La scoperta: il veleno delle api può uccidere le cellule del tumore al seno

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Il veleno delle api può uccidere le cellule del cancro al seno. A dirlo uno studiocondotto dall’Harry Perkins Institute of Medical Research di Perth e pubblicato su Nature Precision Oncology. Gli scienziati australiani hanno scoperto che la principale componente del veleno, detta melittina, può uccidere rapidamente le cellule tumorali aggressive e difficili da trattare. I ricercatori, come riporta l’Ansa, hanno anche rivelato che quando la melittina si combina con farmaci di chemioterapia esistenti, come il docetaxel, si è dimostrata altamente efficiente nel ridurre lo sviluppo dei cancro nei topi .

L’esperimento

In particolare, una specifica concentrazione del veleno ha ucciso il 100% dei tumori al seno tripli-negativi e delle cellule cancerose entro 60 minuti, pur avendo effetti minimi sulle cellule normali. Secondo la responsabile della ricerca Ciara Duffy la scoperta può portare allo sviluppo di un trattamento per i tumori al seno triplo-negativi, per i quali non esistono finora terapie mirare clinicamente efficaci. I ricercatori hanno poi riprodotto la melittina sinteticamente e hanno verificato che rispecchiasse la maggioranza degli effetti antitumorali del veleno delle api. Entro 20 minuti dalla somministrazione, la melettina ha un altro potente effetto: “Abbiamo osservato che interferisce con i percorsi principali che segnalano il cancro e che sono fondamentali per la crescita e la replicazione delle cellule cancerose”, scrive ancora Duffy.

Ancora strada da fare

In altre parole, scrive l’Ansa, chiude il percorso di segnalazione per la riproduzione delle cellule cancerose triplo-negative. Le perforazioni nelle membrane cancerose causate dalla melittina permettono quindi alla chemioterapia di penetrare nelle cellule e operano con estrema efficienza nel ridurre la crescita dei tumori in topi di laboratorio. Purtroppo, spiega la ricercatrice: “C’è molta strada da fare su come può essere somministrata, per verificarne le tossicità e le massime dosi tollerate, prima di conseguire ulteriori progressi”.