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Sono i salumi a determinare il maggior costo per la collettività a causa sia dell’elevato consumo che per gli alti costi sanitari. A fare i conti l’indagine che la Lav ha affidato a Demetra, Società di consulenza in ambito di ricerca scientifica sulla sostenibilità, per valutare gli impatti ambientali e sanitari della carne in Italia, tradotti anche in misure economiche.
“La situazione evidenziata dalla ricerca di Demetra mostra con assoluta drammaticità l’insostenibilità del consumo di carne in Italia. Ma una alternativa esiste – dichiara Roberto Bennati, Direttore Generale LAV – e Da questo studio emerge palese: la produzione di 100 g di legumi costa alla collettività, in termini di impatti ambientali e sanitari, circa 5 centesimi di euro, contro 1,9 € della carne bovina e dei salumi. Le proteine vegetali sono un’alternativa sana e di bassissimo impatto ambientale a un’industria – quella della carne – eccezionalmente dannosa, oltre che crudele.”
“In un momento storico nel quale, anche in seguito alla pandemia di Covid-19, l’attenzione al potenziale devastante della produzione di alimenti di origine animale è aumentata – spiega Bennati – e in un tempo in cui numerosi organismi internazionali, come l’IPCC, l’IPBES e altri, avvertono che è necessaria un’urgente riduzione del consumo di carne, i risultati di questo studio devono rappresentare un dato ineludibile per la politica, anche nell’ottica del raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e degli Accordi di Parigi sul clima. Pensare di poter realizzare una transizione ecologica senza avviare subito una decisa transizione alimentare è illusorio, o peggio è un falso.”
In generale, lo studio evidenzia che in un anno sulla collettività gravano ben 36,6 miliardi di euro di costi “nascosti”, generati dall’impatto ambientale e sanitario del consumo di carne in Italia.
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Per fare qualche numero, 100 g di pollo corrispondono a un danno economico per la collettività di 50 centesimi; ugualmente, 100 g di maiale corrispondono ad 1 euro, mentre sia i salumi (suino lavorato) che il bovino, giungono ad 1,90 euro di costi aggiuntivi per la collettività, non compresi nel prezzo di acquisto del “prodotto”. In altre parole, se dovessimo ricondurre queste esternalità al prezzo dei prodotti, un kilogrammo di bovino dovrebbe costare in media 19 euro in più rispetto al costo attuale. In confronto, la produzione di 100 g di legumi costa alla collettività in termini di impatti ambientali circa 5 centesimi di euro e il suo consumo riduce il rischio di contrarre tutte le malattie considerate nello studio.
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