Dal 1° gennaio al 22 marzo i media italiani hanno prodotto circa 700.000 contenuti riguardanti il coronavirus. Con una produzione che segue le curve di contagio che molti di noi hanno imparato a conoscere e temere in questi giorni. Ma di questa impennata di informazione una parte, purtroppo, è fatta di fake news, notizie false perché non verificate o peggio.
A tracciarne un quadro è il primo numero dello Speciale Coronavirus dell’Autorità garante nelle comunicazioni che ha l’intero contenuto testuale di oltre 17 milioni di documenti generati in Italia (dal 1° gennaio 2019 al 22 marzo 2020) da più di 2.000 fonti informative (canali televisivi e radiofonici nazionali, quotidiani, agenzie di stampa, siti web di editori tradizionali, testate esclusivamente online, e relative pagine e account di social network), e fonti di disinformazione.
Si legge nel rapporto: “I siti di disinformazione assumono tipicamente un ruolo che consiste nel conferire impulso alle notizie fake che, una volta innescate, possono diventare oggetto di propagazione virale attraverso i social network e le altre piattaforme online”.
Ma quali sono questi siti di disinformazione? Spiega sempre l’Autorità: che si tratta di siti web e pagine/account social individuate come tali da soggetti esterni specializzati in attività di debunking.
E l’Agcom elenca anche le 10 bufale più diffuse. Ve le riproponiamo (per approfondimenti sul fat check potete andare a questo link)
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