Cittadinanzattiva non accetterà incarichi legali, o anche solo la richiesta di una consulenza, per fare causa agli operatori sanitari coinvolti nell’emergenza CoVid-19. È chiara la presa di posizione dell’associazione che, da sempre, è impegnata nella difesa dei diritti dei malati ma, questa volta, non ci sta a cavalcare l’onda di quelli che definisce “sciacalli”. Ne abbiamo parlato con Monia Mancini, segretaria regionale Marche di Cittadinanzattiva che, senza troppi giri di parole, ritiene che sì, ci sono delle evidenti responsabilità ma vanno ricercate alla fonte: “I tagli alla sanità che da anni denunciamo come associazione hanno dimostrato a tutti i loro effetti”.
Quella di Cittadinanzattiva è una presa di posizione che trova le sue ragioni innanzitutto in due articoli del codice deontologico degli avvocati: gli articoli 35 e 37. Il primo prevede chiaramente che l’avvocato tenuto a “rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale” mentre l’articolo 37 divieta l’accaparramento di clientela. Se è vero – ci spiega la Mancini – che non è vietato per un singolo avvocato di prestare la propria attività gratuitamente, il problema nasce nel fatto di pubblicizzare la propria attività legandola alla gratuità: con il divieto di accaparramento della clientela si vieta proprio questo tipo di comportamento per casi mediaticamente molto esposti.
In effetti, le pubblicità promosse da legali e da società specializzate che hanno portato il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, a scrivere una lettera al Consiglio nazionale forense, invitano i cittadini a intentare cause nei confronti dei medici, offrendo consulenze legali gratuite o altri possibili incentivi. E questo è un comportamento assolutamente da censurare: “Gli avvocati dovrebbero in generale rispettare il codice e avere a cuore il decoro della professione, ancor più in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo” aggiunge la Mancini. Una posizione, tra l’altro, non isolata ma che trova conferma nella delibera del 1° aprile con cui il Consiglio nazionale forense ha assicurato alla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri “l’attenta e forte vigilanza di tutte le istituzioni forensi nell’individuare e sanzionare i comportamenti di quei pochi avvocati che intendono, speculare sul dolore e le difficoltà altrui, nel difficile momento che vive il nostro Paese”.
Sia ben chiaro: questo non vuol dire lasciare i cittadini e i familiari di quanti sono deceduti a causa del Coronavirus senza strumenti per vedere tutelati i propri diritti. Ci spiega la Mancini: “Chi crede di aver subito un torto ha la possibilità di fare un esposto alla Magistratura per mezzo della forza pubblica: sarà la terza carica dello Stato che farà le indagini e, se al termine delle indagini, rileva delle responsabilità in capo a qualcuno, si andrà a processo penale. In quel caso la parte offesa potrà far le sue richieste risarcitorie”. È chiaro, infatti, che le falle che sono emerse nella gestione dell’emergenza hanno a che fare con l’organizzazione del sistema che sconta anni di tagli finanziari. La colpa, se c’è, è una colpa politica, non dei medici.
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