L’Italia dei bonus e delle mancette che se ne infischia dell’equità

BONUS

Cambiano i governi ma non la consuetudine di elargire mancette tutt’altro che eque. E per di più pagate dalla collettività. È l’Italia dei bonus, quella che fa piovere milioni di euro senza neppure distinguere tra chi ha redditi a cinque zeri e chi fatica a sbarcare il lunario, mascherando aiuti di Stato che, forse, avrebbero maggior senso se fossero dichiarati come tali.
Un esempio lo trovate nel servizio di Lorenzo Misuraca del nuovo numero del Salvagente, in cui spieghiamo le condizioni del bonus tv. Una sovvenzione fatta coi soldi di tutti nel – vano – tentativo di smorzare i malumori di chi è costretto a cambiare un televisore ancora funzionante per l’ennesimo mutamento della tecnologia di trasmissione. Accanto a un aiuto – per la verità minimo – legato al reddito Isee, ossia all’unico indicatore che questo paese ha per misurare la ricchezza delle famiglie – probabilmente perfettibile, ma certamente indicativo – ci sono, come leggerete, cento euro che andranno a chiunque, senza limiti di reddito. Un segnale che stride con l’equità e l’etica di un sistema che dovrebbe distinguere chi ha davvero bisogno di aiuto e chi no, ma che non toglie anche il retrogusto amaro di una soluzione come quella della rottamazione di milioni di tv che non tiene in minimo conto l’impatto sull’ambiente di questa enorme massa di rifiuti.
Un trasferimento forzato di milioni di consumatori che ne ricorda altri che abbiamo dovuto subire negli anni e che – per dirla con le parole di Andrea Minutolo che intervistiamo in questo numero – costituisce l’ennesima occasione persa. Un regalo ai produttori in cambio di nulla, neppure un impegno a combattere l’obsolescenza programmata, quella tendenza a progettare schermi nati per guastarsi dopo pochi anni.
Insomma, oltre il danno la consueta beffa.
Ma non è l’unica mancetta che anche il governo Draghi – come molti altri che lo hanno preceduto – concede con noncuranza a spese dei contribuenti.
Ultimo nato – al momento in cui scriviamo, dato che non osiamo porre limiti alla fantasia dei nostri governanti – è il bonus terme. Anche qui, 200 euro a chiunque li richieda per passare qualche giorno tra le acque calde o tra i massaggi di una Spa. Poco importa che abbia davvero bisogno di quella sovvenzione per pagarsi la permanenza; non è neppure necessario che un medico certifichi – che so – un reumatismo. Se, come è lecito intuire, si trattava di un aiuto a un settore in difficoltà, non era più onesto dichiararlo, Europa permettendo?
Di certo la regalia indiscriminata fa indignare molti. Così come avevano provocato più di un legittimo malumore altri provvedimenti come questo: pensiamo al richiestissimo bonus biciclette. O a quello per l’acqua potabile – in realtà una detrazione – che permette di installare un depuratore non già nelle poche zone in cui colpevolmente non si riesce a garantire un’acqua di qualità, ma ovunque e senza limiti di censo. L’elenco sarebbe lungo e si potrebbe ulteriormente ampliare comprendendo anche le numerose rottamazioni delle cartelle esattoriali che premiano chi non paga e fanno montare la rabbia nei cittadini che invece hanno onorato i propri debiti con tanti sforzi.
Unica vittima sacrificale del governo Draghi, a ben vedere, è stato il cashback, quel provvedimento che premiava l’uso di carte e bancomat ha costretto molti esercenti a dotarsi di strumenti di incasso digitale e a far emergere qualche sacca di evasione. Per quello sì che il nostro premier ha tirato fuori dal cappello “la sperequazione tra i redditi che avrebbe favorito le famiglie più ricche”.
Quando si dice memoria selettiva.