Stiamo per uscire dal lockdown duro, ma nel contempo speriamo di non uscire da quell’ambiente che abbiamo forzatamente riscoperto e che ci ha permesso di riscoprire il lato nascosto del nostro talento gastronomico o nutrizionale, quale è la cucina di casa. Molti hanno ripreso a impastare, a riscoprire l’arte bianca, a rimettere mano a intingoli e a piatti della tradizione. Tutto questo comporta talvolta la possibilità di commettere errori che se di poco conto alla peggio ci fa sprecare del tempo pur avendo acquisito esperienza e fatta qualche risata fra amici per ricordare una serata anche trascorsa in maniera virtuale, ma potrebbe anche rivelarsi rischioso per la nostra salute. Dopo quelli che abbiamo passato in rassegna la scorsa settimana, continuiamo la carrellata anche in questa puntata.
Ho tanti kumquat che crescono nel mio giardino e vorrei preparare una marmellata ipocalorica senza aggiungere troppi zuccheri
FALSO Fare le marmellate in casa significa trasformare e conservare gli agrumi per fare delle colazioni sane e genuine ed evitare lo spreco di frutta. I kumquat come tutti gli agrumi consentono di fare marmellate, altrimenti si parla di confetture o confetture extra, di ottimo sapore e qualità. Il vantaggio degli agrumi è che la loro naturale acidità impedisce a taluni microrganismi sgraditi, come le muffe, o pericolosi come il botulino abbiano vita facile. Per rendere ancora più sicuro il tutto si aggiunge dello zucchero che ha una naturale capacità, oltre certe quantità, di sottrarre acqua ai microrganismi. Questo processo di sequestro dell’acqua disponibile fa sì che batteri e muffe siano “…tra color che son sospesi”, come dice il Sommo Dante nel II Canto, ovvero tra il morire e il riprodursi nell’alimento. Se riduciamo la giusta quantità di zuccheri da aggiungere per risparmiare sulle calorie che poi introduciamo, corriamo il rischio di ridare a funghi, muffe, etc. il necessario ambiente per crescere e farci correre degli inutili rischi. Meglio un cucchiaino in meno di marmellata di un prodotto, sia pure casalingo, ma tale da assicurare il controllo delle varie contaminazioni da microrganismi. Di solito si parla di 600-800 grammi di zucchero per chilo di frutta fino ad arrivare a un rapporto di un chilo di zucchero per un chilo di frutta e, in genere, si aggiunge anche un limone per acidificare la marmellata e stare al sicuro e per gli agrumi possono bastare anche 400 grammi di zucchero aggiunto per avere una marmellata buona e gradevole.
Metto tutto in frigorifero, tanto qualunque cosa si conserva bene a bassa temperatura
FALSO Non tutti siamo uguali per cui non è detto che il frigo sia la migliore soluzione per sentirci al sicuro. Kiwi, banane e anche gli agrumi in genere preferiscono restare fuori dal frigo, si apprezzano di più se restano a temperatura ambiente, altrimenti sovramaturano e questo ci porta a lasciarli andare via nel cesto dell’umido con uno spreco alimentare davvero superfluo. Questo spreco si può in parte evitare tenendo fuori ciò che può essere conservato fuori e soprattutto comprando quanto e quando ci serve evitando di farci intrappolare da mega offerte di sconti. Gli stessi pomodori in frigo bloccano la loro naturale maturazione e questo non fa loro produrre profumi, gusti e anche colori interessanti. Bisogna comprendere che togliere un frutto o un ortaggio dalla pianta non significa bloccarlo, sarebbe come far nascere un bambino immortale solo per avere tagliato il cordone ombelicale, ma frutta e ortaggi sono ancora vitali, posseggono enzimi e sostanze attive che continuano il loro ruolo e, come per il bambino, consentono di passare a uno stadio maturo del frutto. Questa maturazione condotta nei tempi giusti lo arricchisce di sostanze anche benefiche come vitamine, antiossidanti etc. che altrimenti rimarrebbero bloccate in frutto eternamente immaturo che si è allontanato dalla pianta madre. Se desideriamo accelerare la maturazione della frutta possiamo farmi aiutare ad esempio dalle mele. Quest’ultime producono un gas (etilene) che induce a maturare prima gli altri frutti. Pertanto, impilare sulla fruttiera al centro della tavola delle mele e completare la piramide con delle banane, comporterà inevitabilmente che le banane matureranno prima del solito e magari saremo costretti o mangiarle rapidamente oppure, ahimè, abbandonarle di nuovo nell’umido. Anche le patate soffrono a stare nel frigo e preferiscono fresco e buio per resistere, come cipolle e aglio, al passare del tempo.
Uso i coltelli in maniera casuale, del resto mi basta che taglino bene
FALSO Sembra strano a sentirsi, ma usare un coltello poco affilato può far correre rischi maggiori a chi lo usa perché faremo maggiore forza e può essere più frequente che ci si faccia male mentre uno con lama bene affilata oltre a tagliare meglio, evita anche di far correre questo rischio. I coltelli vanno poi riposti in ordine, lasciati a caso nel cassetto significa correre il rischio che la fretta ci faccia tagliare un dito nel cercare l’utensile giusto. Infine, vanno usati per il loro giusto uso perché tentare di affettare dei salumi con coltelli seghettati è rischioso oltre che poco efficiente così come tagliare il pane con un coltello largo e senza denti. Ricordiamo anche che non è bene lavarli nella lavastoviglie specie se hanno un’impugnatura in legno che assorbirebbe saponi, additivi o brillantanti e corriamo il rischio che perdano in parte l’affilatura. Meglio lavarli a mano e conservarli con cura, un coltello ben tenuto e ben utilizzato dura a lungo e farà sempre e solo il suo dovere.
Adoro le pentole antiaderenti, ma sono attento ad usarle come viene indicato
VERO L’arrivo delle padelle antiaderenti è lontano nel tempo e, già a Roma si usavano utensili col fondo rosso, dette anche Padelle di Cuma, fatto con delle ceramiche molto resistenti e che rappresentavano l’archetipo del Made in Italy come tecnologia innovativa. Appena 2.000 anni dopo, nel 1938 grazie a Du Pont – quello del freon, della lycra, del kevlar per intenderci – si è rivalutata la proprietà antiaderente attraverso l’uso del teflon causalmente scoperto come gas refrigerante. Un materiale con delle caratteristiche ideali e una quasi completa ininfluenza sul prodotto finito, ma con un solo unico difetto che è rappresentato dalla cessione di microframmenti una volta che viene “ferito” con coltelli, forchette o spatole metalliche. Utilizzare queste padelle rovinate da un uso malaccorto o da un uso prolungato può comportare un rischio per la salute. Meglio cambiare padella con una nuova al teflon o con altri materiali biocompatibili piuttosto che microalimentarci con parti del fondo antiaderente che man mano passano all’alimento in cottura o addirittura con il materiale metallico, ricoperto dal teflon, che magari non è l’ideale per andare a contatto con alimenti come ad esempio dell’alluminio scadente. Teniamo presente che per uova o pesce un materiale antiaderente di qualità può darci una mano, ma ad esempio per la carne, che vuole condizioni di cottura più stressanti, la padella vecchia maniera si presta meglio per un risultato finale migliore. La carne ricordiamo che va poco manipolata durante la cottura, ogni “rivoltata” fa perdere succhi interni, sostanze utili che andrebbero disperse durante la cottura mentre occorre far sì che restino quanto più possibile all’interno dell’alimento.
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