Lungo la filiera dei carburanti non mancano i miracoli come quello di trasformare un costo in un guadagno. “Smaltire correttamente un litro di solventi industriali, usati come sgrassatori dei macchinari o per pulire le schede tecniche degli impianti, costa circa 3 euro. Se lo vendi in modo illegale – come ‘additivo’ al gasolio – ci ricavi pure un euro al litro”.
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Nel nuovo numero del Salvagente in edicola abbiamo pubblicato i risultati delle analisi condotte dall’Agenzia delle Dogane su 30 campioni di diesel e 5 campioni sono risultati non conformi. Il motivo? La presenza indesiderata di una “componente volatile”, più infiammabile, che potrebbe essere causata dall’aggiunta di benzina oppure di un olio minerale o di un solvente chimico. Non siamo riusciti ad identificare esattamente la sostanza “aggiunta” ma di certo non è benzina che renderebbe sconveniente l’ipotetica frode. Restano in campo le altre due presenze sgradite – olio minerale o solventi industriali – e in alcuni campioni i sospetti sembrano concentrarsi di più sulla seconda ipotesi.
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Lo smaltimento illegale
Ma come – e con quali conseguenze – sgrassatori e detergenti industriali finiscono nel gasolio? Sul perché ci finiscano dentro è più facile immaginarlo, come ci spiega un esperto del settore che ci chiede l’anonimato: “Gestire in modo lecito il fine vita di un solvente industriale richiede un trattamento dedicato e naturalmente un onere economico. Come per tutti gli altri rifiuti speciali, non mancano però le scorciatoie: invece che pagare, lo si può vendere per ‘allungare’ il gasolio. Spesso è tra le province del Basso Lazio e Caserta che questi tipi di solventi vivono una seconda – illegale – vita. Ma i carichi naturalmente vengono in prevalenza dal Nord”. I motivi – economici – sono chiari, le conseguenze sono molto meno scontate. “Bruciare questi solventi nel motore che tipo di impatto ambientale può avere? Quali tipo di inquinanti si producono? E il veicolo ne può risentire?”.
Le conseguenze sul motore
Il nostro interlocutore ci lascia con questi interrogativi che in parte cerchiamo di girare a costruttori e compagnie petrolifere. Tra le tante porte chiuse, riusciamo ad aprire un varco e ad ottenere qualche risposta e scopriamo che il diesel “tagliato” con queste sostanze smaltite illegalmente sta provocando problemi. Ad essere colpiti in particolare sono i sistemi Egr usati nei motori diesel per abbassare le emissioni degli ossidi di azoto, gli NOx. In che modo? La presenza nel gasolio di solventi a base di cloro corrode letteralmente l’Egr danneggiandone il funzionamento. Un guasto che può avere conseguenze sull’efficienza complessiva dell’autoveicolo.
Negli ultimi cinque anni le segnalazioni alle autofficine e ai concessionari hanno risalito la filiera arrivando direttamente alle case madri e su questo tanto gli enti regolatori quanto le compagnie petrolifere hanno cominciato ad accendere i riflettori. Anche perché i numeri del fenomeno non sembrano residuali. “Alcune centinaia all’anno – ci spiegano – e dopo aver osservato a lungo il fenomeno delle centraline corrose e aver analizzato il diesel utilizzato si è arrivati in molti casi ad identificare la causa del danno: il cloro immesso fraudolentemente nel carburante”. La normativa Uni EN 590:2017 che disciplina i combustibili per autotrazione non prevede un limite alla concentrazione di cloro nel diesel proprio perché non deve esserci.
E come ci finisce? “I solventi industriali a base di cloro sono degli ottimi sgrassatori – torna a spiegarci il nostro esperto di smaltimento – e nello stesso tempo si prestano nel mercato illegale ad essere miscelati nel gasolio. Non ho dati né conosco indagini che hanno riguardato solventi al cloro ma se si sono allertate le case costruttrici, è facile immaginare che questa anomala presenza sia più diffusa di quanto si possa credere”.