Covid, durante la prima ondata i morti nell’area contaminata da Pfas sono stati il 60% di più che nel resto del Veneto

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È ancora presto per trarre conclusioni. Ma i primi risultati resi pubblici di un’analisi curata da Annibale Biggeri,  professore ordinario di Statistica medica all’università di Firenze, meritano comunque molta attenzione. Biggeri ha analizzato i dati ufficiali  relativi ai decessi legait al Covid-19, registrati fra il 15 febbraio ed il 15 aprile 2020 nel territorio più esposto alla contaminazione causata dalle sostanze perfluoro alchiliche in Veneto, tra le province di Vicenza, Padova e Verona. I numeri dicono che in quell’area c’è stata una mortalità da Covid superiore del 60% rispetto alla media della Regione.

Il precedente dello studio Usa

Per capire se esiste un nesso causale tra le due cose o se il dato di mortalità da Covid fuori media sia dovuto a tutt’altro tipo di varianti, servirà aspettare la pubblicazione definitiva dello studio e la sua revisione da parte della comunità scientifica. Sicuramente, i primi dati vanno nella direzione di quanto già lo scorso dicembre aveva rilevato uno studio curato da Philippe Grandjean, ricercatore di Harvard, che su Plos One ha riportato che livelli elevati di un composto Pfas vengono associati a forme più gravi di Covid-19. È la conclusione di uno studio danese che ha coinvolto 323 pazienti infetti dal coronavirus. I malati che avevano livelli elevati di Pfba avevano più del doppio delle probabilità di sviluppare una forma grave della malattia. Il Pfba era stato presentato come relativamente sicuro perché rimane nel sangue umano per molto meno tempo rispetto ad alcuni degli altri composti della classe ed è una molecola più corta. Ma – e questa potrebbe essere la spiegazione alla base della ricerca – tende ad accularsi nei polmoni. Lo studio di Philipp Grandjean ha coinvolto 323 pazienti con Covid-19, 215 dei quali sono stati ricoverati in ospedale. I ricercatori hanno analizzato il sangue di questi pazienti per la presenza di cinque composti Pfas e hanno scoperto che solo l’acido perfluorobutanoico, o Pfba, era associato alla gravità della malattia. Più della metà di quelli gravemente malati di Covid-19 aveva livelli elevati di Pfba nel plasma, mentre meno del 20% di quelli con malattia lieve aveva livelli elevati della sostanza chimica.

Greenpeace: Veneto aumenti le forze in campo

Riguardo il Veneto, Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, commenta: “I recenti dati sulla mortalità più elevata in zona rossa quella dove la popolazione è stata esposta negli anni a una maggiore contaminazione, aggiungono un ulteriore allarme sulla pericolosità per la salute umana dei Pfas. Una situazione ancora più grave se si considerano i recenti studi dei ricercatori di Harvard sull’efficacia dei vaccini in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche. Chiediamo – conclude Ungherese – alla Regione Veneto di unire le forze, affidandosi ai migliori esperti già presenti sul territorio regionale, per investigare ancora di più questo ambito, inclusa la risposta immunitaria ai vaccini, e identificare al più presto le migliori misure di mitigazione del rischio per una popolazione già colpita pesantemente da decenni di inquinamento”