vietare l’installazione di reti a protezione dei propri gatti. Nella risposta si confermava che il balcone è di fatto un’estensione dell’appartamento e quindi una parte privata che appartiene al proprietario.
Ma per quanto riguarda gli appartamenti in affitto? O meglio gli appartamenti in godimento locali in una cooperativa a proprietà indivisa? Io sono socia e abito in un appartamento di proprietà indivisa da moltissimi anni, ho 6 gatti (uno di questi caduto 3 volte dal balcone) e abitando al terzo piano vorrei installare una rete di protezione. I regolamenti interni sono abbastanza rigidi, non dicono nulla sulle reti ma prima di fare domanda vorrei sapere se possono vietarlo.
Barbara Caimmi
Cara Barbara, ancora una volta abbiamo chiesto aiuto all’ufficio legale della Lav per darle una risposta di merito. Ecco cosa ci hanno risposto gli avvocati della Lega Antivivisezione.
Per poter analizzare con ordine la questione giuridica dobbiamo partire dal presupposto che la scrivente non è proprietaria esclusiva dell’immobile, bensì di cosa indivisa, ragion per cui sono potenzialmente applicabili le disposizioni in tema di comunione.
A tal proposito, secondo l’art. 1102 c.c. (uso della cosa comune) è previsto che: “I. Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.  II. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso“.
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Da quanto premesso può trarsi che, poiché la rete non dovrebbe comportare un’alterazione della destinazione dell’immobile, né renderlo inservibile agli altri partecipanti, potrebbe in linea teorica essere installata senza necessario consenso di tutti.
Tuttavia, per “quieto vivere” la proposta potrebbe anche essere portata a conoscenza in via preliminare dei comproprietari soprattutto se per la peculiare natura dell’appartamento e del suo affaccio esterno, possa arrecare magari qualche possibile intralcio a terzi o non essere in linea con il concetto di decoro del palazzo, così scatenando eventuali successive rimostranze. Dal canto suo, la signora potrà senz’altro far presente ai comproprietari che trattasi di un elemento rimovibile, che insiste esclusivamente sulla proprietà della comunione e che non lede (se installato a regola d’arte) il decoro architettonico dello stabile. Inoltre, per far valere le sue ragioni la signora potrà far presente che tale rete è imprescindibile per la salute dei suoi animali ed impedire nuove cadute dopo le 3 già avvenute. Non si tratta, quindi, di un vezzo ma di uno strumento necessario alla sana convivenza con i suoi felini, tutelata dalla Costituzione, e dalle stesse norme condominiali. Ricordiamo, infatti, che l’art 1138 comma 5 c.c. prevede che le norme del regolamento non possano vietare di possedere o detenere animali domestici. Di conseguenza, se è stabilito il diritto ad averli in casa, deve anche essere assicurato che tale diritto possa esercitarsi nel rispetto della salute e delle caratteristiche etologiche dei felini, che per loro indole hanno bisogno di accedere anche agli spazi esterni della casa quali i balconi. Pertanto, cercare di impedire strumenti di sicurezza a loro tutela – se non attraverso debita motivazione – potrebbe piuttosto far concorrere coloro che si oppongono negli eventuali rischi che correrebbero gli animali (quali, ad esempio, nuove cadute, ferimenti e finanche morte degli animali).
In secondo luogo, dal punto di vista “condominiale”, occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 1122 c.c. (opere su parti di proprietà o uso individuale) “I. Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità , alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Pur ammettendo di voler assimilare la rete ad un'”opera” (che si attaglia più propriamente a verande, coperture varie, pergolati, ecc …), quindi, questa sarebbe oggetto di divieto solo nel caso in cui rechi danno alle parti, determini pregiudizio alla stabilità , alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio (N.B. il concetto di decoro può variare però da condominio a condominio: infatti, il regolamento condominiale può prevedere talvolta limitazioni specifiche alle facoltà inerenti alla proprietà esclusiva, e dare al concetto di decoro architettonico una definizione più restrittiva di quella del codice (v. ad es. Trib. Udine n. 252/2016 e Cass. n. 1748/2013).
Al di fuori di questi casi, perciò, al proprietario rimane spazio per esercitare tutte le facoltà connesse al suo titolo, soprattutto se come in questo caso sono a tutela di animali suoi conviventi, per i motivi già indicati.
Ma nel caso di balconi che confini ha il concetto di “proprietà ”?
Come affermato in precedenza, alla luce della sentenza già citata (Corte di Cassazione n. 6624/2012 del 30.04.2012) la Suprema Corte ha definito i balconi aggettanti, come dei meri prolungamenti del relativo immobile e devono essere considerati di proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento, poiché non rispondono alla funzione di copertura dei piani sottostanti; godono di una piena autonomia poiché la loro sussistenza prescinde dalla presenza di altri balconi ai piani inferiori o superiori; non svolgono alcuna funzione di utilità per gli altri condomini; la loro esistenza va ad esclusivo vantaggio del condomino proprietario dell’immobile corrispondente. All’interno dell’area delimitata dal balcone aggettante, pertanto, trovano spazio tutti i diritti/doveri connessi alla veste giuridica di proprietario.
Qualche riflessione ulteriore si rende necessaria, invece, nel caso si tratti di balconi incassati (che condividono parti in comune con parti comuni), che complicano un pò il quadro della situazione in quanto, ad esempio, le parti murarie sulle quali può andare a poggiare la rete potrebbero non risultare comprese nella proprietà dell’appartamento con conseguenti rischi di contestazione a vario titolo.
In definitiva, si ritiene che – in linea generale – al fine di tutelare la salute degli animali con cui si convive e nel rispetto dei limiti indicati, sia possibile procedere alla messa in sicurezza del balcone tenendo in considerazione le eventuali disposizioni di dettaglio del regolamento condominiale riguardanti il decoro architettonico. Per la varietà e specificità della casistica nonché per la ricchezza della materia, tuttavia, si raccomanda un più dettagliato confronto con un avvocato specializzato in materia condominiale che, avuto riguardo di tutti gli elementi del caso, saprà suggerire il modo più sicuro per procedere.