Lievito, mani in pasta e qualche chilo di troppo legati probabilmente all’impennata dell’appetito. Ma anche meno cibo spazzatura e difficoltà a staccarsi dalle sigarette. È l’istantanea scattata dalla prima indagine condotta sulle abitudini alimentari dalla professoressa Laura di Renzo dell’Università di Roma Tor Vergata. Gli italiani in questi due mesi di lunga “quarantena” sono tornati ai fornelli anche per “curare” ansia e stress. “Ci sono state ma non ai livelli che ci saremmo aspettati. Anche in una situazione così difficile, fra le mura domestiche siamo riusciti a ritagliarci un notevole spazio di comfort”, spiega la Di Renzo, docente di Nutrizione clinica e nutrigenomica e grande esperta di dieta mediterranea. Il 48% del campione ha combattuto l’ansia da contagio mangiando, mentre quasi il 50% di questi è aumentato di peso durante i due mesi di “reclusione”. Solo il 3,3% dei fumatori ha smesso di fumare mentre sono aumentati i dormiglioni: i soggetti che dormono più di 9 ore sono passati dal 1,4% al 9,1%. Si è registrato un aumento dei soggetti che si allenano più di 5 volte a settimana con preferenza verso esercizi a corpo libero con o senza “pesetti”.
Non aumentata l’ipocondria
L’indagine “Eating habits and lifestyle changes in Covid 19 lockdown” ha coinvolto 3.500 persone è stata coordinata dalla professoressa Di Renzo e realizzata dalla scuola di Specializzazione in Scienza dell’alimentazione e dalla sezione di Nutrizione clinica e nutrigenomica, del Dipartimento di Biomedicina e prevenzione di Tor Vergata, diretto dal professor Antonino De Lorenzo. Obiettivi della ricerca avviata tramite due web-survey, lanciate sulla rivista online Patto in cucina Magazine, sono stati due, ovvero valutare quanto stiano cambiando le abitudini alimentari e lo stile di vita degli italiani durante la “Fase 1” ed esaminare le relazioni temporali tra le risposte comportamentali ed emotive nei confronti della pandemia da Covid-19. Colpisce anche che, in un periodo di grande paura, il 54% degli intervistati non abbia avuto paura di contrarre il virus, forse sentendosi protetto dalle mura domestiche, mentre per un’analoga percentuale è proprio la paura dei contraccolpi economici a preoccupare gli italiani.
Il 48% è ingrassato ma stop al junk food
Spiega al Salvagente la professoressa Di Renzo: “La resilienza degli italiani è sicuramente il dato generale più importante della web-syvery. Nonostante il 48% dei rispondenti sia aumentata di peso, abbiamo comunque ripreso le nostre tradizioni alimentari, con un ritorno al consumo di cibo fresco, di stagione e cucinato da noi. Se ci siamo rifugiati nel cibo, questo è stato meno cibo spazzatura. Si sono ridotti infatti gli acquisti di alimenti ultraprocessati a vantaggio di quelli mediterranei. In questo i migliori sono stati i giovani della fascia di età tra i 18 e i 30 anni: sono stati i più aderenti all’adeguatezza della Dieta Mediterranea. Altro dato positivo è stato il riciclo del cibo avanzato, come dichiarato dal 54% dei rispondenti”.
Vincono i supermercati ma c’è riscoperta dell’alimentari di vicinato
Ma dove abbiamo fatto la spesa? Ci spiega ancora la professoressa: “Se 75.8% dei rispondenti ha fatto acquisti alimentari al supermercato, il 26% si è rivolto ai negozi di prossimita, al mercato rionale, il 14.8% agli agricoltori con vendita diretta. Questo soprattutto nelle regioni del Nord e Centro Italia, dove la percentuale di obesità della popolazione è inferiore rispetto al Sud. Occhio al peso corporeo, perché l’obesità aumenta il rischio di suscettibilità ai virus, aumenta lo stato infiammatorio, la tempesta citochinica, da cui dipende l’ingravescenza da Covid-19″.