Sperimentazione animale, al via l’ICE per chiederne lo stop

SPERIMENTAZIONE ANIMALE

La Lav ha lanciato l’Iniziativa dei Cittadini Europei per mettere fine alla sperimentazione animale in Europa, rafforzare il divieto di test cosmetici e contrastare i test animali sulle sostanze chimiche. Per aderire basta compilare il form a questo link

“Il divieto di prodotti cosmetici testati sugli animali era la promessa di un’Europa in cui gli animali non avrebbero più sofferto né sarebbero morti per produrre cosmetici; una promessa infranta” si legge nel documento che accompagna l’ICE. Le autorità infatti continuano a richiedere che gli ingredienti utilizzati nei prodotti cosmetici vengano sperimentati sugli animali, in contrapposizione con le aspettative e i desideri dei cittadini e le intenzioni dei legislatori.

Eppure mai prima d’ora abbiamo avuto strumenti tanto potenti da garantire la sicurezza senza l’impiego di animali, né l’occasione d’oro di rivoluzionare la protezione umana e ambientale. La Commissione europea deve sostenere e consolidare tale divieto e la transizione verso metodi di valutazione della sicurezza senza l’impiego di animali.

Per questi motivi, la LAV e le altre associazioni animaliste che supportano l’iniziativa, esortano la Commissione ad adottare i seguenti provvedimenti:

1. proteggere e rafforzare il divieto di sperimentazione sugli animali per i prodotti cosmetici.
Modificare la legislazione per proteggere i consumatori, i lavoratori e l’ambiente affinché in nessun caso e per nessun motivo gli ingredienti cosmetici siano sperimentati su animali;

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2. trasformare il regolamento UE sulle sostanze chimiche.
Garantire la protezione della salute umana e dell’ambiente senza aggiungere nuovi requisiti che implichino la sperimentazione animale per le sostanze chimiche;

3. ammodernare la scienza nell’UE.
Impegnarsi per una proposta legislativa che metta a punto una tabella di marcia per la progressiva eliminazione della sperimentazione animale nell’UE prima della conclusione dell’attuale legislatura.

Si può fare a meno della sperimentazione animale?

L’argomento è da sempre molto dibattuto ma aldilà delle ragioni dell’una e dell’altra fazione, la vera domanda è se è ancora necessario fare sperimentazione sugli animali. Anche in questo caso, non esiste una risposta univoca perché, in alcuni casi (si pensi al campo della cosmesi) è possibile mimare i meccanismi di azione di una sostanza sulla pelle e, quindi, la sperimentazione sugli animali è stata abolita da tempo. In altri settori è molto più complesso: non è detto che non si arrivi a riprodurre in laboratorio la complessità di un organismo vivente e, dunque, arrivare a studiare la tossicità di un farmaco, di un dispositivo medico, di un vaccino in laboratorio senza dover ricorrere a sperimentare sugli animali. 

I numeri della sperimentazione

L’Italia è al quinto posto nella classifica dei paesi europei per quanto riguarda il numero di animali usati, dopo Regno Unito, Germania, Francia e Spagna: nel 2017 il numero totale di animali utilizzati per scopi scientifici è stato di 580.073 (nel 2010 erano 777.731 unità). La maggior parte di questi sono roditori (topi, ratti, porcellini d’india, criceti), all’incirca l’85%. Per quanto riguarda le finalità delle procedure, quasi il 39% è stato per uso regolatorio e produzione ordinaria, il 33% per la ricerca di base e il 26% per la ricerca traslazionale (la ricerca che ha come obiettivo quello di migliorare e attuare i metodi di prevenzione, diagnosi e terapia delle patologie umane) o applicata.

I divieti della discordia

In generale, nel corso degli ultimi 10 anni si è assistito a una riduzione del numero degli animali impiegati nella sperimentazione. Questo è certamente merito della direttiva europea 2010/63/EU sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici che ha introdotto il principio delle 3R: Reduction, Replacement, Refinement, ossia riduzione, sostituzione e perfezionamento. In particolare, nel testo della direttiva 2010/63/EU si legge che “benché sia auspicabile sostituire nelle procedure l’utilizzo di animali vivi con altri metodi che non ne prevedano l’uso, l’impiego di animali vivi continua a essere necessario per tutelare la salute umana e animale e l’ambiente. Tut­tavia, la presente direttiva rappresenta un passo impor­tante verso il conseguimento dell’obiettivo finale della completa sostituzione delle procedure su animali vivi a fini scientifici ed educativi non appena ciò sia scientifica­mente possibile. A tal fine, essa cerca di agevolare e di promuovere lo sviluppo di approcci alternativi. Essa cerca altresì di garantire un elevato livello di protezione degli animali il cui impiego nelle procedure continua a essere necessario”.

In sostanza, si ribadisce che l’utilizzo delle cavie sia ancora da considerare imprescindibile, ma vengono anche fissati come obiettivi prioritari l’attenzione al benessere degli animali (parola che ricorre molto spesso tra i “considerando” della direttiva) e il perseguimento di metodologie volte a ridurre o sostituire del tutto il modello animale. Con il decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014 l’Italia ha recepito la direttiva europea 2010/63/UE, e lo ha fatto introducendo norme ancora più stringenti che non trovano uguali in nessun altro paese europeo.

Si fa riferimento soprattutto al divieto di utilizzo di animali per studiare i meccanismi d’azione delle sostanze d’abuso e per sviluppare gli xenotrapianti. Di che cosa si tratta? 

Lo xenotrapianto è un particolare tipo di trapianto che utilizza cellule, tessuti e addirittura organi provenienti da un individuo di una specie diversa (per esempio un maiale) da quella del soggetto sul quale viene effettuato. Lo scopo della ricerca sugli xenotrapianti è quello di sopperire alla cronica carenza di donatori di fronte alla richiesta di organi: i pazienti che al 31 dicembre 2019 (ultimi dati ufficiali del Centro nazionale trapianti) aspettavano un intervento di questo tipo erano 8.713 ed è tristemente vero che molti cittadini ancora muoiono in attesa di ricevere un organo compatibile.

Per quanto riguarda invece il divieto di studiare sugli animali gli effetti delle sostanze d’abuso, il ragionamento di chi si oppone al ricorso al modello animale è legato al fatto che non sarebbe etico indurre negli animali i vizi che sono propri dell’uomo. Va comunque detto, come indica il rapporto del ministero della Salute, che per sostanze d’abuso non s’intendono soltanto le droghe, l’alcol eccetera, ma anche un qualsiasi farmaco che supera la barriera emato-encefalica di cui un paziente potrebbe fare abuso.