La Regione Veneto dovrà fornire i dati completi relativi alla presenza di Pfas negli alimenti. A dirlo sono due sentenze pubblicate dal Tar del Veneto che ha accolto i ricorsi presentati dalle Mamme No Pfas e da Greenpeace, in seguito al rifiuto da parte delle autorità regionali.
“Sentenza storica”
Il comitato e la Ong commentano: “Si tratta di sentenze storiche. Da circa due anni chiediamo trasparenza alle autorità locali con tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione e finalmente il Tar ci dà ragione. Le persone che da decenni subiscono le conseguenze di tale inquinamento hanno il diritto di sapere i dettagli della contaminazione degli alimenti coltivati in zona, quali sono i prodotti più a rischio e la loro provenienza, con riferimento a tutte le 12 sostanze perfluoro alchiliche che sono state analizzate”.
Dati importanti per rassicurare i cittadini sull’ortofrutta locale
Come il Salvagente ha raccontato più volte, una delle conseguenze dell’inquinamento massivo delle falde acquifere in Veneto è che la popolazione nella triangolo considerato zona rossa tra Vicenza, Padova e Verona, ha smesso di mangiare ortofrutta a km zero, proprio perché innaffiata con acqua contaminata. “Con questo non vogliamo assolutamente creare allarmismi e tantomeno criminalizzare le categorie produttrici che sono anch’esse vittime di questo grave inquinamento – scrivono le Mamme No Pfas e Greenpeace – Proprio per questo abbiamo chiesto anche di conoscere le attività ispettive svolte dalla Regione Veneto di ulteriore controllo e le azioni di tipo precauzionale. Perché è proprio l’aspetto precauzionale che può e deve aiutare le aziende produttrici”.
Anche il garante dei diritti della persona aveva dato l’ok
Gli alimenti possono costituire una fonte importante di tali inquinanti per l’uomo, come dimostrano numerose ricerche scientifiche recenti. I dati finora disponibili sulla presenza di tali sostanze venivano forniti dalla Regione in modo aggregato e limitati a soli due composti. Inoltre, non erano geolocalizzati. Da anni la Regione aveva opposto il diniego alle varie istanze di accesso agli atti, sostenendo che la loro condivisione avrebbe violato la privacy dei soggetti osservati, oltre ad ostacolare le inchieste giudiziarie in corso. Motivazione contro le quali si era, peraltro, già espresso anche il Garante dei diritti della persona, il quale aveva osservato che le informazioni richieste rientravano nel perimetro delle informazioni accessibili in quanto riguardavano “emissioni nell’ambiente”. Quindi le motivazioni a sostegno del diniego di accesso opposte dalla Regione Veneto sono state ritenute infondate dalle sentenze della sezione II del Tar Veneto n. 464/2021 e 466/2021, depositate lo scorso 8 aprile, che impongono alla Regione (oltre che di risarcire le spese legali) di fornire i dati richiesti entro 60 giorni.
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