Su molti giornali si parla da giorni della possibilità che il collutorio sia utile contro Covid-19. Questa teoria proviene dai risultati di uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul Journal of Medical Virology a luglio di quest’anno, dal titolo “Ridurre la trasmissione e la diffusione dei coronavirus umani”. In realtà i test di laboratorio sono stati condotti su uno dei virus responsabili del comune raffreddore – anch’esso un coronavirus – e i ricercatori stessi sono stati cauti nel rilasciare dei commenti in proposito, dichiarando al New York Times che leggendo i risultati della ricerca si “potrebbe aggiungere un ulteriore livello di protezione”.
Craig Meyers, del Pennsylvania State College of Medicine, e colleghi hanno analizzato il coronavirus umano 229E, molto comune e ben noto per essere una delle principali cause del raffreddore e lo hanno trattato con diversi tipi di collutorio e di spray per i lavaggi nasali. Occorre fare prima alcune precisazioni. I coronavirus sono molto comuni in natura e “di solito causano malattie del tratto respiratorio superiore da lievi a moderate”, ma altri tipi di coronavirus possono “causare anche sindromi respiratorie, come quella mediorientale (MERS) o la sindrome respiratoria acuta grave (SARS)”. Il 9 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato di aver individuato un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo: il Sars-CoV-2.
I ricercatori hanno quindi trattato in laboratorio un coronavirus molto comune, che può avere una struttura simile a quella del Sars-CoV-2 (per via delle punte a forma di corona che sono presenti sulla superficie di entrambi i virus, visibili al microscopio), ma non necessariamente hanno altre caratteristiche simili. “I due virus appartengono alla stessa famiglia e, a grandi linee, sembrano anatomicamente simili […]. Ma i due virus non dovrebbero essere considerati intercambiabili”, ha detto Angela Rasmussen, virologa della Columbia University, intervistata dal New York Times.
I test sono stati condotti da Meyers e colleghi in laboratorio, all’esterno di un organismo (ovvero in vitro), “inondando” con le suddette soluzioni chimiche alcune cellule epatiche umane in cui era presente il coronavirus 229E. Da questi test è emerso che oltre il 90 per cento dei virus diventavano inattivi dopo il trattamento poiché veniva distrutto l’involucro “protettivo” che contiene il virus, più o meno come accade con l’alcol, ciò impediva ai virus di replicarsi o di infettare altre cellule.
Anche Il Post in un recente articolo spiega che “molti dettagli illustrati nella ricerca mostrano come l’esperimento sia stato condotto in condizioni piuttosto lontane dalla realtà quotidiana. I ricercatori hanno irrorato le cellule con il collutorio in diverse circostanze per mezzo minuto, un minuto o due minuti, quindi con tempi molto più lunghi rispetto a quelli di un normale sciacquo per l’igiene orale. I test sono stati inoltre eseguiti in vitro su cellule diverse da quelle del cavo orale, dove sono presenti tessuti cellulari con caratteristiche differenti e numerose altre variabili dovute al modo stesso in cui è fatta la bocca” [6].
Masiero conclude infatti che “l’utilizzo di vari farmaci sottoforma di collutori non ha validità nella prevenzione in generale da Covid-19, ma è un modello di comportamento raccomandato solo prima di una procedura odontoiatrica urgente”.
Angela Rasmussen, rispondendo al New York Times, ha detto: “Nel contesto della pandemia, un falso senso di sicurezza potrebbe essere pericoloso”. Inoltre, ha aggiunto: “Puoi usare il collutorio per ridurre le possibilità di contrarre la gengivite. Non credo che avrà un impatto significativo sulla capacità di trasmettere questo virus”.