In Francia, almeno per i farmaci di maggiore interesse terapeutico i produttori saranno obbligati a garantirne l’approvvigionamento per almeno due mesi. A dirlo è il decreto sullo stoccaggio dei medicinali pubblicato lo scorso 31 marzo. La legge ha incontrato diversi ostacoli a causa delle pressioni dal settore farmaceutica.
Un iter ostacolato dalla lobby farmaceutica
L’associazione dei consumatori Que Choisir, che aveva condotto una lunga battaglia pro legge, accoglie con favore la notizia anche se “la durata troppo limitata delle scorte offusca il quadro; il testo non persegue l’obiettivo di garantire effettivamente l’accesso ai medicinali in situazioni di scarsità di approvvigionamento”. La legge, approvata però alla fine del 2019, ha incontrato l’opposizione dei produttori che avevano minacciato di rifornire meno bene il mercato francese. La costituzione delle scorte d’ora in poi sarà invece loro responsabilità . “La pressione dei laboratori aveva raggiunto il suo culmine a Bruxelles, portando al blocco del testo per molti mesi da parte della Commissione Europea, con l’accusa di ostacolare la libera circolazione delle merci”, scrive Que Choisir, secondo cui “Questa misura deve essere destinata ad estendersi all’Europa, poiché è attraverso consistenti stock europei che il Vecchio Continente potrà proteggersi dagli effetti disastrosi delle carenze ricorrenti”.
“Un lavoro incompiuto”
Eppure, Que Choisir parla comunque di “lavoro incompiuto”: “Innanzitutto, solo i farmaci di maggiore interesse terapeutico sono infatti interessati dalle scorte. Soprattutto, la copertura delle esigenze degli utenti è limitata a due mesi, notoriamente insufficiente quando sappiamo che le carenze durano in media 14 settimane. Per garantire l’accesso alle cure per tutti, Que Choisir stava conducendo una campagna, insieme ad altre associazioni di utenti, per la costituzione di almeno quattro mesi di scorte. Non siamo neanche lontanamente vicini al segno!”. In Italia, intanto, non c’è nemmeno un decreto come questo, come sanno bene i pazienti che hanno bisogno di cannabis terapeutica, che spesso si trovano, in assenza di farmaci, a doversi arrangiare con l’autocoltivazione o con il mercato nero.