Privacy, Corte di giustizia Ue: “Stati mantengano i dati solo per lo stretto necessario”

I paesi dell’Ue possono effettuare la trasmissione e la conservazione dei dati personali solo in presenza di una “grave minaccia alla sicurezza nazionale”. A dirlo è stata la Corte di giustizia europea, secondo cui tali pratiche svolte dalle agenzie di sicurezza dovrebbero essere “limitate a quanto strettamente necessario”, dovendo inoltre passare per una revisione da parte di un tribunale di un’autorità amministrativa indipendente. Come racconta Euractiv.com, la Corte ha chiarito che a parte queste eccezioni, la pratica dei paesi di obbligare i fornitori di servizi a curiosare sui dati delle comunicazioni viola la direttiva ePrivacy del 2002 e rappresenta una “grave interferenza” con le protezioni delineate nella Carta dell’UE.

Il ricorso

A fare ricorso davanti la Corte, diversi gruppi che difendono la privacy, come Privacy international, che hanno accusato Regno Unito, Belgio e Francia di abusate della conservazione e trattamento dei dati in quei paesi violavano i diritti europei. Secondo Caroline Wilson Palow, direttore legale di Privacy International, la sentenza “rafforza lo Stato di diritto nell’UE. In questi tempi turbolenti, serve a ricordare che nessun governo dovrebbe essere al di sopra della legge. Le società democratiche devono porre limiti e controlli ai poteri di sorveglianza della nostra polizia e delle agenzie di intelligence”.

Ma se agli stati tocca scegliere…

Inoltre, la Corte di giustizia europea ha anche avvertito che tali dati, raccolti nell’ambito di procedimenti penali raccolti in modi che violano il diritto dell’Ue, non sono ammissibili nei processi. Quello che limita e rischia di depotenziare in sentenza della Corte è il fatto che la stessa ha chiarito che tocca agli stati la responsabilità di determinare le attività che costituiscono una minaccia alla sicurezza nazionale. Inoltre, gli strumenti di sorveglianza possono continuare ad essere applicati oltre un certo limite di tempo, qualora si ritenga che la minaccia persista. Insomma, da una parte si chiude la porta alla raccolta indiscriminata dei dati personali, dall’altra si lascia aperta una finestra.