Per guadagnare 3.200 dollari un dipendente statunitense di Amazon deve lavorare almeno 30 giorni, al nuovo acquisto Russel Brown basta un giorno (e può aggiungere anche le spese). Il consulente appena contrattato per il centro di distribuzione a Bessemer, in Alabama ha però un ruolo cruciale per l’azienda di Bezos. Come rivela l’Intercept è specializzato nel mantenere la forza lavoro di magazzino libera da ogni tentazione sindacale.
Brown – rivela Lee Fang in un articolo pubblicato il 10 febbraio sull’autorevole testata d’inchiesta – è stato assunto da Amazon il 25 gennaio per convincere i dipendenti di Amazon in Alabama a non aderire alla Retail, Wholesale and Department Store Union, o RWDSU, un sindacato affiliato con United Food and Commercial Workers, noto anche come UFCW.
Brown è il capo della RWP Labour, che si propone come azienda specializzata che assiste nel “mantenere un luogo di lavoro libero dai sindacati“. L’azienda dispone di un team di consulenti per aiutare a sconfiggere le campagne sindacali. E RWP Labour si vanta di aver vinto molte precedenti iniziative anti-sindacali ed è specializzata nella formazione di leader aziendali, nella persuasione dei dipendenti e nello sviluppo di piani di responsabilità sociale aziendale ideati per prevenire l’interferenza sindacale.
Brown è anche presidente del Center for Independent Employees, un think tank che ha ricevuto finanziamenti dalla rete miliardaria Koch che regolarmente fa pressioni per indebolire il potere politico dei sindacati.
Il suo ingresso in Amazon non è casuale: in questi giorni è in corso il voto dei 5.800 dipendenti di Bessemer, una pronuncia che continuerà per qualche settimana. Se la maggioranza dei lavoratori fosse favorevole al sindacato, si formerebbe la prima struttura sindacalizzata di Amazon negli Stati Uniti.
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Amazon ha lavorato furiosamente per far fallire questa opportunità. Nelle ultime settimane, l’azienda – scrive Fang – ha inviato messaggi di massa ai lavoratori per avvertirli di non votare per entrare a far parte del sindacato, ha creato un sito web anti-sindacato e ha sponsorizzato annunci Facebook che esortano i lavoratori a votare “no”.
La RWDSU ha affermato che Amazon ha anche iscritto i lavoratori in “classi” in cui gli istruttori hanno tentato di spaventarli sui presunti pericoli della sindacalizzazione, con false affermazioni che la sindacalizzazione potrebbe ridurre i salari. Secondo un rapporto di Wired, quando i lavoratori hanno contestato queste affermazioni, alcuni sono stati “chiamati e sono stati fotografati i loro badge”, in un apparente tentativo di intimidazione.
Il nuovo consulente di Amazon, ha una bella esperienza in questo senso: si è impegnato in attività di consulenza anti-sindacale per decenni nel persuadere i dipendenti a non iscriversi a un sindacato per conto di UPS, General Electric, Krispy Kreme, Kumho Tire, ProPacific Fresh e gli ospedali del St. Joseph Regional Medical Center.
Ad Amazon i sindacati proprio non vanno giù
Solo lo scorso ottobre il gigante di Bezos era finito al centro di una denuncia da parte di Amnesty International proprio per l’impegno antisindacale in tutto il mondo.
“Sebbene Amazon dichiari di rispettare il diritto dei lavoratori di unirsi e costituire sindacati, non ha pubblicamente negato le rivendicazioni sulla sorveglianza e sul tracciamento dell’organizzazione dei lavoratori e sull’attività dei sindacati” spiegava Amnesty.
E proseguiva: “Gli sforzi di Amazon per scoraggiare i lavoratori dall’organizzarsi non sono una novità e le stesse relazioni annuali della società parlano di comitati aziendali o sindacati come un fattore di rischio per le loro operazioni internazionali. Ad esempio, in passato, nel Regno Unito, Amazon ha più volte diffidato per presunte intrusioni e minacciato di misure ingiuntive il sindacato Gmb, che aveva tentato di parlare ai lavoratori all’esterno delle strutture Amazon”. Inoltre, i coordinatori di Gmb hanno riferito ad Amnesty International che il personale delle risorse umane di Amazon ha sequestrato e strappato i volantini del sindacato distribuiti ai lavoratori, quando questi sono entrati in azienda” scrive Amnesty, ricordando che negli Usa, i dipendenti dell’area magazzino che hanno difeso i propri diritti e sollevato delle preoccupazioni sulla sicurezza sul lavoro durante la pandemia da Covid-19 hanno subito provvedimenti disciplinari o sono stati successivamente licenziati.